Sembra evidente come sia fallito il piano A della Lega salviniana, quello cioè che prevedeva di essere lui il leader del centrodestra. Così il buon Salvini pare rassegnato al Piano B, ovvero il ritorno alle origini, alla casa del Nord, ai vecchi accampamenti mai distrutti in verità e sempre coltivati.
Dopo la clamorosa tranvata presa per l’elezione del Presidente della Repubblica (che fa seguito ad un altro paio di disastri in un anno) Matteo Salvini è lungi dal buttare la spugna e nel Consiglio Federale di martedì scorso ha avviato l’operazione simil Trump (cioè un Partito Repubblicano come quello americano sul modello pero’ trumpiano). Gia’ siamo alle critiche feroci su questo piano al punto che l’ inchiesta gli ha così scritto: ‘’…La cosa fa già ridere così, ma in realtà è ancora più stravagante di quanto appaia. Salvini probabilmente non lo sa, e chi gli regge i microfoni e i taccuini neppure, ma oggi il Partito repubblicano è un partito più sovranista, più illiberale, più populista della Lega di Salvini’’.
Ma, comunque, è evidente che è fallito il piano A della Lega salviniana, quello cioè che prevedeva di essere lui il leader del centrodestra e di spostare l’asse del suo partito come una vera e propria forza politica nazionale, in grado cioè di parlare a tutto il paese, facendo dimenticare i proclami bossiani e salviniani della prima ora: le ampolle del Po, le ingiurie ai meridionali al limite del razzismo, la secessione del nord, le goliardate di Pontida che hanno addirittura anticipato di alcuni anni quelle dei fans di Donald Trump davanti la Casa Bianca, etc etc.
Preso nella morsa di Giorgetti e dei Presidenti di Regione del Nord, il buon Salvini pare rassegnato infatti al Piano B, che è magari più nelle sue corde, ed e’ più facile da attuarsi, ovviamente perdendo la leadership dello schieramento (ammesso che ce ne sia uno) e forse del suo stesso partito.
Il Piano B è il ritorno alle origini, alla casa del Nord, cioè ai vecchi accampamenti mai distrutti in verità e sempre coltivati, con un occhio al Papete e uno ad un Sud che pure gli ha creduto e gli ha portato qualche votarello. Non molti, ma nemmeno pochi se pensiamo al punto di partenza e a quelle ampolle del Po e alle politiche apertamente anti Sud, che dalle nostre parti si sono bellamente dimenticate.
Ora che non sa dove andare a sbattere, il Salvini lumbard torna a casa. Più sicura ed accogliente che quel parlamento romano, denso di insidie e tranelli, mentre Berlusconi vira al centro e la Meloni urla di un nuovo centrodestra ma in realtà si rinserra anche lei nella comoda destra di opposizione sulle orme della prima Alleanza Nazionale.
Per capire dove Salvini intenda andare, senza scomodare fumose interpretazioni escatologiche, basta del resto leggere le parole dello stesso segretario della Lega (che era Lega Nord prima delle spericolate virate).
Sul Giornale di alcuni giorni fa, infatti, il manifesto di quello che egli stesso ha definito il programma del partito repubblicano in salsa italica, parla chiaro sul Salvini pensiero. Così ha scritto e così testualmente riportiamo: ‘’…Prima di tutto l’Italia, il sentimento nazionale che deve farci da guida e portarci a difendere gli interessi dei nostri cittadini. E ad apprezzare il grande lavoro fatto ogni giorno dai tanti sindaci, governatori, amministratori nelle nostre realtà locali, compresi i civici. Va apprezzata anche la loro richiesta di valorizzare le autonomie e le specificità territoriali. Bisogna cominciare dall’economia, dalla struttura reale che regge il nostro Paese: dal popolo dei piccoli e medi imprenditori, dei produttori e dei liberi professionisti, delle partite Iva. Questo popolo non chiede allo Stato sussidi o assistenza, ma di essere messo in condizione di lavorare e produrre, senza intralci, senza vessazioni, con una fiscalità non punitiva come quella attuale. Ci proponiamo di realizzare il nostro progetto di flat tax, in linea con le pratiche virtuose di detassazione di altri Paesi’’.
Insomma, una botta al cerchio e una alla botte, allisciando le tentazioni autonomiste mai sopite dei presidenti di Friuli, Veneto e Lombardia (non è dato sapere se il PD Bonaccini intenda pure lui insistere sui progetti di autonomia differenziata), governate tutte e tre dal centrodestra (due dalle Lega in prima persona). Del resto quegli sciagurati progetti, rintanati per la pandemia, sono riapparsi nelle settimane scorse e il solerte Salvini non ha nulla di meglio che rifarsi paladino del nord operoso e virtuoso che non vuole dare da mangiare al sud inoperoso e sonnacchioso, facendo cosi’ cadere dolcemente il suo piano A. Alla faccia di chi in questo Sud gli ha pure creduto e dato i voti!
Filippo Veltri