Giulio Andreotti -dico, Giulio Andreotti!- aveva delle idee tutte sue, su molte questioni, persino l’utilizzo degli addetti stampa -da lui ribattezzati (e sapientemente istruiti) ‘portasilenzi’- ed infatti ne aveva ben due: Stefano Andreani (scomparso prematuramente e che ricordo con tenero affetto) e Pio Mastrobuoni -da me poco frequentato- il quale era cresciuto professionalmente, ovviamente, come giornalista, con un gigante del calibro di Sergio Lepri, mitico Direttore dell’Ansa, a sua volta noto, tra i tanti meriti, per la composita frase”Giornalisti si nasce o si diventa?”;
poi, sempre Lepri, chiosava con il perentorio (seppur bonario!): “Certo, nessuno diventerà giornalista, per lo meno, buon giornalista, se gli manca curiosità di conoscere e capacità di analisi critica; ma il resto, la parte più importante della professionalità giornalistica, è nel patrimonio di cultura, di tecniche e di sensibilità che nasce dall’apprendimento, dallo studio e dalle letture”.
Per la verità, il grande Giulio, ne aveva un altro di portavoce, ma era discreto e al contempo efficacissimo, cioè il mio caro amico Luigi -Luigino, per noi intimi- Bisignani.
Intendiamoci, i tre costoro, erano fior di giornalisti professionisti -tra l’altro Luigino fece lo scoop mondiale di annunciare, attraverso l’Agenzia di Stampa presso la quale lavorava all’epoca, ovvero l’ANSA -ovviamente diretta dal succitato Sergio Lepri- la morte improvvisa di Papa Montini (carissimo amico di mio nonno e fratello di Ludovico, senatore DC, quindi collega e altrettanto amico, sempre del nonno) ed in seguito, il Papa menzionato -nonché vero fondatore della Democrazia Cristiana- fu canonizzato come S.Paolo VI°.
Stefano Andreani e Pio Mastrobuoni, invece, gestirono, al meglio i controversi ed ‘elettrizzanti’ rapporti tra il ‘Divo’ e Francesco Cossiga (l’uno Presidente del Consiglio, nel suo settimo e ultimo governo, mentre l’altro Capo dello Stato, nelle vesti di ‘picconarore’, per poi così passare alla storia), ma per dirla fino in fondo -ed anche per onore al merito e rispetto della verità!- il duo Mastrobuoni/Andreani, ebbe un sodale eccezionale, nel dirimere il trafficato (perché complicato) ingorgo comunicativo.
Difatti, alfine di meglio ‘addolcire’, la comunicazione tra i due Presidenti, che, ad esser onesti era (nel tempo coevo e di specie) un’incomunicabilità quasi metodologica e ‘proceduralistituzionale’, gli ‘sherpa giulieschi’, cooperavano bene, con il Capo Ufficio Stampa del Quirinale cossighiano, cioè l’Ambasciatore Ludovico Ortona.
Quest’ultimo -anch’egli, persona di garbo, con il quale, ho pure avuto una certa pratica, poiché Cossiga mi ‘inviava’ spesso da lui (soprattutto durante la fase costituente dell’UDR)- era (ed è) un fior di diplomatico, oltre che un uomo capace di reggere i ritmi di Francesco, perché, notoriamente, proprio l’ex Presidente della Repubblica -a proposito, sapessi quanto mi manchi, eccome!- non fu un uomo che badasse molto agli orari, per cui, anche gli altri si dovevano adeguare e io lo trovo giusto: così mi hanno abituato -eminenti statisti con i quali sono cresciuto- e in tal modo mi regolo e faccio regolare gli altrui soggetti…altrimenti, peggio per loro e in proseguio, capirete!
In verità, ho anche conosciuto bene -e con coloro che sono ancora viventi, rimango buon amico!- altri ‘addetti stampa’, i quali mi hanno regalato preziosi consigli ed io, da par mio, li ho sempre ‘ripagati’ con sincera riconoscenza e puntualissima affidabilità, al netto, ovviamente, dell’affetto che provavo e che provo, nei confronti di ciascuno di questi giganti.
Essi, infatti, rappresentano un summa eccelsa, non certo alla pari dei ‘neofitelli’ attuali, i quali loro tapini, si dividono tra incarichi di personalità istituzionali -anche locali e in qualche caso sono amici di infanzia a cui voglio bene- e le redazioni giornalistiche, alcune delle quali, a me carissime, dove lavorano loro colleghi assolutamente inappuntabili -al punto di essere simili ad un altro mio amico qual’è Tomaso Labate del Corriere (e ad assomigliargli, fisicamente, in maniera impressionante)- e, sempre tali redazioni a me care, sono dirette, magistralmente, da altrettanto care amiche, nonché impareggiabili professioniste.
