Ripercorriamo, insieme, gli avvenimenti e i personaggi più importanti che hanno segnato la data dell’11 Luglio.
Accadde che:
1859 (162 anni fa): viene firmato l’Armistizio di Villafranca, concluso da Napoleone III di Francia e Francesco Giuseppe I d’Austria, che pose le premesse per la fine della seconda guerra d’indipendenza. Fu la conseguenza di una decisione unilaterale della Francia che, in guerra a fianco del Regno di Sardegna contro l’Austria, aveva la necessità di concludere la pace per il pericolo che il conflitto si allargasse all’Europa centrale. Inoltre, Napoleone, tra le ragioni che lo indussero a firmare l’armistizio di Villafranca, tenne sicuramente presente anche un’altra ragione, quella finanziaria tra la Francia ed il Piemonte, giacché il trattato del dicembre 1858 aveva stabilito che il Piemonte avrebbe pagato le spese di guerra della Francia con il decimo delle entrate dei nuovi territori conquistati, ma la Francia aveva già speso ben 360 milioni di franchi e la sua alleata altri 80 milioni, somme che nessuna prevedibile tassa piemontese sul reddito sarebbe riuscita a raccogliere, ed è da domandarsi se mai Cavour fosse stato in buona fede quando aveva stipulato tale accordo. L’armistizio stabilì che la Lombardia fosse ceduta alla Francia, che l’avrebbe a sua volta ceduta al Piemonte; che il granduca di Toscana e i duchi di Modena e Parma sarebbero tornati sui loro troni; si prefigurò la creazione di una confederazione italiana con a capo il Papa, della quale avrebbe fatto parte anche il Veneto, pur restando sotto la Corona austriaca. Vittorio Emanuele II ratificò questi preliminari con la clausola «en tout ce qui me concerne», che gli permise più tardi di procedere all’annessione dell’Italia centrale, senza venir meno giuridicamente agli accordi. L’armistizio venne considerato da Cavour un tradimento da parte della Francia, pertanto presentò immediatamente le sue dimissioni al re.
1899 (122 anni fa): a Torino nasce la FIAT (acronimo di Fabbrica Italiana Automobili Torino) parola che in latino si traduce con “Che sia!”. Un gruppo di uomini d’affari torinesi capeggiati di Giovanni Agnelli, decisero di realizzare un prototipo di automobile, dando vita a quello che sarebbe diventato il più importante gruppo finanziario e industriale privato italiano del XX secolo. Tali investitori seppero approfittare del fermento creativo e del clima sociale favorevole che caratterizzava in quegli anni Torino, città che si presentava come laboratorio di innovazioni, soprattutto nel campo dell’industria. Le vetture FIAT seppero imporsi subito non solo sul mercato italiano, ma anche su quello internazionale qualificandosi come prodotti di lusso destinati ad un’èlite di consumatori. Il primo marchio era costituito da una “Pergamena” di ottone montata sul cofano, ispirata ai gusti dell’epoca: il lettering era inciso a mano e accanto alla lettera “N”, c’era uno spazio per il numero di produzione seriale; nel primo manifesto pubblicitario di Carpanetto appariva l’acronimo punteggiato. Nel 1901 il marchio risentiva delle movenze sinuose dello stile liberty. Nel 1903 comparve un altro marchio-targhetta con due rami d’olivo stilizzati su un sole levante, allusione probabile alla frase biblica “Fiat lux”, ed era posto vicino ai pedali; per la prima volta, apparì l’acronimo in grande evidenza. Nel 1908, fece la sua prima apparizione sul radiatore il notissimo marchio ovale, con le scritte e le decorazioni in oro sul fondo blu di Prussia, che resisterà sulle auto FIAT fino agli anni Venti. Infatti, con la partecipazione alle gare sportive, dal 1921 iniziò la serie dei marchi rotondi