Viviamo in un mondo esageratamente esposto e pubblico, che niente perdona a nessuno. Errori di pronuncia, attimi di défaillance, scelte e opinioni magari espresse anni prima e poi, umanamente, cambiate. Ciò produce in tutti noi la necessità di essere perfetti per non essere attaccabili e di essere conformi per non essere difformi. È duro stare dall’altra parte della risata.
Mario Alberti
Prendo spunto dall’intervento del consigliere comunale reggino Latella, che non conosco. Il consigliere comunale, nel suo intervento nell’ambito di una seduta di consiglio, ha sciorinato diverse gaffe. Qualcuno lo ha ripreso con lo smartphone e successivamente diffuso il video. Come una freccia dall’alto scocca corre veloce di bocca in bocca. Ma ai tempi di Bocca di Rosa non ci stavano i cellulari, che sono macchine fotografiche, che sono videocamere e che ogni tanto telefonano. Ecco, la prima reazione è certamente di ridere alle performance lessicali del consigliere. Ammetto, anch’io ho sorriso. Poi, però, quasi subito, ho sentito un sapore di fiele, un amaro retrogusto da fegato affaticato. Subito mi sono tornati alle mente le numerose vicende, imbarazzanti, che nella vita mi sono trovato a vivere. Pensai alla volta che in un convegno pubblico che moderavo chiesi al relatore di essere breve e circonciso. Che vergogna! Ma nessuno riprendeva col Nokia 3310. Non si seppe nulla. Andando indietro nel tempo passato ricordo quando da bambino caddi dalla sedia, in classe, davanti a tutti i compagni. E loro ridevano. Ed io per terra, umiliato. Ma dopo un’ora tutto veniva sepolto dalla dimenticanza. Si inoltrava oblio, nei tempi precedenti. E si, pensiamoci. È duro stare dall’altra parte della risata. Viviamo in un mondo esageratamente esposto e pubblico, che niente perdona a nessuno. Errori di pronuncia, attimi di défaillance, scelte e opinioni magari espresse anni prima e poi, umanamente, cambiate. Ciò produce in tutti noi la necessità di essere perfetti per non essere attaccabili e di essere conformi per non essere difformi. L’errore diventa patologia incurabile e soprattutto, imperdonabile. Per fortuna, o per disgrazia, sugli scudi si sta ben poco, perché questa crudele massa osservante, e “inoltrante”, si sposta subito verso altri obiettivi. Ma in termini generali, qualcuno viene sempre affondato. Eppure, in anni recenti, avevamo promesso fratellanza e reciproco sostegno. Ma non è andata così e, senza dubbio, c’è un virus resistente che attacca la memoria e le impedisce di trasformarsi in esperienza. Nel frattempo, massima solidarietà al consigliere Giovanni Latella, ed a tutti gli inoltrati del mondo disattento alle ferite altrui. D’altronde, lo dice anche Camus nel suo Caligola, quando scrive, più o meno, che l’unico errore che fa l’uomo è causare sofferenza all’altro. Camus sa come si esiste. Esistiamo come lui.