I 41 anni del Festival Jazz di Roccella Jonica sono più che mai storia. La straordinaria visione di inserire un piccolo paese nel vasto e prestigioso panorama jazzistico internazionale sembrò, nel 1981, un autentico azzardo. Ma di sfide e azzardi era la tempra del suo ideatore, Sisinio Zito, che con la Associazione culturale Jonica per 36 anni, è riuscito a fare di Roccella una cittadina aperta al mondo, un appuntamento musicale di altissima cultura internazionale.
Quando eventi che coinvolgono comunità umane suscitando sensibilità, attesa e partecipazione del cuore e della mente, si ripetono negli anni, diventano storia. I 41 anni del Festival Jazz di Roccella Jonica sono più che mai storia, una storia non geograficamente delimitata al luogo in cui si svolge o alla regione di cui fa parte.
La straordinaria visione di inserire un piccolo paese nel vasto e prestigioso panorama jazzistico internazionale sembrò, nel 1981, un autentico azzardo. Ma di sfide e azzardi era la tempra del suo ideatore, Sisinio Zito, che con la Associazione culturale Jonica per 36 anni, è riuscito a fare di Roccella una cittadina aperta al mondo, un appuntamento musicale di altissima cultura internazionale. Un appuntamento che si è ripetuto per gli anni che sono seguiti, dopo la scomparsa di Zito e la chiusura dell’Associazione culturale Jonica, per iniziativa e gestione del Comune di Roccella. E questa è ormai storia consolidata consegnata ai circuiti prestigiosi delle istituzioni culturali musicali europei e statunitensi. Ma quanta fatica, quante difficoltà, sono costati questi traguardi? Sono state la fatica e le difficoltà dei mille meccanismi invisibili che alimentano il dualismo italiano e, di conseguenza, la subordinazione economica, politica e culturale del Mezzogiorno nei confronti del Centro-Nord che rende difficili le idee e i progetti di uscita da questa gabbia. Roccella Jazz è la prova che se ne può uscire quando le idee e i progetti sono sorretti dalle grandi visioni. Oggi i massimi appuntamenti con il Jazz, in Italia, sono Roccella e Umbria, diversi per ispirazione: innovativa e sperimentale, la prima; tradizionale, la seconda. Comunque, entrambi, i luoghi in cui è possibile ascoltare concerti di alto livello musicale e di grande significato culturale. Ma la grande questione che ha condizionato e condiziona il grande evento Rocccella Jazz è quella di un’impresa culturale impossibile, se la si vuole eccellente, senza adeguati sostegni: Roccella Jazz è stata possibile perché ha potuto contare sui contributi pubblici, ministeriali per lungo termine, della Regione, limitati, insufficienti o del tutto aboliti e sottratti alle aspettative degli organizzatori del Festival. Queste difficoltà non ne hanno impedito l’esplosione culturale e musicale che, soprattutto nelle prime edizioni, ha visto la partecipazione di personaggi di statura mondiale come George Russell, Steve Lacy, Ornette Coleman, Carla Bley, Abdullah Ibrahime, successivamente, una stella del Jazz francese come Michel Petrucciani. È così che una manifestazione, nata con pochi mezzi nel disadorno cortile di una scuola elementare, è diventata, poco a poco, “Uno dei grandi festival che hanno fatto la storia del jazz e della musica improvvisata e sperimentale in Europa”, per usare le parole del direttore del festival di Le Mans, Armand Meignan.
In una nota del 2011 scritta da Sisinio Zito per il giornale “Calabria Ora”, nel bel mezzo di una mobilitazione per il superamento della miope e spilorcia ottusità delle istituzioni politiche e non, che rischiava di affogare il festival, ricordò la diversità culturale tra Umbria e Roccella, ma anche la sconcertante differenza tra i bilanci e le relative disponibilità finanziarie dei due festival: nell’ordine di molti miliardi di lire, il primo, di alcune centinaia di milioni, il secondo. Ma era (ed è tuttora) nella composizione del plafond delle risorse l’altra clamorosa differenza: l’ottanta per cento delle quali provenienti da sponsorizzazioni e vendite di biglietti e il resto da contributi pubblici per Umbria, esattamente l’opposto per Roccella. Roccella, dunque, dipende pressoché interamente dai contributi pubblici, forse l’unica grande manifestazione culturale nazionale che non ha uno, uno solo, sponsor privato di qualche rilievo, ma qualche sostenitore e non sempre, del posto che dà una mano.
