Ripercorriamo, insieme, gli avvenimenti e i personaggi più importanti che hanno segnato la data del 3 Gennaio.
Accadde che:
1870 (153 anni fa): inizia la costruzione del Ponte di Brooklyn, che costò 15,5 milioni di dollari dell’epoca e richiese la manodopera di 600 operai, 27 dei quali persero la vita durante i lavori, tra cui anche i progettisti, la maggior parte per embolia gassosa dopo aver effettuato immersioni nelle camere di scavo sottomarine. Il ponte è costituito da 4 cavi d’acciaio assicurati ad ancoraggi fissati ad apposite piastre contenute all’interno di calotte di granito alte fino a 3 metri e poste agli estremi del ponte stesso. Una volta completato si presentava con una struttura a 5 corsie, in passato le due corsie esterne venivano impiegate per il transito di carrozze, le due corsie intermedie per il transito delle cabine della teleferica e la corsia centrale per quello dei pedoni. Brooklyn e il suo ponte sono stati resi celebri nel mondo anche da una nota omonima gomma da masticare dalla forma tipica a lastrina, prodotta dal 1969 dalla Perfetti Van Melle.
1954 (69 anni fa): iniziano ufficialmente le trasmissioni televisive del Programma Nazionale della RAI. Quando precisamente alle 14,30, in una storica domenica pomeriggio, andò in onda ‘Arrivi e Partenze’, breve rubrica settimanale di interviste a personalità in arrivo o in partenza dall’aeroporto di Ciampino. “La Rai inizia oggi il suo regolare servizio di trasmissioni televisive”. Con questa frase, affidata al sorriso di Fulvia Colombo, nasceva ufficialmente la televisione italiana. Nel giro di pochissimo, la Tv dimostrò tutto il suo fascino e il suo potere sugli italiani, conquistandoli attraverso un diluvio di palinsesti e di programmi che hanno di fatto accompagnato la storia del Paese. Dal mitico “Lascia o Raddoppia?” con Mike Bongiorno, dagli sceneggiati, lo sport, i programmi per combattere l’analfabetismo come ‘Non è mai troppo tardi’ con l’indimenticabile maestro Manzi, quelli per bambini come ‘Zurlì, mago del giovedì’ con Cino Tortorella e lo Zecchino d’Oro che arriverà nel ’59. Quel giorno ha indubbiamente segnato una rivoluzione, subito fotografata dalla Domenica del Corriere che dedicò una storica copertina. Allora si trasmetteva in bianco e nero, la qualità del segnale non era entusiasmante, ma già nei primi mesi di quell’anno gli abbonati erano 24 mila, diventati poi oltre 88mila a dicembre, quando i ripetitori erano nove e gli studi televisivi otto, cinque a Milano, due a Roma e uno a Torino.
Scomparso oggi:
2009 (14 anni fa): muore, a Siderno, Virgilio Condarcuri politico e partigiano italiano. Nato, a Siderno, il 4 marzo 1925 è stato senatore della Repubblica italiana nell’XI legislatura, eletto nel 1992 nelle file di Rifondazione comunista. Instancabile promotore delle più grandi battaglie sindacali della Calabria è stato guida e faro per molti dirigenti e politici che oggi occupano nella nostra Regione posti di responsabilità politica e amministrativa. Per ricordarlo, ripubblichiamo l’articolo commovente scritto dal figlio, Rosario, in occasione del decennale della sua scomparsa, parole che sottolineano l’amore e l’ammirazione di un figlio nei confronti del padre, ma anche il grande vuoto che la sua scomparsa ha lasciato in tutti quelli che hanno avuto la fortuna di conoscerlo.
