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giovedì, Gennaio 9, 2025
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Il caso Cecilia Sala: dall’arresto alla liberazione

La giornalista italiana Cecilia Sala è tornata a casa! È atterrata ieri all’aeroporto di Ciampino con un aereo partito da Teheran in Iran dove ha passato le ultime tre settimane, in una cella di isolamento e in condizioni durissime nella prigione di Evin. Tra fatti, retroscena e indiscrezioni, la diplomazia e il governo italiano hanno lavorato per riportare la giornalista in patria. Nonostante la liberazione di Sala però, la vicenda potrebbe ancora non essersi conclusa.

È tornata a casa Cecilia Sala! 

Finalmente, dopo 21 giorni di prigionia in Iran è stata rilasciata e ieri, nella giornata dell’ 8 gennaio è atterrata all’aeroporto di Ciampino. La prima foto la ritrae mentre scende dall’aereo e abbraccia il suo compagno e collega, Daniele Raineri, giornalista del Post. Il suo primo post su Instagram è proprio dedicato a lui «Ho la fotografia più bella della mia vita» ma anche a chi ancora è rinchiuso nella prigione di Evin, «il cuore è pieno di gratitudine, e in testa quelli che alzando lo sguardo non possono ancora vedere il cielo», ha scritto Sala. «Non ho mai pensato, in questi 21 giorni, che sarei stata a casa oggi. Grazie». Sala sta bene, nonostante sia provata dalle ultime 3 settimane. Ad accoglierla a Ciampino c’erano Raineri, i genitori, il Sindaco di Roma Roberto Gualtieri, il Ministro degli Esteri Antonio Tajani e la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni.

Cecilia Sala

Sala ha 29 anni e nonostante la sua giovanissima età ha già una lunga carriera: oltre ad essere una delle penne del Foglio e del Post, collabora anche con Wired, Vanity Fair , Will Media e L’Espresso. Nel suo lavoro Sala si è sempre occupata di teatri di guerra in Medio Oriente e America Latina, raccontando di persona e in loco, le vicende e gli scenari politici e sociali della vita di moltissimi giovani. Da anni è una delle giornaliste più seguite sulle piattaforme social e su Spotify con Chora media, dove è autrice e voce del noto podcast Stories. Sala si trovava a Teheran per lavorare con regolare visto giornalistico, sull’ultimo episodio del podcast di Stories, pubblicato il 16 dicembre, in cui racconta dell’Iran e di giovani iraniani, con un particolare accento alla condizione femminile: “Una conversazione sul patriarcato a Teheran.” In questo racconto, Cecilia Sala esplora la nuova legge sull’hijab attraverso un dialogo con Diba, una giovane iraniana di 21 anni.

Il Caso

Il 19 dicembre si trovava ancora a Teheran quando poco prima di imbarcarsi in aeroporto per tornare a casa, Cecilia Sala è stata fermata, arrestata e condotta in una delle carceri più dure della capitale iraniana, ovvero la prigione di Evin. La prigione è tristemente nota perché è il luogo in cui il regime iraniano detiene i dissidenti e i ribelli del governo di Teheran. Ufficialmente le autorità iraniane non avevano accusato Sala di nessun reato, hanno solo dichiarato che era stata arrestata per «aver violato le leggi della Repubblica islamica». È stata detenuta per 21 giorni nella prigione di Evin. Durante questi giorni, di feste natalizie per altro, la Farnesina e l’intelligence italiana hanno invitato alla massima discrezione possibile la stampa per agevolare una veloce e positiva risoluzione della vicenda. L’Ambasciatrice Italiana a Teheran Paola Amadei era stata la prima a vedere Cecilia Sala nella prigione di Evin. I contatti di Sala con l’esterno della prigione sono stati quasi nulli, Sala ha potuto contattare Raineri, il compagno, con una chiamata e con un’altra telefonata alla madre, ha rassicurato il suo status di salute affrettando i tempi del suo rilascio per rendere conto del suo status «sto bene ma fate presto» aveva detto.

Il ruolo di Abedini Najafabadi 

La diplomazia dei detenuti è stato il gioco del governo iraniano. L’Iran non ha mai formalizzato un accusa contro Cecilia Sala ma il gioco del governo di Teheran è stato sin da subito uno scambio di prigionieri. Mohammed Abedini-Najafabani è un ingegnere iraniano esperto di droni che gli Stati Uniti hanno chiesto all’Italia di estradare in America perché accusato di associazione a delinquere, violazione delle leggi sull’esportazioni e supporto ad un’organizzazione terroristica, ovvero i pasdaran dei guardiani della rivoluzione. 

Cosa ha fatto il governo italiano 

Che la via d’uscita fosse il diniego dell’estradizione di Abedini chiesta dagli Usa è stato chiaro fin dai primi contatti tra servizi segreti. Il ruolo della diplomazia italiana è stato fondamentale. Il 2 gennaio, circa due settimane dopo l’arresto, il governo si è riunito per fare il punto della situazione. Durante la riunione, a cui hanno partecipato oltre a Meloni, Tajani e Mantovano, anche il Ministro della Giustizia Carlo Nordio e il Consigliere Diplomatico della Presidente, Fabrizio Saggio, il governo ha ribadito «massimo impegno presso le autorità iraniane per l’immediata liberazione di Cecilia Sala, e, in attesa di essa, per un trattamento rispettoso della dignità umana».

Uno scossone che ha contribuito all’accelerazione delle trattative è stata la presa in carico direttamente dalla premier Giorgia Meloni che ha riunito i ministri competenti e i vertici dei servizi segreti, i quali a loro volta hanno intensificato contatti e attività. La Presidente Meloni ha incontrato in una visita lampo il prossimo Presidente Donald Trump nella sua residenza di Mar-A-Lago lo scorso 4 gennaio per discutere di una serie di temi, tra cui, secondo fonti stampa, quello della giornalista italiana. Resta tuttavia da capire cosa ha garantito l’Italia all’Iran (e agli Stati Uniti) nel corso dei negoziati. L’Italia comunque è entrata in possesso del materiale informatico sequestrato ad Abedini al momento dell’arresto, al quale gli Usa si sono molto interessati e di qualche altra promessa che forse si scoprirà in seguito. O forse no. Tra fatti, retroscena e indiscrezioni, nonostante la liberazione della giornalista, la vicenda potrebbe ancora non essersi conclusa.

Una cosa è certa, Cecilia è tornata a casa finalmente!

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