Queste le condizioni in cui sono stati realizzati grandi progetti musicali. Ma i contributi pubblici non sono e non sono stati, sufficienti a coprire i costi, quando sono stati erogati o addirittura, qualche anno, dimezzati, mai sicuri, annunciati in ritardo rispetto al momento in cui si fa il programma e il preventivo del Festival, e, comunque, senza alcuna certezza sui tempi della liquidazione. Questa vaghezza cosmica sui tempi e sull’entità dei finanziamenti ha prodotto difficoltà infinite e aggravi dei costi con le anticipazioni bancarie e il relativo accumulo di interessi su interessi, il ritardo nei pagamenti agli artisti e ai fornitori con conseguenti azioni giudiziarie e spese connesse. Cosicché aver mantenuto in vita Rumori Mediterranei, negli anni, è stato quasi un miracolo. Un miracolo di cui hanno goduto, per prestigio culturale, la Calabria e il Sud, e per la nascita e crescita di una nuova strada musicale, l’intero Paese. La questione meridionale, in tutte le sue implicazioni storiche, politiche, economiche, sociali, si ripropone come un macigno da superare per qualunque iniziativa o progetto che non sia ordinario e di scarso rilievo innovativo: a Umbria Jazz o ad altre manifestazioni culturalmente significative che si svolgono nel Centro-Nord, arrivano le sponsorizzazioni di grandi banche come Unicredit, colossi della distribuzione come Conad, multinazionali come la Kraft (Caffè Hag) grandi imprese come Acea, Tim, Wind, Heineken o anche Poste italiane. Perché non si trova nessuno, proprio nessuno, disponibile a finanziare Roccella? Tutti questi grandi gruppi industriali, bancari, dei servizi e della comunicazione non operano anche a Roccella Jonica, in Calabria, nel Mezzogiorno? La risposta alla domanda è la risposta alla questione meridionale. Il punto dirimente sta nel rassegnarsi ad essere figli di un dio minore o ribellarsi per cambiare le cose e abbattere il muro che separa la Calabria e il Sud dal resto d’Italia. Questo grido di lucido dolore pronunciato da Sisinio Zito nel lontano 2011 è stato raccolto dalla classe politica e dirigente calabrese? Negli anni non è cambiato nulla. A rispondere sulla esigenza di un cambio sostanziale di passo nelle scelte mirate alla possibile rivoluzione in tema di cultura e di sostegno consapevole e lungimirante alle manifestazioni e agli eventi rilevanti, per serietà e validità dei progetti, avrebbe dovuto rispondere, in prima fila, la sinistra democratica e progressista che ha nel Pd il suo punto di riferimento: non lo ha fatto, attorcigliata com’è, in questi tempi, alle proprie beghe di potere, protesa all’inseguimento di mirabolanti strategie di alleanze con forze estranee, per scelta deliberata, alla tradizione dell’ impegno sul grande tema della promozione sociale dei fatti culturali. Una luce si è accesa, per restare alla questione centrale di questa nota, nel 2019, quando, da vicesindaco di Cosenza, Jole Santelli, ancora ben lontana dalla candidatura e, conseguente, elezione a presidente della Giunta regionale, promosse un convegno nel quale sostenne la necessità di fissare un piano regionale per la definizione del Marchio Grandi Eventi da attribuire alle manifestazioni con profilo storico e acclarata rilevanza culturale. Un impegno di lungimirante e sensibile attenzione verso il valore della cultura come strumento di promozione sociale e di una immagine rinnovata della Calabria, che Jole Santelli, tradusse, subito, in provvedimento politico da presidente della Giunta Regionale. Una commissione esaminò le richieste di finanziamento da parte dei Grandi Eventi e ne approvò sette tra cui il festival di Roccella che avrebbe dovuto fruire di un contributo di 350mila Euro. A qualche mese dalla pubblicazione della graduatoria che stabiliva chi avesse diritto al Marchio Grandi Eventi, si varava un bando che annullava, di