Ripercorriamo, insieme, gli avvenimenti e i personaggi più importanti che hanno segnato la data del 15 Aprile.
Accadde che:
1874 (148 anni fa): al numero civico 35 di Boulevard des Capucines, a Parigi, si tiene la prima mostra degli impressionisti. Lo spazio adibito all’esposizione è lo studio di Nadar, fotografo di successo, che presta gratuitamente i locali al gruppo di pittori che si presentano ufficialmente come “Societé Anonyme”. Claude Monet partecipa alla mostra con 9 opere, quattro disegni a pastello e cinque dipinti tra i quali quello nella foto che diviene il simbolo della mostra: esso è, infatti, intitolato “Boulevard des Capucines” e raffigura l’elegante e affollata strada parigina, sede della mostra stessa. Tra le altre sue opere esposte si annoverano due capolavori celeberrimi, “I papaveri ad Argenteuil” e “Impressione: levar del sole”, il dipinto che diede il nome all’intero movimento. Scorrendo i nomi dei partecipanti alla prima mostra impressionista, per un totale di 165 opere esposte, incontriamo oltre a Claude Monet anche i seguenti artisti che fecero la storia del movimento: Paul Cezanne, Edgar Degas, Giuseppe De Nittis, Jean-Baptiste-Armand Guillaumin, Berthe Morisot, Camille Pissarro, Pierre-Auguste Renoir e Alfred Sisley. Edouard Manet nonostante fosse in contatto con il gruppo non volle partecipare alla mostra in quanto il suo intento era quello di proporsi direttamente al Salon, l’esposizione ufficiale dell’Ecole. Nonostante ogni artista aggiunga dettagli soggettivi alle opere, c’è uno stile comune che lega tutti. Le nuove considerazioni sulla pittura, alla luce della scoperta della fotografia, portano i pittori ad abbandonare le tendenze realiste del tempo, per immergersi in opere più emotive. Infine, anche lo studio della luce e delle ombre viene reinventato. I pittori escono dalle loro botteghe per dipingere en plein air, all’aria aperta.
1920 (102 anni fa): gli anarchici italiani Sacco e Vanzetti vengono accusati dell’uccisione di un contabile e di un agente di sicurezza, durante una rapina ad un negozio di scarpe. Vennero arrestati, processati e giustiziati sulla sedia elettrica negli Stati Uniti. Sulla loro colpevolezza vi furono molti dubbi già all’epoca del loro processo; a nulla valse la confessione del detenuto portoricano Celestino Madeiros, che scagionava i due. Nel 1977 Michael Dukakis, governatore dello Stato del Massachusetts, riconobbe ufficialmente gli errori commessi nel processo e riabilitò completamente la memoria di Sacco e Vanzetti. Dirà Vanzetti rivolgendosi per l’ultima volta al giudice: “Io non augurerei a un cane, a un serpente o alla più bassa e disgraziata creatura della Terra. Non augurerei a nessuna di queste creature ciò che ho dovuto soffrire per cose di cui non sono colpevole. Ma la mia convinzione è che ho sofferto per cose di cui sono colpevole. Sto soffrendo perché sono un anarchico, e davvero io sono un anarchico; ho sofferto perché ero un Italiano, e davvero io sono un Italiano (…) se voi poteste giustiziarmi due volte, e se potessi rinascere altre due volte, vivrei di nuovo per fare quello che ho fatto già”. l caso di Sacco e Vanzetti scuoterà molto l’opinione pubblica italiana e anche il governo fascista prenderà posizione a sostegno dei due connazionali, nonostante le loro idee politiche.
Nato oggi:
1895 (127 anni fa): nasce, a San Luca, Corrado Alvaro scrittore, giornalista, poeta e sceneggiatore. A San Luca trascorre un’infanzia felice, ricevendo la prima istruzione dal padre e da un vecchio maestro del luogo. Nelle sere d’inverno, accanto al camino, ascoltava il padre leggere alla madre gli autori prediletti: Manzoni, d’Azeglio, Balzac e Mastriani. Terminate le scuole elementari, nel 1906, è mandato a proseguire gli studi, come esterno, nel prestigioso collegio gesuitico di Mondragone, a Frascati. studia e comincia a scrivere poesie e racconti. Come egli stesso riferirà, viene espulso dal collegio, dopo i primi anni di ginnasio, perché sorpreso a leggere testi considerati proibiti (l’Intermezzo di rime di D’Annunzio). Obbligato a cambiare scuola, è mandato nel collegio di Amelia, in provincia di Perugia, dove termina il ginnasio. Approda infine al Liceo «Galluppi» di Catanzaro, ed ha tra i compagni di scuola Umberto Bosco, che ne ha ricordato l’acceso interventismo. Esordisce con un libretto dedicato a “Polsi nell’arte, nella legenda e nella storia” (1912), che porta in calce la firma «Corrado Alvaro. Studente liceale». Nel corso del 1930 pubblica ben tre raccolte di racconti “Gente in Aspromonte”, “Misteri e avventure”, “La signora dell’isola” e il romanzo “Vent’anni”, il più intenso fra quelli italiani imperniati sulla Grande Guerra, che gli valgono il prestigioso premio letterario di “La Stampa”. Nel gennaio del 1941 torna per l’ultima volta a San Luca, per i funerali del padre; poi, più volte, a Caraffa del Bianco, in visita alla madre e al fratello don Massimo, parroco del paese. Dal 25 luglio all’8 settembre 1943 assume la direzione del “Popolo di Roma”: con l’occupazione tedesca della città, colpito da mandato di cattura, si rifugia a Chieti, sotto il falso nome di Guido Giorgi e vive dando lezioni di inglese. Nel gennaio del ’45 fonda il Sindacato Nazionale degli Scrittori, di cui è segretario fino alla morte. Nell’autunno esce “Quasi una vita“, che raccoglie pagine di diario tra il 1927 e il 1947: il libro vince il premio Strega 1951, superando in finale le opere concorrenti di Soldati, Levi e Moravia. Il 20 aprile 1956 esce sul “Corriere della Sera”, dove era tornato a collaborare, il suo ultimo articolo, “Pagine diverse”. I personaggi delle opere di Alvaro hanno in comune la condizione di “sradicato” che lo stesso Alvaro sperimentò quando da ragazzo fu quasi catapultato dalla realtà provinciale e chiusa calabrese alla realtà cosmopolita delle grandi città italiane prima e delle città estere in seguito. Anche i personaggi alvariani cercano allora e sempre il loro riscatto altrove, ma sono sempre inquieti e insoddisfatti, sempre in fuga dal luogo natio, avaro di opportunità, per una “fuga civile” dove però si ritrovano estranei e incompresi fino in fondo. La Calabria di Alvaro è descritta come un microcosmo a sé, un “paradiso perduto”, scrigno di memoria eterna e mitica. Corrado Alvaro muore, a Roma, l’11 giugno 1956.