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venerdì, Novembre 22, 2024
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Governo Meloni: tanto, troppo fumo e niente arrosto

Tania Bruzzese, Presidente Assemblea Metropolitana RC PD, ci parla delle reali condizioni del Governo Meloni al netto del fumo negli occhi gettato sui cittadini con iniziative come il Ponte sullo Stretto.

Paradossale ed incomprensibile, al limite della più fervida fantasia, immaginare di parlare di Ponte sullo Stretto per distrarre i cittadini dalle politiche del governo Meloni: di fatto, una bomba sociale sganciata sul Mezzogiorno e sulla Calabria.

La chiusura del Porto di Gioia Tauro (fa paura il solo pensiero) in concreto manderebbe al collasso un’intera economia, producendo una ricaduta sociale drammatica per il futuro di un territorio già abbastanza compromesso: parliamo di 4000 lavoratori complessivi all’indotto che andrebbero a perdere il proprio posto di lavoro, famiglie spesso monoreddito che non possono contare su altri introiti, un quadro che rischia di trascinare inesorabilmente nella povertà una buona parte di popolazione già esposta all’ondata inflazionistica che ha interessato il nostro Paese, distruggendo ulteriormente la capacità di spesa dei calabresi.

Qualcuno potrebbe anche osservare che la vicenda sia però legata alla direttiva europea ETS circa le emissioni di carbonio delle grandi navi mercantili, non considerando che le direttive vanno recepite dai Governi e questa, nella fattispecie, va recepita entro fine anno: dimostri allora il Governo Italiano di essere per lo sviluppo e la difesa del Mezzogiorno e chieda, facendo le dovute osservazioni al testo – come peraltro suggerito dai sindacati -, un rinvio al fine di concedere alle grandi compagnie marittime il tempo necessario per riconvertire il proprio sistema di emissione, evitando il rischio concreto che le stesse delocalizzino la propria attività su altri porti al di fuori dell’UE e, inoltre, valuti attentamente la proposta dell’Autorità di Sistema Portuale dei mari Tirreno e Jonio, ossia una modifica che includerebbe il porto di Gioia Tauro nello stesso elenco in cui sono inseriti i porti di Tangeri e Said: questo si tradurrebbe in una garanzia per condizioni di mercato pari e riduzione dei costi di transito.

Parla il Governo di Ponte sullo Stretto, ma solo qualche settimana fa, è stata sventata la chiusura temporanea di circa 30 mesi della Limina: un’arteria di collegamento essenziale tra la fascia Jonica e Tirrenica, una strada che ha permesso di stabilire solide reti economiche fra le due aree reggine. È chiaro che l’ammodernamento del valico deve avvenire per questioni di sicurezza dei cittadini, ma come si fa a concepire la chiusura totale della stessa senza una alternativa valida e degna di poter essere considerata tale, che limiti i danni alla popolazione ed eviti la morte socioeconomica soprattutto della Locride, che sarebbe rimasta completamente isolata? Come si può pensare al Ponte sullo Stretto se contestualmente si nega il diritto ai propri cittadini di recarsi al lavoro, o ai propri studenti di raggiungere la scuola, o di negare il diritto alla salute ed alle cure impedendo a pazienti che necessitano di raggiungere il nosocomio della Piana, dimenticando che l’ospedale di Locri presenta una situazione quanto mai critica e che l’isolamento favorirebbe inevitabilmente la criminalità organizzata che prenderebbe il controllo quasi totale di un luogo in preda al disservizio?

Parla il Governo di Ponte sullo Stretto, ma la 106 è la strada della morte con un bilancio – secondo il report dell’organizzazione “Basta Vittime sulla Strada Statale 106” – di oltre 205 morti in dieci anni, con una media di due vittime al mese: tutto ciò a causa dell’inadeguatezza del tracciato esistente inadatto a gestire gli attuali volumi di traffico; per di più il tratto tra Catanzaro e Reggio Calabria manca totalmente degli standard minimi di sicurezza stradale, in quanto risalenti all’epoca mussoliniana.

Parla il Governo di Ponte sullo Stretto, ma nel frattempo il Sottosegretario alle Infrastrutture – in risposta ad una interrogazione del PD sulla cancellazione di 40 milioni destinati al completamento della linea ferroviaria jonica Catanzaro-Reggio Calabria – chiosa che i fondi sono stati spostati su opere ritenute prioritarie, ma che il 23 ottobre prossimo bontà loro verrà convocato un tavolo tecnico al fine di porre le basi per l’apertura di un confronto. Tradotto: la rete ferrata della jonica non è prioritaria! Continuiamo, dunque, ad attrezzarci con la fantasia ed a viaggiare con il teletrasporto. Altro che Italia a due velocità: i gap sono assolutamente incolmabili perché questo Governo, che tanto dice di essere a favore del Sud, di fatto continua ad emanare provvedimenti che dimostrano l’esatto opposto e una contraddizione principe sta alla base di tutto l’operato: come si fa a pensare al Ponte sullo Stretto e contestualmente essere i fautori dell’Autonomia Differenziata? Presentano forse ai cittadini calabresi un’utopia mediatica per spostare l’attenzione, facendo altresì passare nel pieno silenzio il loro pensiero, ovvero che una regione fragilmente strutturale tale deve rimanere perché deve sostentarsi con quello che è in grado di produrre?

Il Ponte sullo Stretto, un leitmotiv di battaglia del Governo, è di certo una meravigliosa opera dal fascino utopico, ma il nostro territorio lotta quotidianamente per conquistare a denti stretti quei diritti sanciti dalla Costituzione Italiana e propri di ogni cittadino, perché questo Governo è contro i poveri e non contro la povertà e lo dimostra mettendo in atto provvedimenti identitari che di fatto non fanno altro che far aumentare le diseguaglianze. Nel frattempo, però sono i cittadini della Locride e della Piana a scontare la condanna, e mentre Sisifo fu condannato da Zeus per la sua arroganza a spingere eternamente un masso in salita, che raggiunta la cima sarebbe rotolato, noi spingiamo eternamente il masso della diseguaglianza sociale, economica, sanitaria e culturale per la tracotanza di chi ci governa.

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