fatto, la storicità di eventi come il Festival di Roccella. Nessuna distinzione, tutti uguali, buio, tutti i gatti sono bigi. Annullati quaranta anni di storia musicale vissuta e costruita con un grande progetto culturale apprezzato in Italia e nel mondo. Un tradimento pieno, un’offesa alla memoria della presidente da poco scomparsa, dopo le lacrime di maniera e le ipocrisie di un cordoglio di facciata da parte dei rappresentanti della coalizione che l’aveva eletta. Capofila dell’annientamento del progetto culturale di Jole Santelli, l’attuale presidente facenti funzioni Nino Spirli, circondato da un manipolo di oscuri manager-burocrati, tutti in piena paranoia leghista, che dettano scelte e comportamenti. Alcune affermazioni e commenti su fatti politici e di costume danno, del resto, la misura della straordinaria cifra culturale e sensibilità civile e politica del leghista Spirlì. A margine della manifestazione leghista, la Pontida del Sud, a Catania, se n’è uscito con questa frase: “Userò le parole frocio e negro finché campo, la lobby frocia vuole toglierci le parole” (Gazzetta del Sud). Nino Spirlì è omosessuale dichiarato. Altro grande tema, affrontato, si fa per dire, a più riprese, quello della sanità calabrese: con particolare tensione ideale, in occasione delle polemiche sui tentativi, andati a vuoto, della nomina del commissario da parte del governo. C’era in campo, lo si sussurrava, anche il nome di Gino Strada, medico-chirurgo di Emergency, lo straordinario eroe civile appena scomparso e celebrato in ogni dove. Per Spirlì è uno spauracchio: “La nomina di Strada non arriva, dovranno passare sulmio corpo”, (Gr 24, la Zanzara),” non servono missionari africani”, (Sputniknews),“incontrare Strada? Io parlo con tutti tranne che con il demonio”,(Il Fatto Quotidiano). Ecco: il destino del Festival Jazz di Roccella, giunto alla quarantunesima edizione, è passato nelle mani di cotanto personaggio, oltremodo culturalmente impegnato.
Al prossimo presidente di Giunta tocca recuperare la memoria di Jole Santelli e della sua sensibilità culturale. E il primo a esporsi e correggere i guasti prodotti dal suo erede, dovrebbe essere l’esponente del partito in cui militava, ed era dirigente di primo piano Jole Santelli, dato per vincente alle prossime elezioni regionali, Roberto Occhiuto che, finora, sullo specifico tema non ha mai parlato. La quarantunesima edizione si è potuta svolgere per un impegno corale assunto dalle istituzioni del territorio reggino con in testa Reggio, Città metropolitana, il Comune di Roccella che da quattro anni organizza il Festival, della buona volontà di operatori che hanno offerto la propria disponibilità in modi diversi e utili e dello stesso, benevolo sostegno degli artisti. Diversamente il Festival non si sarebbe potuto svolgere. I criteri di selezione e finanziamento definiti dall’avviso della regione sui “Grandi Eventi 2021” che ha corretto, con gravi danni, il bando “Marchi Grandi Eventi”, promosso e svolto dalla Giunta Santelli, erano iugulatori e impossibili da sostenere: l’avviso era rivolto ad eventi che comportavano spese minime per un importo di 350mila euro, con un sostegno finanziario pari al 60per cento se tutti i concerti fossero stati tutti gratuiti e del 40 per cento con la vendita di biglietti. Insomma numeri che sarebbero andati bene per l’organizzazione di eventi che godono di altri finanziamenti pubblici a copertura della parte di spesa mancante o di sponsorizzazioni. Insomma una cieca mancanza di discernimento e giusta valutazione di uno storico evento come iI Festival Jazz di Roccella. Guarda caso, questo oscurantismo dei reggitori della Regione Calabria si rivelava proprio mentre la rivista Down Beat, una sorta di Bibbia per tutti gli appassionati di Jazz statunitensi, anticipava il programma dell’estate 2021. Citati, come