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mercoledì, Aprile 9, 2025
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Il tempo dei ricordi

Ripercorriamo, insieme, gli avvenimenti e i personaggi più importanti che hanno segnato la data del 16 Luglio.

Accadde che:

1965 (56 anni fa): viene inaugurato il Traforo del Monte Bianco alla presenza di Giuseppe Saragat e Charles de Gaulle, presidenti rispettivamente di Italia e Francia. Era così possibile transitare da Courmayeur, in Val D’Aosta a Chamonix, in Alta Savoia e gli automobilisti non avrebbero più dovuto percorrere piccole stradine di montagna oppure tornare indietro, perché impossibilitati a proseguire a causa della neve. Nel giorno dell’apertura del traforo il presidente dei transalpini non fece alcun accenno ai momenti di crisi relazioni con l’Italia ma disse: “I nostri due popoli, dimenticando le malevolenze che si agitavano nelle valli e sulle cime, sono portati l’uno verso l’altro dalla forza delle cose, vent’anni dopo la fine dei combattimenti di cui le Alpi furono il triste teatro. In particolare in questa bella valle che il sangue, la lingua e i sentimenti legano saldamente alla Francia”. Quando fu inaugurato, era il tunnel stradale più lungo d’Europa: era, ed è  lungo 11 chilometri e 600 metri e per realizzarlo furono usate 1.500 tonnellate di esplosivo, 200 mila metri cubi di calcestruzzo e 235 mila bulloni. Dal 1965 a oggi il traforo del Monte Bianco è stato attraversato da più di 60 milioni di veicoli e ha reso molto più semplice, veloce ed economico il collegamento tra Italia e Francia. «Il Monte Bianco era il nome di una montagna che ci separava. Da domani sarà il nome di un tunnel che ci riunisce», disse quel giorno Valéry Giscard d’Estaing, all’epoca ministro delle Finanze e in seguito presidente della Repubblica francese. I lavori per realizzare un tunnel, che attraversasse il Monte Bianco, iniziarono nel 1959, circa sei anni dopo che i governi di Italia e Francia firmarono la convenzione in cui si impegnavano a realizzarlo. Il ritardo fu dovuto alle molte polemiche che ci furono in Francia dopo la firma della convenzione: si temeva, infatti, che il traforo del Monte Bianco avrebbe avvantaggiato l’Italia, mettendo invece in crisi l’economia del sud-est della Francia. I lavori dal lato italiano iniziarono l’8 gennaio 1959, quelli sul versante francese il 30 maggio. Nonostante i problemi iniziali e anche grazie ai mesi di anticipo con cui iniziarono i lavori, gli italiani furono i primi a completare la loro metà di tunnel: arrivarono il 3 agosto 1962 e, undici giorni dopo, arrivarono anche i francesi. A prescindere dalla sfida tra i due gruppi di minatori, il loro incontro fu un importante evento, celebrato con quattro bottiglie di champagne che i francesi passarono agli italiani.

1999 (22 anni fa): al largo della costa di Martha’s Vineyard, un jet privato pilotato da John Fitzgerald Kennedy jr. precipita in mare. Assieme a Kennedy viaggiavano la moglie Carolyn e la sorella di lei Lauren, tutti e tre periranno nell’incidente. Dovevano partecipare alle nozze di una cugina di John John, Rory Elizabeth, figlia di Bob Kennedy, John John aveva il brevetto da soli quattro mesi. Durante il volo qualcosa andò storto e il Piper 32 Saratoga monoelica si disintegrò forse in quota forse per l’impatto con l’oceano. Nessuno ha potuto accertare se il Piper si è fatto a pezzi per l’impatto con il mare o, addirittura prima di precipitare in acqua. Il corpo di Kennedy fu trovato, quattro giorni dopo, ancora prigioniero dell’aereo. Per i cadaveri delle due donne ci volle più tempo, perché erano state sbalzate fuori dal Piper. Il Saratoga non era dotato di scatola nera, ed è stato impossibile ricostruire quanto accaduto negli ultimi minuti del volo. Probabilmente le condizioni meteo e la poca esperienza di Kennedy contribuirono alla tragedia, ma c’è anche chi, nel corso del tempo, ha avanzato la teoria del complotto. John Fitzgerald Kennedy Jr., conosciuto come John John, era nato nel 1960 dal matrimonio tra il presidente John Fitzgerald Kennedy e Jacquelin Bouvier. Laureatosi in legge, diventò poi editore, fondando, quattro anni prima di morire, la rivista George. Il giornale parlava di politica in un modo mai sperimentato prima, considerato talvolta anche irriverente. Nel 1996, il matrimonio con Carolyn Besset. Per lui, preparato, bello, ambizioso, si parlava di un futuro da presidente. Poi il dramma. Durante la cerimonia funebre del 23 luglio, lo zio di Kennedy, il senatore democratico del Massachusetts Edward Kennedy, disse che «…speravamo che questo John Kennedy si sarebbe pettinato i capelli, quando sarebbero diventati grigi, con la sua adorata Carolyn al suo fianco. Ma, come suo padre, gli si è dato tutto tranne una lunga vita». E quanto al matrimonio del nipote, ricordò ciò che aveva detto sulla presidenza del fratello: entrambi durarono 1.000 giorni. Il presidente degli Stati Uniti, Bill Clinton, suo amico, era presente alla cerimonia e ordinò di ammainare a mezz’asta la bandiera in cima alla Casa Bianca in onore di John F. Kennedy Jr.