Tra gli storici ‘attachés de presse’ (sarebbe addetti stampa, in francese), con cui ho avuto e ho amicizia, dimestichezza, intimità e frequentazione, ricordo pure Clemente Mastella e Giuseppe -Peppe- Sangiorgi, per Ciriaco De Mita; Giampaolo Cresci -più volte Direttore de ‘Il Tempo’ e in seguito Amministratore Delegato della SIPRA (cioè la concessionaria pubblicitaria della RAI)- per Amintore Fanfani; Enzo Carra -redattore politico de ‘Il Tempo’, il quale poi divenne deputato per tre legislature e fino al 2013 restò in Parlamento- per Arnaldo Forlani, ed infine Antonio Tajani (fino al 1994 capo della redazione romana de ‘Il Giornale’, europarlamentare proprio da quell’anno, già Vicepresidente della Commissione Europea, ex Presidente del Parlamento di Strasburgo e Coordinatore Nazionale, in atto, di Forza Italia) che assieme a Jas Gavronsky (giornalista, scrittore, storico e plurimamente eurodeputato), diressero, congiuntamente l’Ufficio di Portavoce, per Silvio Berlusconi.
Tali premesse, a mo` di preambolo forlaniandonaccatteniano erano d’uopo e necessarie, pure se il mio carattere -solamente in apparenza- non rispecchia quello di Arnaldo o di Angelo Donato, bensì è configurabile con Gianni Prandini e Donato Veraldi, però è solo per stabilire il tracciato giusto ed evitare errori, che diventano disastri, poi assumono le fattezze dell’irreparabilita` di una slavina, così come gli sfoghi si trasformano in indiscrezioni e queste ultime finiscono, prima nei giornali e alla fine con il produrre scontri autentici.
Gli scontri, di converso, lambiscono chi non lavora o non lo fa bene, oppure nei crismi della precisione, giammai chi fa notare i giusti o veri errori dei non professionisti: io appartengo, credibilmente, alla categoria di chi stigmatizza le stupidaggini, commesse da improvvisati in cerca d’autore (sono cresciuto, per l’appunto, con Forlani, Fanfani, Cossiga, Andreotti, Colombo, De Mita e ad altri ancora).
Si sa, perciò, che ho amicizia per un Sindaco di una grande città italiana e di un capoluogo di regione e se per questo, per più di un Sindaco di realtà simile, ma con uno è in modo particolare, perciò scivolo via senza troppo indugiare, anche perché l’unica colpa -se colpa fosse e ai miei occhi di professionista, non solo di politica, lo è, eccome se lo è, ma si può sempre riparare!- perciò si accogliesse con attenzione il suggerimento, poiché ammetto di parlare a suocera, affinché nuora comprenda.
Per prima cosa, chi svolge duplice mansione -che ne so? Redattore di giornale e Addetto stampa di Sindaco (da Cantù a Cefalù, dal Pollino a Bovalino)- non osasse più e mai più, principalmente con il sottoscritto -il quale ha una pazienza infinita, ma non certo eterna!!!- a non dare seguito alle istruzioni impartite, lecitamente, dal suo stesso Direttore e da me, persino dimostrate in evidenza – benché io non avessi alcun obbligo a farlo- in quanto, sempre il presuntamente suddetto ‘sdoppiato’, qualora fosse un professionista serio, si rifacesse agli esempi che ho illustrato in incipit.
E men che mai, sempre lo ‘sdoppiato’ si permettesse di ricorrere alla ‘giustificatio’ (sarebbe giustificazione in latino) della sua eventuale giovane età, poiché chi lavora con zelo, non si aggrappa ad un esimente simile, soprattutto, se parliamo di cose serie, per scopi ancora più seri.
In ‘secundis’ (trattasi sempre di latino!), trovo insopportabile che chi opera nel campo dell’informazione non abbia decenza di essere reperibile (ovviamente, per eminenti incarichi afferenti il suo lavoro e quindi per il gioco di squadra politico-comune), in quanto è inaccettabile, tollerare qualcuno preposto a fare il suo dovere multicomprensivo (è costui, ad aver desiderato un doppio carico lavorativo) e -sempre lui- non risulti disponibile prima delle 9 a.m. (al consueto netto dalla lingua ciceroniana, è traducibile in ante meridiem, ovvero in vulgo quaesiti, dalle nove del mattino).
Il sottoscritto -come ben illustrato in precedenza e in ossequio, coerenza ed osservanza alle giuste abitudini assimilate con notori giganti- quando afferma tal ciò, sta dalla parte della ragione, financo supportato da un postulato apodittico e cioè di considerare la politica (e il giornalismo che ne è parte essenziale) una cosa seria, serissima, non certo come le pratiche da mercimonio parapostribolare, aduse ad una presunta ed ancorché improbabile infermiera meneghina, (con velleità da zarina e attiduni da discinta signorina): su questi punti -tutti quanti, ovvero la politica, la reperibilità e le circonlocuzioni delle discusse donzelle- è bene che ci si metta in testa, da parte di ciascuno, di trattarle quali cose serie, a cui non intendo derogare, né permetterò che lo facciano gli altri, chiunque esso (o essa) sia!
Ultima osservazione: nei luoghi istituzionali, quali sono i palazzi comunali (quindi, soprattutto le stanze di pertinenza di ogni Sindaco), si va abbigliati in modo consono e stile appropriato, non certo e ovviamente, alla stregua di terroristi o brigatisti, per di più di quint’ordine (manco quarto!), altrimenti, nei prossimi giorni, sempre a tutela di ossequio alla forma (ma ciò è sostanza), potrei incedere io personalmente, magari con i NAS, alfine di far valutare gli aspetti corporalsanitari, di un similtale, che alloca nei luoghi, laicamente sacri, del tempio delle municipalità.
Vincenzo Speziali