Al termine della lettura de “I Conquistatori”, di Francesco Perri, con un gesto istintivo, quasi fanciullesco, stringo il testo tra le braccia, socchiudo gli occhi e inizio a pensare… Nella mia mente fanno capolino in modo repentino, disordinato, forse anche inatteso una molteplicità di ricordi, emozioni, informazioni, storie. Rifletto sulle differenze e le similitudini tra presente e passato, un passato che sembra lontano e vicino al tempo stesso.
Al termine della lettura de “I Conquistatori” (Laruffa editore) di Francesco Perri, con un gesto istintivo, quasi fanciullesco, stringo il testo tra le braccia, socchiudo gli occhi e inizio a pensare…
Nella mia mente fanno capolino – in modo repentino, disordinato, forse anche inatteso una molteplicità di ricordi, emozioni, informazioni, storie. Rifletto sulle differenze e le similitudini tra presente e passato, un passato che sembra lontano e vicino al tempo stesso.
Mi torna in mente la dedica che, meglio di qualsiasi dotta prefazione, introduce “I fatti di Casignana”, straordinario romanzo di Mario La Cava: «A Francesco Perri, che con I Conquistatori del 1925, primo esempio di romanzo sui conflitti sociali in Italia, orientò decisamente le mie prime passioni civili».
Non poteva esserci apprezzamento migliore, più alto, più sentito. Francesco Perri dà alle stampe “I Conquistatori” con lo pseudonimo di Paolo Albatrelli, poiché i suoi articoli contro il regime, pubblicati su “La Voce Repubblicana” negli anni precedenti, lo avevano esposto alle minacce fasciste. Il romanzo, edito da “Libreria Politica Moderna”, riscontra subito un notevole successo e per questa ragione il regime costringe i librai a toglierlo dalla vendita. Molte copie vengono bruciate in piazza a Roma. L’Autore illustra con equilibrio, moderazione, garbo e grande finezza narrativa uno dei periodi più travagliati e torbidi della nostra storia nazionale, il biennio 1921 – 1922. Descrive con dovizia di particolari i luoghi, gli avvenimenti, le persone, i sentimenti, le passioni, e lo fa con la maestria dell’Artista: a tratti sembra quasi dipingere. Narrativa e poesia si cercano, si toccano, cedono volentieri il passo l’una all’altra. Il lettore viene condotto per mano dentro la storia, ne coglie il senso più ampio, ma anche i dettagli, comprende appieno gli stati d’animo dei personaggi, quasi li interiorizza. Francesco Perri insiste e si dilunga nella descrizione di ogni particolare. A un primo sommario giudizio questa scelta potrebbe sembrare tediosa, ma non è così: sono proprio i dettagli personali, sociali, storici e psicologici che favoriscono l’analisi e la piena comprensione degli accadimenti. Le doti linguistiche e intellettuali dell’Autore affiorano in ogni pagina, in ogni rigo, come la schiuma sulle onde del mare, il levar del sole, come i colori e le forme di un caleidoscopio senza fine. La narrazione, pur denunciando senza tentennamenti la violenza fascista nella Lomellina, è obiettiva e priva di condizionamenti ideologici. Francesco Perri, con onestà intellettuale, evidenzia – anche – le intemperanze del proletariato, così come gli eccessi verbali di un deputato socialista, e illustra con obiettività l’attaccamento al lavoro e lo spirito di sacrificio di uno dei protagonisti della storia, Siro Gorio, un contadino che grazie alla dura fatica nei campi diventa un ricco proprietario terriero, per poi sostenere il fascismo al fine di salvaguardare le sue ricchezze.
Ma il romanzo illustra con chiarezza e meticolosità il sostrato spirituale, assiologico e culturale che costituisce l’humus all’interno del quale si sviluppano le tensioni sociali che hanno favorito l’avvento del fascismo nella Lomellina e non solo. Gli interessi economici degli aristocratici, dei borghesi, dei fittabili e, più in generale, di tutte le persone che si sono arricchite durante la Prima Guerra Mondiale si cementano con gli interessi degli ex militari (graduati), abituati a vivere nella lussuria, nello squallore morale e spirituale, anche se privi dei necessari mezzi economici. Le esigenze di questo gruppo sociale, minoritario ma forte e senza scrupoli, si scontrano con le rivendicazioni dei contadini, i quali chiedono il rispetto delle promesse che li avevano spinti a imbracciare le armi per difendere la Patria durante la Grande Guerra. La richiesta di migliori condizioni di vita del proletariato, però, non è sostenuta dai poteri dello Stato, che appare sempre più incapace di garantire l’ordine, la sicurezza, la giustizia e pian piano, senza opporre resistenza, cede il passo alla violenza squadrista. Un libro che, nonostante stia per tagliare il traguardo dei cento anni, è ancora attuale, utile, istruttivo, emozionante. Un libro da custodire con cura in tutte le biblioteche, in tutte le case, in tutte le scuole.
Giuseppe Iaconis