festival da seguire in Italia, solo Rumori Mediterranei e Umbria Jazz. Ma la quarantunesima edizione del grande evento musicale di Roccella è, nonostante tutto, una pagina che si è aggiunta alle altre scritte in questa grande storia della cultura, non solo musicale, di cui la Calabria non può che essere e sentirsi partecipe. La qualità dei concerti, le idee innovative per le scelte artistiche si sono confermate nel solco della tradizione sperimentale e creativa del festival. Ne è stato artefice, come altre volte, Vincenzo Staiano, direttore, ideatore, organizzatore, anima colta e di straordinarie sensibilità e conoscenze musicali riconosciute a livello europeo fino ad essere chiamato a far parte del board del Europe Jazz Network. Le linee programmatiche, chiare nello stesso titolo: Roccella resistant, next generation jazz. All’insegna della resistenza per le difficoltà da superare e poi superate e per l’apertura e lo sguardo al jazz delle nuove generazioni musicali italiane ed europee. Le cinque serate hanno espresso la consueta alta qualità delle altre edizioni con una punta di grande successo di pubblico con l’esibizione della strepitosa cantante Noa, amica di vecchia data del Festival, che ha proposto il suo nuovo progetto con forti innovazioni tecniche ed artistiche. Il Festival ha presentato le novità della musica balcanica, con una produzione nata nell’ambito della partnership tra il Comune di Roccella jonica e il Balkan jazz showcase che si svolge nella capitale albanese. Una novità, la prima volta in Italia la Jazz makam Athens Orchestra: un concerto che è nato nel quadro del rafforzamento dei legami tra Grecia e Magna Grecia e di amicizia con il circolo culturale Apodia fazzi e la comunità grecanica di Bova. Suggestiva la proposta musicale dedicata all’Africa con il progetto Africation di Dudu Kouatè, il percussionista senegalese, da anni componente fisso dell’Art Ensemble di Chicago che, da interprete struggente della cultura africana, ha cantato, in chiave moderna, nella lingua madre suscitando forti emozioni. Quale futuro per il Festival jazz di Roccella? Le difficoltà sono ovviamente costituite dall’incertezza delle risorse, dalla mancanza di scelte definite e sicure che garantiscano contributi e sostegno per un’impresa di altissimo profilo. Vincenzo Staiano, che ha appena finito di scrivere un libro sulla storia di un giovane musicista calabrese, Scott Lafaro, scomparso nel 1961 a soli 25 anni, considerato tra i più innovativi bassisti della storia del jazz, si fa forte del prestigio di Rumori Mediterranei consolidatosi nei suoi 41 anni di vita, per non cedere al pessimismo. “L’unicità, ha scritto Staiano, della formula di Rumori Mediterranei, è la sua forza: dare spazio alle culture musicali ai paesi del Mediterraneo commissionare musiche nuove, promuovere la commistione tra jazz e altri mezzi espressivi come il cinema, la danza, la letteratura e il teatro, organizzare mostre e convegni su particolari aspetti della storia del jazz, come è stato fatto per spiegare il ruolo degli italoamericani nella nascita e sviluppo di questo genere musicale, puntare alla valorizzazione dei giovani talenti, come è avvenuto quest’anno, come è accaduto, nel passato, per Paolo Fresu, Noa, Nicola Piovani che si sono esibiti per la prima volta in pubblico. Senza dimenticare la grandezza artistica dei musicisti venuti dall’Europa, dagli Stati Uniti per proporre le loro eccezionali performances. Tra gli altri vorrei ricordare l’esibizione dell’orchestra di George Russell, musicista di assoluta grandezza che poi, avrebbe composto la Folia: the Roccella variations, che ha avuto un successo mondiale, scelto come inno del comune di Roccella. È una storia che non può andare dispersa, che dobbiamo difendere, e deve restare patrimonio della cultura calabrese e italiana.
Raffaele Malito