Ripercorriamo, insieme, gli avvenimenti e i personaggi più importanti che hanno segnato la data dell’11 Agosto.
Accadde che:
1934 (90 anni fa): il carcere militare di Alcatraz, con l’arrivo dei prigionieri, diventa prigione federale di massima sicurezza. Alcatraz è la piccola isola situata a 2 chilometri dalla costa di San Francisco, è stata la prigione federale più famosa al mondo dal 1934 al 1936. Il nome, di origine spagnola, deriva da una specie di uccello marino che popolava l’isola, in italiano si traduce sula, in spagnolo, appunto, Alcatraz, ed è parente stretto del pellicano. Nota anche come “The Rock” (La Roccia), perché gran parte della sua superficie è costituita da roccia, soprannominata anche “The Bastion” (La Fortezza). Collocata in una posizione strategica, dal punto di vista militare a difesa della baia, l’isola di Alcatraz, diventa una prigione militare nel 1933, dopo aver ospitato un faro. Nell’estate del 1934, si trasforma in un carcere federale di massima sicurezza, diventando famoso in tutto il mondo per la ferrea disciplina vigente al suo interno. Vengono rinchiusi, in questo istituto penitenziario, criminali particolarmente pericolosi o che hanno tentato di evadere da altre carceri. I prigionieri erano costretti a scontare la loro pena in una cella singola, dalle dimensioni notevolmente ridotte, le inflazioni disciplinari venivano punite con la reclusione al buio e al freddo nelle celle d’isolamento. Differentemente dagli altri carceri non era concesso a tutti la possibilità di lavorare, era un privilegio che lo si guadagnava con la buona condotta e rispettando le regole della prigione. Per i grandi costi e l’eccesso di personale, scomodo da raggiungere, il 21 marzo 1963 il procuratore generale Robert Kennedy ne ordinò la chiusura. Alcatraz, tra verità storiche e misteri ancora irrisolti, con gli anni, nell’immaginario collettivo, è stato associato ad un luogo infernale. Sia per i rigidi trattamenti riservati ai detenuti, d’altronde nel penitenziario finivano solo i peggiori criminali, sia per il mito secondo il quale era impossibile fuggire oltre le mura. Soprattutto, perché attraversare le acque gelide e turbolente della baia portava praticamente a morte certa.
1966 (58 anni fa): John Lennon tiene una conferenza stampa, a Chicago, scusandosi per aver detto che i Beatles erano più famosi di Gesù. Nel 1966 la band inglese, fondata a Liverpool, era nel pieno della sua popolarità. Dopo l’incredibile successo di classifica con l’album “Please Please Me” e l’enorme consenso ottenuto con i brani firmati Lennon-McCartney, nel 1963 I Beatles esplosero conquistando quella popolarità che li avrebbe consegnati alla Storia. Nasce, così, la “Beatlemania”, un fenomeno culturale degli anni Sessanta, che non ha registrato altri casi paragonabili nella storia. Un’adorazione fanatica e spesso isterica, caratterizzata da reazioni e comportamenti precisi da parte dei fan. In questo contesto che John Lennon si lasciò sfuggire la frase destinata a scatenare numerose polemiche. Se la provocazione di Lennon venne inizialmente trascurata dalla Gran Bretagna, ci pensarono gli Stati Uniti a consegnarla alla gogna pubblica. Il pezzo gettò subito Lennon nelle braccia di una polemica altrettanto fanatica. Pertanto, dopo vari tentativi di scuse da parte della band e dopo una benevola assoluzione arrivata perfino dal Vaticano, Lennon fu costretto dal manager del gruppo, Brian Epstein, a ridiscutere la sua dichiarazione in grande stile, pronunciando queste parole in conferenza stampa: “Non sono contro Dio, contro Cristo o contro la religione. Non avevo alcuna intenzione di criticarla. Non ho affatto detto che noi eravamo migliori o più famosi … e non ho paragonato noi a Gesù Cristo come persona o a Dio come entità o qualsiasi altra cosa esso sia (…) Ho detto che avevamo più influenza sui ragazzi di qualsiasi altra cosa, compreso Gesù (…) Se avessi detto che la televisione era più popolare di Gesù probabilmente l’avrei passata liscia.”
Scomparso oggi:
2014 (10 anni fa): muore suicida, a Paradise Cay (California), Robin Williams attore, comico e doppiatore. Nato, a Chicago, il 21 luglio 1951 ottenne popolarità televisiva tra la fine degli anni settanta e l’inizio del decennio successivo interpretando l’alieno Mork nella serie televisiva Mork & Mindy. In seguito, tra la fine degli anni ottanta e l’inizio degli anni duemila, raggiunse l’apice del successo quale protagonista con ruoli brillanti in numerose pellicole, che lo portarono a essere definito “Interprete dalla comicità debordante e fulminante”, ma anche “Un attore intenso e misurato in ruoli meno divertenti”. Trasferitosi a San Francisco all’età di 16 anni, figlio di una modella e di un impiegato della Ford Motor Company, Robin Williams frequenta prima la Redwood High School in California, a Larkspur, poi successivamente entra nel Claremont Men’s College, dove studia Scienze Politiche, corso che poi lascia per seguire i corsi di recitazione al Marin College. In seguito, entra nella prestigiosa Julliard School, sotto gli insegnamenti dell’attore John Houseman e accanto a colui che diverrà il suo migliore amico, l’attore Christopher Reeve. Alla fine del corso di studi, comincia a mettersi a lavorare nei night club come cabarettista, intrattenitore e imitatore, ed è proprio in una di quelle notti che viene scoperto da un direttore di casting, che vuole assolutamente inserirlo nei contenitori televisivi. Williams esordirà così nel telefilm “Laugh-In”, sarà la spalla di Andy Kayffman e Billy Crystal, scriverà i testi di Richard Pryor, ma sarà presente anche ne “La famiglia Bradford” e, soprattutto, nel fortunato episodio che lo vede debuttare nel ruolo dell’alieno Mork in “Happy Days”. Quell’alieno così strambo piacque così tanto che Joe Gluaberg, Dale McRaven e Garry Marshall crearono per lui la seria “Mork & Mindy”, che gli fecero vincere il primo di tanti Golden Globe. Notevole nei ruoli drammatici: “Il mondo secondo Garp” e “Good Morning, Vietnam”. Nel 1989, con “L’attimo fuggente” ha una nuova occasione per mettersi in mostra nel ruolo, questa volta, di un insegnante anticonformista, arricchendo il suo curriculum di un ulteriore nomination all’Oscar. In seguito, sarà incoronato re dei box office, grazie alla commedia “Mrs. Doubtfire – Mammo per sempre”. La carriera di Robin Williams è stata un continuo alternarsi fra poesia e gag, dalla quale emerse anche una certa anima nera. Williams era considerato il pagliaccio ribelle di Hollywood, una sorta di Gianburrasca del cinema americano. Ma in fondo era un uomo fragile, spesso vittima di una depressione che lo ha portato alla morte all’età di 63 anni.