Il libro di Miki Del Prete, il paroliere di Celentano, dal titolo “Il mio amico per la pelle” è stato prodotto dalla Hiqu Music, di Domenico Panetta, casa editrice cauloniese.
«Il ragazzo della via Gluck», «La coppia più bella del mondo», «Chi non lavora non fa l’amore». Dietro alcuni dei successi più famosi di Adriano Celentano, c’è anche la mano di un ottantottenne esuberante e ancora pieno di vita, già paroliere, produttore, impresario. Si chiama Miki Del Prete e, ancora prima di tutte queste etichette, ci tiene a definirsi «amico di Adriano».
Lo ripeterà almeno venti volte in questa conversazione avvenuta a Milano, pochi giorni prima dell’uscita del suo libro, scritto con Roberto Allegri. Il titolo, manco a dirlo, è «Il mio amico per la pelle», edito da Orangle Records e Hi-QU Music.
Perché ha aspettato così tanto prima di pubblicare questo diario dei ricordi di un’amicizia?
«È pronto da più di dieci anni. Solo che nel 2014 è uscito “Due guerrieri innamorati”, la storia di Celentano e Mori, scritto proprio da Claudia e non volevo sovrappormi».
Comuni origini pugliesi, poi le famiglie che si trasferiscono a Milano. Come vi siete conosciuti con Adriano?
«Dopo la guerra si aveva voglia di musica, di danza. A Milano andavamo al Santa Tecla, quello che lanciò anche Jannacci e Gaber quando erano un duo. Una sera, era il 1956, vidi questo ragazzo che cantava “Rock around the clock” e ballava con un fuoco speciale negli occhi».
Celentano introdusse un modo di cantare che coinvolgeva tutto il corpo, con movimenti fluidi e sempre più veloci. Era questo che colpiva?
«Mi ricordava Jerry Lewis, utilizzava un linguaggio nuovissimo sul palco. Ci presentarono e diventammo subito amici».
C’è una data precisa, il 18 maggio 1957: il Palazzo del Ghiaccio di Milano ospitò il primo «Festival italiano di rock’n’ roll».
«Una sciagura per gli organizzatori: cinquemila persone bloccate all’esterno che chiedevano di entrare, vandalismi, caos, arrivarono le camionette della polizia. Ma Adriano salì sul palco e cominciò a scrivere la storia. Il giorno dopo, Natalia Aspesi su La Notte scrisse: “Adriano Celentano & His Rock Boys hanno avuto il sopravvento sull’urlo della folla”».
Fu in quella occasione che cominciarono a chiamarlo «Il Molleggiato»?
«Sì, ma per un equivoco curioso. Quella sera avrebbe dovuto esibirsi anche Jack La Cayenne, un ballerino che faceva un numero intitolato “Torquato il Molleggiato”. Il punto fu che nemmeno lui riuscì a entrare, ma rimase la locandina fuori. Quando la gente vide Adriano che ballava come un… Molleggiato, unì le due cose».
Nel 1966, sempre a Milano, una serata epica al teatro Smeraldo. Che cosa ricorda?
«Un successo clamoroso. Anche qui il tutto esaurito aveva spinto migliaia di giovani alla ressa, la vetrina del teatro andò in frantumi. Adriano risvegliava un’energia che nell’Italia moderna non si era mai vista prima».
Come nacque la canzone «Impazzivo per te»?
«Andai a trovarlo a casa sua, lo trovai con la chitarra in mano sul divano che provava qualche accordo. Mi inserii immediatamente canticchiando “Mai…mai… mai…” E subito dopo: “Mai più t’amerò così tanto per tutta la vita…”. Adriano alzò gli occhi, colpito e disse: “Miki! È forte!”».
Nel frattempo, l’amicizia si rinsaldava?
«Io gli sono sempre stato amico, anche se nel Clan — più che un’etichetta discografica una comune di artisti — non tutti mi hanno sempre voluto bene. Ma non ho scritto questo libro per accusare nessuno, l’ho scritto per ribadire che io ero e resto molto vicino a Adriano».
Lei ha fatto da testimone di nozze al matrimonio con Claudia Mori.
«Testimone della sposa, per la precisione».
Non solo. Dopo che lei ha sposato l’attrice Liana Massaro siete andati a vivere vicino a Adriano.
«Fu lui stesso a chiedermelo. Lui e Claudia erano andati a vivere nel quartiere Maggiolina, una piccola palazzina elegante. Al secondo piano viveva lui, al terzo c’era Davide Caremoli, l’inventore delle caramelle Golia. Io e mia moglie ci trasferimmo lì e ogni tanto Adriano mi chiamava per una partita a poker. Ma è passato tanto tempo, poi le cose sono cambiate, io sono uscito dal Clan e mi sono messo a fare altro».
Quand’è stata l’ultima volta che vi siete visti?
«Alla fine del 2019, quando — come consuetudine da anni — ci siamo incontrati per farci gli auguri di Natale a Palazzo Parigi. Poi c’è stato il Covid e da allora io non l’ho più visto. Ci siamo sentiti per telefono, ma tante volte è Claudia che prende le telefonate. Qualche volta vedo i suoi figli, sono loro legato. Mi piacerebbe frequentare Adriano più spesso. Ho scritto questo libro anche per dirgli, semplicemente, questo».