Ripercorriamo, insieme, gli avvenimenti e i personaggi più importanti che hanno segnato la data del 27 gennaio.
Accadde che:
1302 (720 anni fa): la città di Firenze condanna all’esilio il poeta Dante Alighieri per le sue simpatie politiche. Dante era uno dei principali sostenitori del partito guelfo bianco, che si opponeva all’estremo potere papale. Quando il partito del Guelfo Nero prese il potere a Firenze nel 1302, espulse immediatamente il poeta dalla città. Egli trascorse i successivi due decenni vagando da un posto all’altro nel nord e nel centro Italia, allontanandosi da moglie e figli e vivendo spesso in povertà. Il suo unico conforto durante l’esilio è stato quello di scrivere. Di questo periodo, infatti, la sua più grande opera, “La Divina Commedia”, un poema epico su un viaggio attraverso l’inferno, il purgatorio e il paradiso. Poco prima della sua morte, incontrò i suoi figli a Ravenna; era la prima volta che li vedeva da quando aveva lasciato Firenze, quasi 20 anni prima.
1945 (77 anni fa): i soldati sovietici dell’Armata Rossa superarono il cancello del campo di sterminio nazista di Auschwitz, trovandolo già evacuato. Vi trovarono, all’interno, circa 7 mila prigionieri, che erano stati lasciati nel campo. Molti erano bambini e una cinquantina di loro aveva meno di otto anni (erano sopravvissuti perché erano stati usati come cavie per la ricerca medica). I sovietici trovarono anche cumuli di vestiti e tonnellate di capelli pronti per essere venduti. E poi occhiali, valigie, utensili da cucina e scarpe: il museo di Auschwitz, tra le altre cose, possiede più di 100 mila paia di scarpe.Nel novembre del 1944, due mesi prima della liberazione, il ministro dell’interno nazista Heinrich Himmler ordinò di distruggere le camere a gas di Birkenau rimaste ancora in funzione (ma non quelle di Auschwitz). La SS cominciarono a evacuare il campo a metà gennaio 1945. Migliaia di prigionieri furono uccisi mentre altri, circa 60 mila, furono costretti a un’evacuazione forzata e a prendere parte a quelle che sarebbero poi divenute famose come “marce della morte”. Le marce procedevano in due diverse direzioni: verso nord-ovest, fino a Gliwice, per 55 chilometri lungo i quali venivano raccolti anche i prigionieri dei sottocampi dell’Alta Slesia Orientale (Bismarckhuette, Althammer e Hindenburg); e verso ovest, per circa 60 chilometri, in direzione di Wodzislaw. Durante il cammino, le SS spararono a chiunque cedesse e non fosse più in grado di proseguire: è stato calcolato che circa 15 mila prigionieri siano morti durante queste marce. Chi sopravviveva veniva invece caricato su treni merci e portato nei campi di concentramento in Germania. Le forze sovietiche furono le prime ad avvicinarsi ad alcuni tra i campi più importanti, già nel luglio del 1944. Sorpresi dalla rapida avanzata sovietica, i Tedeschi avevano cercato di nascondere le prove dello sterminio distruggendo il campo. Il personale aveva dato fuoco al grande crematorio usato per bruciare i corpi dei prigionieri uccisi, ma nella fretta dell’evacuazione le camere a gas erano rimaste intatte. Nei mesi seguenti, i Sovietici liberarono altri campi negli stati Baltici e in Polonia. Poco tempo dopo la resa della Germania, forze sovietiche liberarono i campi di concentramento di Stutthof, Sachsenhausen e Ravensbrück. Per non dimenticare, ecco alcuni versi della poesia di Primo Levi, “Se questo è un uomo”: “Considerate se questo è un uomo. Che lavora nel fango. Che non conosce pace. Che lotta per mezzo pane. Che muore per un sì o per un no. Considerate se questa è una donna. Senza capelli e senza nome. Senza più forza per ricordare. Vuoti gli occhi e freddo il grembo. Come una rana d’inverno”.
Scomparso oggi:
1901 (121 anni fa): muore, a Milano, Giuseppe Verdi compositore e senatore italiano. Nato a Rancole Verdi (Parma) il 10 ottobre 1813, è riconosciuto come uno dei più grandi operisti di ogni tempo. Le sue opere rimangono ancora tra le più conosciute ed eseguite nei teatri di tutto il mondo, in particolare l’ Aida, Nabucco e la cosiddetta triade Rigoletto, Il trovatore e La Traviata. Fin da bambino prende lezioni di musica dall’organista del paese, esercitandosi su una spinetta scordata regalatagli dal padre. Gli studi musicali proseguono in questo modo sconclusionato e poco ortodosso, fino a quando Antonio Barezzi, commerciante e musicofilo di Busseto affezionato alla famiglia Verdi e al piccolo Giuseppe, lo accoglie in casa sua, pagandogli studi più regolari ed accademici.Nel 1832 Verdi si trasferisce a Milano e si presenta al Conservatorio, ma incredibilmente non viene ammesso per scorretta posizione della mano nel suonare e per raggiunti limiti di età. Poco dopo viene richiamato a Busseto a ricoprire l’incarico di maestro di musica del comune. Nel 1839 esordisce alla Scala di Milano con “Oberto, conte di San Bonifacio” ottenendo un discreto successo, purtroppo offuscato dall’improvvisa morte, prima della moglie e poi dei due figli. In seguito scrive un’opera buffa “Un giorno di regno”, che si rivela però un fiasco. Amareggiato, Verdi pensa di abbandonare per sempre la musica, ma solo due anni più tardi, nel 1842, il suo “Nabucco” ottiene alla Scala un incredibile successo. Seguiranno il Rigoletto, Il Trovatore e La Traviata. Il successo di queste opere è clamoroso. Alla sua vita artistica si aggiunge dal 1861 anche l’impegno politico. Viene eletto deputato del primo Parlamento italiano e nel 1874 è nominato senatore. In questi anni compone Aida e la Messa da requiem, scritta e pensata come celebrazione per la morte di Alessandro Manzoni. Prima di morire ha chiesto dei funerali senza sfarzo, né musica, ma semplici, come la sua vita era sempre stata. E così è stato.