Nato oggi:

1927 (94 anni fa): nasce a Siderno (Reggio Calabria) Nicola Zitara storico e meridionalista. Formidabile è stato il suo impegno nella battaglia per liberare il Mezzogiorno e la Calabria dalla loro condizione di colonia. In questa direzione ha scritto saggi decisivi come: “L’unità d’Italia: nascita di una colonia”, “Il proletario esterno” e  il romanzo “O sorece morto”. in queste opere ha costruito l’idea che il Mezzogiorno e la Calabria potranno avere un avvenire migliore se si separeranno dall’Italia e daranno vita ad uno stato “Duosiciliano”. Oltre ad essere stato un importante studioso è stato anche un lettore di anime,  dal modo in cui è riuscito a tratteggiare con delicatezza, figure che hanno lasciato un’ impronta nella nostra città, come quella di Armando (nel libro “Gli indimenticabili”) e quelle di Peppe Brugnano e Cosimo Jannapollo. Da quell’inchiostro è emersa la figura di un uomo che è riuscito a varcare la soglia dell’apparenza, fino ad arrivare a toccare l’essenza delle persone, cogliendo quei particolari che ai tanti sfuggono. Grazie a delle persone che, lo hanno cosciuto, è stato possibile portare alla luce le varie sfaccettature della sua personalità. Rosario Vladimir Condarcuri, ha avuto con Nicola un rapporto di grande stima, avendolo avuto come direttore del suo giornale prima nel 2002, poi nel 2009 quando, scoperto di essere malato, ha espresso il desiderio di morire da direttore  di “Riviera”, ne parla in questi termini: “Nicola, diceva che da quando scriveva per la “Riviera” era diventato famoso a Siderno, il fruttivendolo non gli faceva pagare la frutta, perché apprezzava i suoi articoli. Il suo sogno era quello di portare la “Riviera” a Napoli, perché diceva che il giornale doveva partire dalla città partenopea per poi abbracciare tutto il Meridione. Grazie a lui, ho imparato a credere nei  sogni, comprendendo che c’è sempre il modo per poterli realizzare. Quando arrivava in redazione, prendeva un libro, immergendosi per ore nella lettura. Era un buono, che si trovava a suo agio nel mondo di Riviera”. Affetto e stima sono presenti anche nelle parole di Ercole Macrì: “Nicola Zitara mi ha lasciato la sua ultima Marlboro 100S, ma non me la meritavo, quindi ho smesso di fumare. Cala Argentina, a sud delle sbarre sidernesi, i garage dei mestieri, gli argani e i gozzi, oltre il binario unico della ferrovia jonica, tra il muro di recente costruzione e quello fascista, era per lui il centro della terra che, a occhio e croce, lo faceva spesso coincidere con quello del Mediterraneo mare e pane, pesce sotto il sale e olive nere infornate. Meglio di Amalfi, da dove Zitara proveniva prima con il veliero, poi col vapore. Amava la noia del marinaio più della concretezza del pastore, il molo da cui si parte rispetto alla grotta dove si giunge per rimanerci. Zitara mi ha insegnato la semplicità della partenza, appunto, stagione dopo stagione, inseguendo l’estate calabrese da Cala Argentina con i versi e la grandezza dei minori, un po’ come Machado, senza zavorre mentali, leggero di bagagli, dogmi, riti”. Significativo è stato anche il ricordo lasciato da Pasquino Crupi: “Rigoroso intellettuale, studioso appassionato e sprezzante del successo e della carriera, meridionalista con la testa alta e la schiena dritta sempre sugli spalti adamantini della battaglia per il riscatto del Mezzogiorno e della Calabria, non domato da niente”. Muore a Siderno l’1 ottobre 2010.

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