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Il tempo dei ricordi

Ripercorriamo, insieme, gli avvenimenti e i personaggi più importanti che hanno segnato la data del 29 Maggio.

Accadde che:

1940 (82 anni fa): Fausto Coppi vince, con oltre 4 minuti di vantaggio, la tappa del Giro d’Italia Firenze – Modena e conquista la sua prima maglia rosa. Soprannominato “il Campionissimo” o “l’Airone”, fu il corridore più famoso e vincente dell’epoca d’oro del ciclismo, ed è considerato uno dei più grandi e popolari atleti di tutti i tempi. Formidabile passista, eccezionale scalatore, anche se non dotato di un particolare spunto veloce, era un corridore completo e adatto ad ogni tipo di competizione su strada. Professionista dal 1939 al 1959, s’impose sia nelle più importanti corse a tappe che nelle maggiori classiche di un giorno. Vinse cinque volte il Giro d’Italia (1940, 1947, 1949, 1952 e 1953), un record condiviso con Binda e Merckx, e due volte il Tour de France (1949 e 1952), diventando anche il primo ciclista a conquistare le due competizioni nello stesso anno sia nel 1949 che nel 1952. Leggendaria fu la sua rivalità con Gino Bartali, che divise l’Italia nell’immediato dopoguerra. Celebre nell’immortalare un’intera epoca sportiva, tanto da entrare nell’immaginario collettivo degli italiani, è la foto che ritrae i due campioni mentre si passano una bottiglietta durante una salita al Tour del 1952. Le sue imprese e le tragiche circostanze della morte (morì, a soli 40 anni, a causa di una malaria non diagnosticata) ne hanno fatto un’icona della storia sportiva italiana.

1945 (77 anni fa): in Germania, si compie l’ultima uccisione riconducibile al Programma Aktion T4, a morire fu un bambino, Richard Jenne, di 4 anni. Il povero Richard fu ucciso da una suora capo-infermiera, già responsabile dell’omicidio di altri 210 bambini, circa., quando la Seconda guerra mondiale era finita e le truppe americane erano arrivate in Germania già da 15 giorni. Il programma nazista di eutanasia forzata puntava alla soppressione di quelle che il regime definiva “vite indegne di essere vissute” e ottenne il suo scopo spazzando via, in modo atroce, più di 275.000 persone. Il regime nazista pianificò il suo primo sterminio di massa, che non fu quello degli ebrei, ma dei disabili. Ossessionato dall’eugenetica e da una particolare repulsione per i disturbi mentali, Hitler parlava dei disabili come di un “elemento estraneo” al corpo razziale dello stato e invocava la necessità di “ripulire” la razza tedesca dai cosiddetti “subumani”. Contemporaneamente, cominciarono a circolare opuscoli, poster e film in cui si mostravano i costi dei malati inguaribili, chiedendo a gran voce che il denaro “sprecato” per i disabili fosse destinato al popolo tedesco “sano”. Ben presto il Ministero dell’Interno ordinò a tutti i medici e alle ostetriche in servizio negli ospedali tedeschi di denunciare tutti i casi di bambini nati con gravi malformazioni. A quel punto una commissione di tre membri esaminava i casi e decideva all’unanimità sulla possibile eutanasia. Tutto questo avveniva tenendo spesso le famiglie totalmente all’oscuro di quanto avveniva negli ospedali dello stato. A molti genitori veniva detto che i loro figli sarebbero stati portati in “sezioni speciali” di centri pediatrici, dove avrebbero ricevuto cure migliori e più innovative. I bambini venivano, invece, uccisi dopo poche settimane con iniezioni letali e, in particolare, attraverso l’impiego di cocktail di farmaci a base di sedativi somministrati a dosi aumentate per alcuni giorni.

Scomparsa oggi:

1982 (40 anni fa): muore, a Parigi, Romy Schneider, pseudonimo di Rosemarie Magdalena Albach-Retty, attrice. Nata, a Vienna, il 23 settembre 1938 è stata una delle attrici più desiderate degli anni ’60 e ’70, famosa per aver ricoperto giovanissima il ruolo della principessa Sissi nel primo, grande film a lei dedicato. Una famiglia d’arte quella in cui nasce e cresce Romy. Sua madre, Magda Schneider, è anch’ella un’attrice di successo, la cui carriera alla fine la vede protagonista di oltre settanta film. Anche il padre, Wolf Albach-Retty, è un attore, sebbene di minor successo e bravura. Tuttavia, la futura attrice deve a sua madre la passione per la recitazione. Inoltre, in molte pellicole, le due rivestono i panni di madre e figlia. Poco più che quindicenne, infatti, nel 1953, esordisce nel film tedesco “Wenn der weiße Flieder wieder blüht”. Si nota subito la sua bellezza eterea. Due anni dopo, Romy Schneider è Sissi, nel primo dei tre film dedicati alla Principessa Elisabetta d’Austria. È soprattutto a questa ormai leggendaria interpretazione che la bella attrice francese d’adozione, deve gran parte della sua fama. Il successo ottenuto con i tre film le vale la chiamata di un grande del cinema internazionale: l’attore Alain Delon che la vuole accanto nella parte della protagonista del film “L’amante pura”. Sul set, Delon si innamora perdutamente dell’attrice viennese e inizia con lei una lunga relazione, ma finita male. Nel 1964, Romy rompe con Delon, dando inizio alla sua parabola discendente, caratterizzata dalla depressione e, soprattutto, dall’alcol. Poco dopo si lega al regista Harry Meyen, in un matrimonio che fallisce quasi ancor prima di cominciare. Con lui ha un figlio, lo  David, il quale nasce il 3 dicembre del 1966, ma appena quattordici anni di vita, il 5 luglio del 1981, il ragazzo muore in circostanze tragiche, dando probabilmente il colpo di grazia al già labile stato d’animo di sua madre. Un anno dopo la morte del figlio, l’attrice muore nella casa parigina del produttore Laurent Petin, suo ultimo compagno, all’età di quarantatré anni. Ufficialmente, la causa è attacco cardiaco, ma non sono pochi quelli che hanno sostenuto si sia trattato di suicidio.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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