Gran pasticcio dentro la maggioranza di Governo e dentro il Governo della Meloni su DDL Calderoli. Fratelli d’Italia e Lega ai ferri corti dopo il parere della commissione d’esperti del Senato, prima pubblicato e poi scomparso, denso di critiche e di osservazioni, ma anche dentro la Lega non si scherza!
Evidentemente, infatti, Calderoli e Giorgetti, entrambi ministri dello stesso Governo di centrodestra ed entrambi della Lega, non si parlano, né si scambiano le carte.
Calderoli, infatti, ha confezionato una proposta di legge sull’autonomia regionale differenziata che dice esattamente il contrario di quanto sostenuto da Giorgetti, perché prevede che i nuovi poteri della regione siano stabiliti da un patto a due, tra il governo e la regione interessata e le altre verranno al massimo informate.
Tanto è vero che il Parlamento sul patto tra governo e singola regione potrà esprimere solo un parere, probabilmente delle commissioni, di cui il governo potrà tenere conto, oppure no. Di più, Calderoli per forzare i tempi ha previsto che le osservazioni dei Ministeri sulle materie oggetto dell’intesa a due arrivino entro 30/45 giorni, pena le sue dimissioni addirittura dalla politica! Il ministro dell’Economia Giorgetti, forse per la prima volta nella storia dei governi, non solo non è il garante/controllore degli aspetti finanziari del procedimento ma ha solo 30 giorni, come gli altri ministri, per rispondere. In altre parole non gli è riconosciuto il potere di fermare o correggere le decisioni del patto a due per garantire i conti pubblici. Se i ministri non rispondono entro i 30 giorni previsti Calderoli pretende il mandato a procedere comunque: questo afferma la sua proposta di legge.
Calderoli è l’unico firmatario della proposta di legge del governo, non figurano né la Presidente Meloni, né tanto meno il Ministro dell’Economia come avviene di solito.
Sembra una presa di distanza, ma segnala anche un atteggiamento remissivo verso le pretese di Calderoli e dei presidenti delle Regioni, forse per rinviare lo scontro a tempi migliori. Non si capisce come si possa imporre ai ministeri e soprattutto al MEF un tempo oltre il quale Calderoli procederebbe comunque. Basta pensare alla Ragioneria generale dello Stato che ha l’obbligo di garantire il rispetto dei conti pubblici, approvati dal Parlamento, e questo non c’è nella proposta Calderoli. Solo quando tutto sarà stato deciso da Calderoli e dalla regione interessata il parlamento sarà chiamato ad approvare la legge che deve dare valore al patto a due, tra Ministro e Regione.
Calderoli ha, dunque, forzato la mano decidendo tutto da solo, accentrando poteri, con una colpevole sottovalutazione degli altri ministri e soprattutto della Presidente del Consiglio. Certo la premier firmerà i Dpcm sui Lep, i livelli essenziali di prestazione, perché è già previsto dalla legge, per il resto tutto è nelle mani del ministro Calderoli. I Lep non possono essere affidati ad una commissione a due che poi passerà al governo le sue proposte, le quali verranno trasposte nei Dpcm. Questo è un altro passaggio che impedirà di controllare la qualità dei servizi garantiti ai cittadini e non è questione tecnica ma una scelta politica.
Prima o poi la bolla scoppierà. Giorgetti, che ripetiamo è leghista come Calderoli, afferma pubblicamente che un patto a due non può superare Costituzione e Parlamento e ha ragione, per questo bisogna cambiare la proposta Calderoli portando il Parlamento a decidere su tutti i passaggi di fondo sull’autonomia regionale differenziata, iniziando con l’eliminazione del patto a due, governo/regione, che è il vero motore di tutto il percorso.
La legge deve essere il motore, non un patto tra due esecutivi. Altrimenti Calderoli e il presidente della Regione interessata sceglieranno insieme i poteri da decentrare tenendo all’oscuro il Parlamento fino a quando sarà messo di fronte al fatto compiuto e verrà costretto a votare a favore con il voto di fiducia.
Il tentativo è di tenere tutto il percorso sull’autonomia differenziata sotto controllo leghista, imponendo alla stessa maggioranza le scelte. Calderoli ha preparato una sorta di “supermercato” con il compito di offrire alle regioni interessate fino a 500 funzioni, senza che il Governo precisi fin dall’inizio quali è disposto a decentrare e quali no, facendo intendere che lo possono essere tutte.
Eppure, dei ministri hanno già fatto presente che non sono disposti a concedere poteri, ad esempio nella scuola e nei beni culturali. Perfino Confindustria è preoccupata che si creino nuove barriere all’attività delle imprese, creando differenze tra le regioni che renderebbero più difficile l’attività economica.
Per ora Calderoli continua imperterrito sulla sua strada, ma il ministro Giorgetti e la presidente del Consiglio, e con loro la maggioranza, prima o poi dovranno pronunciarsi sul merito delle scelte. Finora hanno finto di non vedere e hanno lasciato fare, fino a quando potrà andare avanti senza compromettere l’unità di diritti fondamentali e dell’attività economica del nostro paese?
Intanto una buona notizia. Le firme raccolte in calce alla legge di iniziativa popolare promossa dal Coordinamento per la Democrazia costituzionale e dai sindacati della scuola per cambiare gli attuali articoli 116.3 e 117 della Costituzione, che Calderoli usa strumentalmente per le sue scelte per aiutare la “secessione dei ricchi”, sono oltre il traguardo delle 50.000 firme, il risultato finale sarà tra 60 e 70.00. La proposta di legge arriverà al Senato mentre ancora si discuterà la proposta del governo sull’Autonomia regionale differenziata e grazie al consenso che ha avuto potrà influenzare una discussione fin troppo sottovalutata. Esistono dunque le condizioni per una ferma battaglia parlamentare per bloccare chi vuole oggi dividere quello che prima il Risorgimento e poi la Resistenza hanno unito: l’Italia.