Nelle notti di inizio estate faccio fatica a prendere sonno, mi succede ogni anno, e ogni anno in questo spazio temporale imprevisto mi succede anche spesso di avere pensieri e visioni fuori del comune. La scorsa sera, infatti, ero ancora arrabbiatissimo perché avevo visto in televisione il filmato dei bambini messicani che piangevano, e in questo preciso momento mi è venuto da pensare cosa avrebbe scritto Pasquino di questo imbarbarimento della razza umana. Perché Pasquino? Perché negli anni in cui è stato direttore de “la Riviera” il pensiero di Pasquino sui fatti di cronaca era sempre diverso dal sentire comune. Per chi non avesse capito chi sia Pasquino Crupi, faccio un rapido ricordo. Pasquino Crupi è stato uno dei maggiori critici letterari del 900 calabrese, soprattutto della letteratura calabrese, oltre d essere uno degli ultimi meridionalisti di sinistra, uomo impegnato nel sociale, nella politica e nel giornalismo calabrese. Per me è stata una delle persone che più mi ha formato, insieme a mio padre, a Nicola, Mario, Diego e altri, e che inoltre ha accompagnato una fase della mia vita molto difficile. Conoscevo Pasquino da sempre perché amico di famiglia, passava da casa nostra per cene e dopo cene. Rincontro Pasquino il giorno del funerale di mio padre, a gennaio del 2009. Da quel giorno Pasquino mi ha aiutato sia nel lavoro – da lì a poco inizierà la collaborazione con la Riviera – che nel superare quel momento triste. Tra le tante cose che mi mancano del Professore, oltre il profumo dell’immancabile sigaro toscano, le mangiate, i convegni nei vari paesi dove lo conoscevano tutti, le soste ai bar dove improvvisava comizi e i rientri serali a Bova al gusto di grappa. Mi mancano soprattutto le telefonate mattutine con le quali Pasquino mi indicava la linea del giornale e commentava i fatti della giornata in un modo mai scontato e mai uguale a tutti i commentatori dei nostri giornali. Aveva il fiuto per la notizia e non si accontentava della facciata ma andava a cercare cosa nascondeva la stessa notizia. Il metodo era di giornalista vero, perché quando voleva approfondire andava al cuore dell’argomento. Mentre mi trovavo in questo stato di dormiveglia, la scorsa sera ho provato a chiedere qualche notizia a Pasquino come se lui fosse ancora vivo. Subito mi è venuto da chiedere cosa ne pensasse di questo governo, di Salvini e di questa deriva razzista. Il professore mette in bocca il sigaro, respira profondamente e mi dice: “Mondadori (mi ha sempre chiamato così), che ti devo dire? Gli Italiani vogliono essere comandati, abbiamo perso la battaglia del meridionalismo, perché combattevamo per un popolo senza coscienza. Tutte le battaglie da Salvemini a Dorso sono state sconfitte dalla promessa del reddito di cittadinanza, questa è l’Italia”. “Ma professore – insisto io – Salvini è stato eletto in Calabria…”. “Sì, perché lo hanno votato quelli che cercavano di trovare una loro collocazione, ti ricordi la copertina dove li avevo definiti ascari?”. E aggiunge: “La sinistra ha perso il contatto con la gente, non si fanno più comizi, nessuno ha più una morale, si va avanti a slogan e finti personaggi… guarda cosa è successo a Reggio Calabria: hanno fatto sindaco una bella faccia, con un bel cognome e poi il vuoto”. “Ma Pasquino – insisto io – ma tu ci segui?”. “Certo – mi risponde – ho visto tutto, mai potevo pensare che Mario Oliverio facesse il presidente della Regione, anche se era un bravo ragazzo, solo che arrivava sempre in ritardo, non posso credere che Erculellu faci l’assessore alla Cultura, ho visto che il povero Giorgio Imperitura non è più il presidente dei sindaci, mentre è diventato presidente l’amico di Mantegna. Mi è dispiaciuto per la morte di Sisinio, mio grande amico che chiamavo amichevolmente “fumo di Londra”, mentre seguo con piacere il giornale, ho visto che è cresciuta bene Maria Giovanna, mia allieva attenta, e mi piace pure come scrive stu figghiolu i Novara, leggo gli articoli di Ilario, ho letto l’intervista di Saverio la scorsa settimana e mi diverto a vedere che questo giornale continua a essere letto. Mi raccomando continuate a combattere per questa nostra amata terra, combattete per San Luca, per Platì e per gli africoti. Sono rimasto stranito perché ho saputo che a Reggio Calabria mi hanno dedicato il Palazzo della Cultura, e rimango stupito da quel disgraziato di Mimmo Savica che, tra i tanti che hanno detto alla mia morte che mi volevano bene e mi volevano dedicare qualcosa, è stato l’unico a dedicarmi un premio”. Mi sveglio e mi viene da ridere perché dopo aver parlato con Pasquino, ricordo che una volta nella sua rubrica “Scintille” scriveva “mi è venuto in sonno Giorgio Imperitura e…”.
Rosario Vladimir Caondarcuri