“Il 3 gennaio sono trascorsi dieci anni senza te, senza mio padre, Virgilio Condarcuri. La mia vita, tutto il mio essere si è dovuto preparare a superare questo triste evento. Sarò retorico, ma un padre è una parte importante di te, un padre è la tua stessa vita. Ognuno di noi instaura un rapporto diverso con il proprio padre, in questo ci vuole pure fortuna e io ne ho avuta, perché mio padre è stato sempre presente nella mia vita e la sua presenza è stata importante. Il primo aspetto che voglio ribadire, già accennato in qualche articolo, è che mio padre non mi ha lasciato una grande eredità economica: lui mi ha insegnato che i soldi servono, ma nella vita le cose che contano, le priorità, sono altre. Fare del bene, aiutare gli ultimi, combattere per le proprie idee, queste sono le cose che contano, queste sono le cose che non hanno prezzo, queste sono le cose che ti possono rendere immortale. Immortale un poco lui lo è. Perché dal giorno della sua morte, la sua presenza non è mai venuta meno, la sua presenza l’ho avvertita dovunque. Dal giorno della sua morte, ho iniziato a incontrare gente che mi raccontava di lui, che mi raccontava cosa aveva fatto, di quanto aveva fatto. Un continuo, anche gente che non mi conosceva mi fermava per chiedermi se fossi il figlio di Virgilio. Questo anche per via di una certa somiglianza. Per me è sempre valso molto di più di un conto in banca. Ricordo sempre che mi fece imparare a memoria la frase sulla tomba di mio nonno Rosario: “Sol chi non lascia eredità d’affetti poca gioia ha dell’urna” di Ugo Foscolo, frase diventata un motto per la mia famiglia. Spesso negli articoli che scrivo non cito mio padre tra i miei formatori, ma questo era proprio un suo insegnamento, quello di non ostentare mai le cose proprie. Sicuramente, però, lui è stato il mio formatore. Sin dall’infanzia ho sempre avuto un legame particolare. Quando ero molto piccolo ci vedevamo poco, perché lavorava tra Reggio e Catanzaro, oppure era a Roma o in qualche congresso del sindacato o del partito. Quando andava a un congresso ero più felice, perché al ritorno mi portava sempre un gioco. Ricordo con piacere le domeniche mattina, giorno in cui finalmente era a Siderno. Alle 10:30 di solito arrivavano due suoi amici, Fortunato Nocera e la buonanima di Totò Furfaro e insieme a loro andavamo all’edicola dove si prendeva l’Unità e si iniziava la distribuzione. Poi, crescendo, iniziai a seguire anche le sue passioni. Il partito e la politica per primi. Ricordo ancora la sede del partito sul corso Garibaldi, a Siderno, la sala piena di gente, il fumo che sembrava nebbia, tutti i vecchi compagni del partito comunista che non ci sono più – Peppe Errigo, Peppe Reale, Tonino Fragomeni, l’Avvocato Pedullà – e quelli che ancora sono compagni – Franco Minniti, Cosimo D’Agostino e Paolo Fragomeni – le elezioni e le feste dell’unità. Il calcio, anche se io non ho mai tifato per il Bologna come lui, ma per il Milan come i miei zii. Il vino, ancora oggi tengo pulita la cantina che racconta Siderno per via delle targhette che lui attaccava alle bottiglie che gli regalavano, tipo cumpari Mommo, dottore Colistra, Zi Micu! Uno spettacolo, un piccolo museo di Siderno. La cantina è un altro simbolo del suo essere, infatti all’entrata aveva affisso una targa con su scritto “Il vino è nemico dell’uomo, chi fugge davanti al nemico è un vigliacco”. In viaggio, insieme a lui, ho conosciuto tutta l’Italia, da buon capostazione girava molto sui treni. Un altro ricordo indelebile erano i nomignoli con cui la gente si rivolgeva a lui: Capo, Professore (perché i primi anni aveva insegnato), Senatore, Commendatore, Don Virgilio. Ancora oggi riconoscerei le persone dal titolo con cui lo salutavano. Il periodo più bello forse è stata l’esperienza al Senato, era il 1992, perché sentiva che tutti i sacrifici di una vita venivano premiati con quella elezione, e il lavoro di senatore era quello che sapeva fare meglio perché era un esperto nel suo settore. Abbiamo vissuto insieme quel periodo a Roma con Donna Carmela, sua madre, che aveva 100 anni; morì qualche anno dopo, nel 1998. Negli anni della crescita mi ha sempre sostenuto cercando di stimolare le mie passioni, la mia identità. Dopo l’università capì che stavo passando un momento difficile, perché non riuscivo a lasciarmi andare verso le mie passioni e in quel frangente fu fondamentale perché mi aiutò a capire la strada che volevo prendere, mi diede il coraggio per prenderla. Oggi dico contento che faccio il lavoro che volevo e voglio fare, ma senza i suoi consigli forse non sarei qui. In quel momento mi fece capire la bellezza della libertà, la libertà come valore da seguire e condividere. Ma attraverso i suoi consigli mi indicò la strada più difficile, mi fece prendere una strada senza scorciatoie, mi fece partire dal basso. Solo così ho potuto capire la vita e le difficoltà da superare per essere uomo. Realizzato il primo passo, mi accompagnò in quello più difficile – questo anche grazie a un amico che ho ricordato un po’ di tempo fa, Toto Delfino – quello di non essere il figlio di Virgilio, ma Rosario o anche Vladimir. Questo è sempre l’esame più grande per un figlio, soprattutto se tuo padre è stato tra le 900 persone su 60 milioni a legiferare in Parlamento. Ma a 30 anni avevo tutti gli strumenti per affrontare anche questa prova, che mi resi conto di aver superato quando un giorno mi chiese il favore di pubblicare un articolo per un suo amico. Ricordo il suo orgoglio nel chiederlo e la soddisfazione di un padre nella mia. La più grande possibilità che mio padre mi ha dato è stata quella di realizzare le mie idee, inseguire con caparbietà il mio sogno, senza avere paura di sbagliare, anzi facendomi capire che solo sbagliando avrei realizzato quello che volevo.