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Giuseppe Primerano, l’Adriano Olivetti dell’Aspromonte

Bruno Gemelli ci parla della ditta “Fratelli Primerano” e di come, questa, per un breve periodo sia stata all’avanguardia in Calabria (e non solo) nel proprio settore.

Bruno Gemelli

Il 3 aprile 1948 il presidente Harry S. Truman firmò il piano ideato dal generale George Catlett Marshall (1880-1959) per sostenere la rinascita dell’Europa. Il Piano Marshall, ufficialmente chiamato piano per la ripresa europea (in lingua originale ERP, “European Recovery Program”), fu uno dei piani politico-economici statunitensi per la ricostruzione dell’Europa dopo la Seconda guerra mondiale. Annunciato in un discorso del segretario di Stato statunitense George Marshall il 5 giugno 1947 all’Università di Harvard, questo piano consisteva in uno stanziamento di oltre 12,7 miliardi di dollari.

Con il Piano Marshall, gli Stati Uniti decisero di finanziare l’Europa per sostenere le spese della sua ricostruzione, agevolarne lo sviluppo economico e frenare l’avanzata del comunismo. Il Piano terminò nel 1952, come originariamente previsto. I tentativi di prolungarlo per qualche tempo non ebbero effetto a causa dello scoppio della guerra di Corea e della vittoria dei repubblicani nelle elezioni per il Congresso dell’anno precedente.

L’Italia e la Calabria, con fortune alterne e quantità asimmetriche, beneficiarono degli aiuti Erp. In particolare, nel 1950, la “FRATELLI PRIMERANO” di Bovalino fu la prima azienda dell’Italia Meridionale ad essere inclusa nei benefici degli aiuti ERP. Da quel finanziamento iniziò la costruzione di un nuovo stabilimento, in contrada Bricà di Bovalino, per la realizzazione del quale furono investiti capitali, pubblici e privati, dell’ordine di un miliardo e 200 milioni, ai prezzi dell’epoca, di cui appena il 40% coperto da finanziamenti a medio termine a tasso agevolato, in base alle leggi sull’industrializzazione del Mezzogiorno e, appunto, gli aiuti sul Piano ERP.

Il deus ex machina dell’iniziativa fu uno della citata famiglia, l’ingegnere Giuseppe Primerano, un professionista che da diversi anni praticava l’industria e il commercio dei legnami. La “FRATELLI PRIMERANO s.p.a.”, uscita dalla forma artigianale paterna, aveva realizzato, fin dal 1935, altri impianti industriali in Calabria, sempre nel settore legno. Quello di maggiore importanza era rappresentato da una moderna segheria meccanica impiantata sulle falde orientali dell’Aspromonte, in prossimità del villaggio pedemontano di S. Luca (la patria di Corrado Alvaro) e alimentata da un’importante rete di teleferiche che attingevano la materia prima da tutte le foreste dell’altipiano calabrese meridionale.

Dopo qualche anno, lo stabilimento di Bricà ebbe una caduta verticale. Lo storico Pietro De Domenico sintetizzò il tramonto così «Bricà cadde e con essa furono travolte le più belle speranze di una popolazione meridionale che riteneva di poter trarre, da questa intelligente e coraggiosa iniziativa, i segni del suo riscatto economico e sociale».

Tuttavia, l’ingegnere Giuseppe Primerano (che fu Commissario prefettizio di Bovalino dal 9 ottobre 1945 al 29 aprile 1946), che, per quei tempi e per quell’habitat sembrava l’Adriano Olivetti dell’Aspromonte, tanto forti ed estesi erano i suoi interessi sociali e culturali, rimase sulla scena per diverso tempo. Primerano s’avvicinò Giacomo Mancini e alla sua galassia culturale. Collaborò al quindicinale “Il Gazzettino del Jonio”. Questo giornale aveva la sede, non una semplice redazione, in via De Riso a Catanzaro. Era, senza enfatizzare, era un tempio, una scuola di giornalismo.

“Il Gazzettino del Jonio”, diretto da Titta Foti (8/11/1912 – 16/9/1978), che era un anarchico originario di Guardavalle, fu fondato da Giuseppe Primerano e dall’avvocato Nicola Zitara di Siderno, noto meridionalista.

Titta Foti era genio e sregolatezza. Intelligente, creativo, bizzarro. Fumatore incallito e giocatore di poker allo stadio terminale. Egli fece parte di quella speciale schiera di grandi autori che hanno percorso l’Italia a cavallo della Seconda guerra mondiale. La sua figura richiama personaggi illustri del giornalismo italiano come Leo Longanesi, Curzio Malaparte, Ennio Flaiano, Gaetano Baldacci, Indro Montanelli, Vittorio Gorresio, Mario Pannunzio. Personalità che, pur professando idee diverse e contrapposte, avevano un minimo comun denominatore: l’insofferenza verso i cretini e verso il potere costituito dagli orpelli, che si manifestava in una coraggiosa libertà di esposizione. A loro modo tutti questi personaggi sono stati dei “frondisti”, ovvero viaggiatori controcorrente rispetto alle mode del momento, non lisciando il pelo ma il contropelo alle abitudini codine degli italiani innamorati delle maiuscole.

Tra gli allievi di Foti ci furono Moisé Asta, Franco Martelli, Luigi Malafarina, Osvaldo Bevilacqua, Rocco Ritorto, Salvatore G. Santagata, Sharo Gambino, Pasquino Crupi e, naturalmente, Enzo De Virgilio. Tra i collaboratori numerosi furono gli intellettuali: Aldo Casalinuovo (il fratello di Mario e zio di Aldo), Antonio Piromalli, Emilio Argiroffi, Fortunato Seminara, Franco Abbruzzo, Gaetano Greco Naccarato, Ilario Principe, Luigi Maria Lombardi Satriani. Insomma, quasi tutta l’intellighenzia del tempo.

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