con la corona d’alloro. Nel 1964 fu riutilizzato il marchio circolare con la corona d’alloro, solamente per firmare le vetture da corsa. Nel 1968 il marchio fu rinnovato in modo sostanziale per divenire l’elemento base di tutta l’identità FIAT. Secondo il principio di rendere semplice la comunicazione della complessità, della vastità e della differenziazione dei prodotti e dei settori dell’Azienda, fu deciso di ricondurre il tutto ad un elemento unificatore: il rombo, cioè ad una unità di misura di tipo architettonico. Nel 1972 i quattro rombi divennero blu e le lettere in bianco. Fu così che il marchio FIAT nacque da una semplicissima operazione di montaggio o di assemblaggio, proprio come succedeva in fabbrica. A partire dal 1981, sul cofano delle auto apparivano 5 linee parallele e oblique, ottenute dall’intersezione dei 4 rombi del marchio. Nel 1999 tra le molte iniziative studiate per festeggiare il centenario è tornato, sia pure stilisticamente aggiornato, lo scudetto rotondo con la corona d’alloro che distingueva le auto FIAT negli anni Venti. Durante i primi anni del 2000 la Casa torinese è riuscita a riprendersi dalla più grave crisi finanziaria della sua storia; a suggello del percorso compiuto, nel 2006 si decise di rinnovare il marchio, prendendo spunto dal celebre scudo che campeggiava sul frontale delle autovetture dal 1932 al 1968, caratterizzato dallo sfondo rosso e dai caratteri allungati della scritta.
Scomparso oggi:
2011 (10 anni fa): muore a Grottaferrata (Roma) Ferdinando Cordova docente e storico. Nato a Reggio Calabria il 10 aprile 1938, è stato uno storico di grande valore che ha dedicato, in maniera particolare, la sua attenzione alla vicenda calabrese di cui danno conto i seguenti volumi: “Alle origini del PCI in Calabria”, “Massoneria in Calabria” e “Il fascismo nel Mezzogiorno: le Calabrie”. Decisivo per il suo futuro professionale, l’incontro con il professore Domenico De Giorgio, che lo indusse ad interessarsi ad alcuni temi di storia locale. Argomenti che sarebbero poi serviti a fargli prendere confidenza e dimestichezza con gli strumenti della ricerca storica. Fu così che incominciò a scrivere i primi lavori, ciò contribuì, nel breve periodo, a farsi conoscere ed apprezzare, soprattutto nel mondo accademico. Tant’è che fu nominato “assistente volontario” per la cattedra di “Storia del Risorgimento”, presso l’Università di Messina. Nel 1965, due anni dopo la scomparsa del senatore Umberto Zanotti Bianco, Cordova fu uno dei promotori del “Comitato”, assieme a molti intellettuali e personalità della cultura meridionale, che riuscì a salvare la vecchia sede reggina dell’A.N.I.M.I. (Associazione Nazionale per gli Interessi del Mezzogiorno d’Italia) con sede a Roma. Nel 1993 gli fu assegnato il prestigioso Premio intitolato a “Giacomo Treves” per avere pubblicato, proprio in quegli anni, la migliore opera sulla Massoneria italiana. Per molti anni ha presieduto l’Istituto Calabrese per la Storia dell’antifascismo e dell’Italia contemporanea, ed ha diretto la Rivista “Giornale di Storia Contemporanea”. Il 18 giugno del 2011 ha partecipato al Convegno sul tema: Uomini e logge calabresi nell’Italia unita, tenutosi al Teatro Comunale “Francesco Cilea” di Reggio Calabria. Nella stessa occasione, assieme al suo collega Lucio Villari, è stato protagonista di una tavola rotonda sull’Unità d’Italia: dopo 150 anni per restare insieme, all’interno delle manifestazioni organizzate dal Grande Oriente d’Italia-Palazzo Giustiniani. Questa è stata l’ultima fatica dello storico reggino, rientrato a Roma, infatti, accusò un malore da cui non si riprese più.