Feltri raggiunge San Luca 35 anni fa. Quello ch’è certo è il fatto che Feltri non indaga, non cerca di penetrare nell’anima del paese, di cogliere la mortificazione e lo strazio delle persone oneste e perbene, di comprendere le ragioni vere della forza della ndrangheta e il perché dell’impotenza o della complicità di tanta parte dello Stato.
“Il Giornale” di lunedì 17 marzo scorso ripubblica un Reportage da San Luca (RC) di Vittorio Feltri. L’ho riletto con grande attenzione per capire cosa ci sia di tanto interessante in un articolo del 21 ottobre del 1989 per riproporlo oggi selezionandolo come un capolavoro del giornalismo di inchiesta.
Feltri raggiunge San Luca 35 anni fa, a distanza di 15 anni da una disastrosa alluvione e nella stagione dei sequestri di persona ad opera della ndrangheta che scrive in quegli anni le pagine più infami tra le tante della sua storia più brutta. La forestazione, antica rivendicazione dei calabresi, di rimboschire le montagne, degenera anche per le infiltrazioni dei malavitosi coperti dalla mala politica e da settori del sindacato.
Lo Stato appare impotente: la madre del giovane Cesare Casella sequestrato in Aspromonte, si incatena nelle piazze dei paesi della Locride costringendo lo Stato a scuotersi, almeno in quella circostanza, dal torpore e dalle complicità.
I media nazionali sparano a zero contro i calabresi e solo perché tali.
La Lega Nord farà la sua fortuna elettorale sull’onda dei servizi televisivi, e di reportage come quello di Feltri, che creano il diffuso sentimento antimeridionale di quegli anni. La vittima diventa carnefice, mentre la rabbia popolare viene placata gettando in pasto un nemico, i meridionali, che hanno in quegli anni la stessa funzione che oggi hanno gli immigrati.
In un tale contesto Vittorio Feltri “scende” a San Luca. Un viaggio lampo che dura poche ore ma sufficienti per un giornalista del suo calibro per capire tutto: storia, letteratura, tradizioni, economia, politica e criminalità nel paese di Corrado Alvaro. Gli basta una semplice passeggiata nella strada principale, una chiacchierata in caserma e una birra al bar.
L’inchiesta è travolgente! il pensiero di Feltri penetrante e il suo fiuto ai limiti del medium. Ancor prima di arrivare, San Luca vista da lontano, più che un paese gli appare come una brutta “piaga” sui fianchi della montagna. Con una tale predisposizione “spirituale, osserva le case fatte a caso e non finite; le donne primitive che si siedono a circolo intorno alle loro abitazioni e già fiutando l’odore di verdure cotte che proviene dalle case brutte il giornalista d’inchiesta intuisce che a San Luca non sanno cucinare.
Poi entra nel bar e ordina una birra fresca e scopre nientedimeno, e Dio ce ne scampi, che il cameriere non sa versare la birra nel bicchiere e con orrore ricorda la schiuma che trabocca sul tavolo. Uscendo vede quelli che sembrano negozi di generi alimentari ma che in realtà sono covi di ladri o almeno così gli viene detto e Lui non ha bisogno di altri riscontri. Con un tale acume non gli può sfuggire il fatto che per i cittadini di San Luca le abitazioni in mattoni in fondo vanno bene così come sono…. tanto gli abitanti sono così arretrati da non aver bisogno di un vero bagno.
Feltri passa dinanzi al Comune ma non sente la necessità di parlare con gli amministratori che, per giunta, sono comunisti e quindi senz’altro complici dei fuorilegge con cui stanno tramando nientedimeno di applicare il condono edilizio (votato dal Parlamento) in cambio di poche lire.
Per il resto c’è poco da dire: i santulucoti sono tutti imparentanti tra di loro, quindi tutti complici dei sequestri e tutti corrieri di droga. Come Dio per Gomorra, Feltri sentenzia che per San Luca non ci può essere salvezza.
L’unico sollievo per Feltri è pensare che tra qualche minuto lascerà un tale posto infernale per non far più ritorno.
Dov’è l’inchiesta?
Eppure nella San Luca di quegli anni ci sarebbe stato tanto da scoprire. Per esempio perché, dopo la riunione segreta di tutte cosche a Montalto in territorio di San Luca, i servizi deviati- e non solo- hanno dato copertura alla ndrangheta? Perché la forestazione viene affidata alla gestione dei capi mafia e perché un magistrato che, in quegli anni, fa sequestrare i faldoni relativi alla forestazione li lascia poi chiusi ad ammuffire?
Perché il coraggio di Mamma Casella metterà in momentanea crisi lo Stato costringendolo ad agire? Perché dopo la devastante alluvione del 1973 non è stato varato un piano di ricostruzione del paese lasciando ai cittadini di San Luca il compito di farsi una casa così come potevano e sapevano. Perché si mettono bombe contro il sindaco, unico livello dello Stato a contrastare seriamente la mafia? Perché si spara contro la sezione comunista? Perché un paese che vent’anni prima aveva gridato al mondo di non voler morire, viene lasciato solo a vivere la fase più tormentata della sua esistenza. E, oggi guardando all’indietro, nella redazione de “Il Giornale”, prima di ripubblicare l’articolo di Feltri, avrebbero dovuto domandarsi come mai, partendo dal 1989 e dopo le cento retate a strascico. la ndrangheta è diventata l’organizzazione più forte d’Europa. E infine perché San Luca è diventato un paese dove la gente non va votare, i consigli comunali vengono sistematicamente sciolti, la democrazia sospesa, i sindaci arrestati…ma la ndrangheta è sempre più forte. Se ci fosse stato un giornalismo veramente libero e capace di fare vere inchieste non saremmo arrivati al punto in cui siamo.
Quello ch’è certo è il fatto che Feltri non indaga, non cerca di penetrare nell’anima del paese, di cogliere la mortificazione e lo strazio delle persone oneste e perbene, di comprendere le ragioni vere della forza della ndrangheta e il perché dell’impotenza o della complicità di tanta parte dello Stato. Feltri non ha bisogno di parlare con la gente. Non ha bisogno di niente e nessuno e meno ancora di coloro che la ndrangheta la stavano combattendo in quel momento a mani nude e sul campo.
Lungi da me l’idea di giudicare Feltri ma a distanza di 35 anni quell’articolo appare per ciò che è stato: spazzatura raccolta e messa nel ventilatore per un disegno politico di rimozione della questione meridionale. Si potrebbe pure perdonare il giornalista per averlo scritto ma non il Giornale per averlo riproposto, a 35 anni di distanza, come un capolavoro.