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venerdì, Novembre 22, 2024
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Il caso Oliverio

Mario Oliverio, già presidente della Regione Calabria, ed esponente di primo piano del Pd nazionale e regionale, è stato assolto dell’accusa di peculato perché “il fatto non sussiste”. A scanso di equivoci ribadiamo: criticare, anche aspramente, il governo Oliverio sarebbe stato del tutto legittimo, chiedere la sua sostituzione un fatto del tutto normale, non votarlo una decisione democratica. Il problema è chi avrebbe dovuto decidere i nomi dei candidati. Ed una cosa è certa: a scegliere il presidente della Regione non può essere di fatto la procura della Repubblica. È evidente che in prossimità delle penultime elezioni regionali fu impedito ai calabresi di decidere chi avrebbe dovuto rappresentare il PD e, di conseguenza, tra quali candidati scegliere il proprio Presidente.

Mario Oliverio, già presidente della Regione Calabria ed esponente di primo piano del Pd nazionale e regionale, è stato assolto dell’accusa di peculato perché “il fatto non sussiste”.

Se ci fosse realmente il Partito democratico dovrebbe chiedere scusa, non tanto ad Oliverio quanto agli elettori *democratici” per la codardia che, nel 2018, il Pd ha dimostrato nei confronti della Procura di Catanzaro.

È evidente che in prossimità delle penultime elezioni regionali fu impedito ai calabresi di decidere chi avrebbe dovuto rappresentare il PD e, di conseguenza, tra quali candidati scegliere il proprio Presidente.

Al loro posto hanno deciso oscuri burocrati.

La democrazia è stata mera finzione.

A scanso di equivoci ribadiamo: criticare, anche aspramente, il governo Oliverio sarebbe stato del tutto legittimo, chiedere la sua sostituzione un fatto del tutto normale.

Non votarlo una decisione democratica.

Il problema è chi avrebbe dovuto decidere i nomi dei candidati, ed una cosa è certa a scegliere il presidente della Regione non può essere di fatto la procura della Repubblica.

Non è questo il suo ruolo.

Siamo partiti dicendo che pochi giorni fa Oliverio è stato assolto, ma la procura di Catanzaro aveva chiesto 4 anni di carcere.  Già nel processo “Lande desolate” l’ex presidente, dopo 4 mesi e mezzo di confino politico nelle montagne della Sila, veniva assolto, perché le indagini risultavano marcatamente viziate, in quanto gravate da un chiaro “pregiudizio accusatorio”. (motivazioni della Cassazione)

Entrambi i processi erano stati avviati a ridosso delle elezioni regionali del 2020,

quando Oliverio è stato al centro d’un fuoco incrociato tra l’opposizione di centro destra e il Pd retto da un commissario che, in nome delle inchieste aperte dalla procura di Catanzaro, ha chiesto e ottenuto che il presidente uscente non venisse ricandidato.

Ed infatti non fu candidato. Al posto di Oliverio il “PD” (si fa per dire) ha scelto Pippo Callipo, già sostenitore del centro-destra e che ritroveremo pochi giorni dopo l’investitura, precisamente il 18 febbraio 2018, a manifestare solidarietà e vicinanza al dottor Gratteri, perché le sue inchieste avrebbero avuto poco spazio sui giornali e in televisione (sic).

Alla manifestazione di Catanzaro aveva aderito legittimamente anche la candidata ufficiale del centro-destra.

Divisi su tutto, ma uniti sul sostegno a Gratteri.

Cosa avrebbero scritto i grandi giornali italiani se ciò fosse successo nella Russia di Putin, in Egitto o in Turchia?

Il caso Oliverio, sotto alcuni aspetti, non è meno grave di quello a Patrick Zaki.

Ma è successo in Calabria e “hic sunt leones”, quindi ogni discussione sarebbe stata inutile.

L’intervento della magistratura, amplificato oltre modo dalla stampa, ha cambiato la storia politica della Calabria nel cupo silenzio dei grandi giornali, della quasi totalità degli intellettuali e degli “operatori di giustizia”.

Pochi giorni fa, abbiamo preso consapevolezza della gravità di un decreto legge di sapore liberticida, votato dal governo Meloni per fronteggiare i rave party.

Alcuni, soprattutto a Sinistra, secondo me giustamente, hanno invocato le “barricate” contro il decreto. Ma l’attuale governo non ha viaggiato su un vagone piombato.

È il frutto del progressivo sputtanamento della democrazia, del continuo cedere ai poteri non democratici, dell’assoluta subalternità della politica ai Pm. Tutto ciò ha aperto la strada alla svolta autoritaria in atto.

A furia di invocare ordine e disciplina (per gli altri) la gente s’è convinta che si può  anche sacrificare la Costituzione e così, quando si prende la china giustizialista, è del tutto naturale che si possa arrivare in poco tempo sulla sponda turca.

In Calabria ci siamo già.

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