Il 25 novembre, come ogni anno, ricorre la giornata internazionale contro la violenza sulle donne, istituita dall’Onu tramite la risoluzione numero 54/134 del 17 dicembre 1999 per ricordare il brutale assassinio delle tre sorelle Mirabal, che avevano avuto il coraggio di opporsi alla dittatura e di lottare per i diritti delle donne. La violenza sulle donne ha molti volti e per paura e mancanza di difesa, molte volte, non viene denunciata, lasciando così, dentro ogni donna, colpita da tele violenze, un dolore lacerante. Non basta ricordare, occorre garantire sicurezza e assistenza necessaria.
Si incrementano ogni anno di più i progetti e le proposte per educare sul tema del femminicidio che è diventato ormai una costante della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Ricorre ogni anno il 25 novembre. In Italia, come altrove, i dati che riguardano questo fenomeno sono sempre più avvilenti e demoralizzanti. E’ pensiero comune che le cause vadano ricercate nel modello di società maschilista che ancora non si è dotata di mezzi adeguati in grado di comprendere e accogliere le trasformazioni sociali come l’indipendenza delle donne, la loro libertà e capacità di autonomia. Uno studio internazionale ha rivelato come il 70% dei femminicidi è preceduto da episodi di violenza, soprattutto domestica. Questo significa che il maggior numero dei delitti è commesso, dal fidanzato, dal marito o dall’ex. Le molte segnalazioni o anche denunce che sono finite nel vuoto, poi sfociate nell’irrecuperabile, dimostra come siano sterili le misure impiegate contro le molte forme di sopraffazione sulle donne. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, una donna su tre, ha subìto almeno una volta una qualche forma di violenza da parte di un uomo, mentre una su quattro è stata uccisa dal partner. Solo quest’anno, nel nostro Paese, i casi di femminicidio sono circa 100 e sono pressoché il 40% di tutti gli omicidi commessi. Oltre ai casi più eclatanti, non bisogna trascurare le violenze quotidiane, anche di tipo psicologico, che sfuggono alle statistiche ma che hanno impatti devastanti sulle vittime e la loro vita.
La Giornata mondiale contro la violenza sulle donne, fu istituita dall’Onu tramite la risoluzione numero 54/134 del 17 dicembre 1999. La data fu scelta per ricordare il brutale assassinio, nella Repubblica Dominicana, delle tre sorelle Mirabal dette anche Mariposas (farfalle), che avevano avuto il coraggio di opporsi alla dittatura e di lottare per i diritti delle donne nel paese sudamericano, avvenuto nel 1960 mentre si recavano a visitare i loro mariti imprigionati per motivi politici durante la feroce tirannia di Rafhael Trujillo. Da allora, rappresenta il momento più importante dell’anno per parlare, informare e sensibilizzare su questo grave problema che riguarda tutti i paesi del mondo. La violenza sulle donne ha molti volti, quella fisica e quella sessuale, lo stupro, senza dimenticare la violenza psichica e interiore che è poi quella che lascia il segno più rilevante. E’ un fenomeno gravissimo, che ha conosciuto una spaventosa crescita, soprattutto nell’ambito familiare e solo una percentuale bassissima dei casi, per paura o per mancanza di difese adeguate, viene denunciata, Ed è questa la ragione principale per cui bisogna immedesimarsi nell’angoscia di ogni donna che soffre e tramutare il suo dolore in un urlo collettivo di solidarietà, non solo oggi ma in tutti i giorni dell’anno. Non bisogna solo commuoversi, serve soprattutto muoversi e subito. Molte volte non sono solo le donne a essere colpite. I bambini sono sempre più spesso coinvolti, diventando a loro volta vittime. I dati, infatti, dimostrano che nel 65,2% dei casi di violenza domestica sono presenti anche i figli. Alla luce dei dati allarmanti, è indispensabile coinvolgere l’intera opinione pubblica e tutte le agenzie educative su questo tema così delicato e trasmettere tutte le informazioni attraverso una rete capillare. Bisogna improntare la strategia su una politica sociale tempestiva e precisa che sappia ascoltare le donne, garantendo per loro e per i propri figli la sicurezza e l’assistenza necessarie, ma soprattutto che sappia parlare agli uomini, affinché contribuiscano per iniziare un processo di educazione al rispetto della donna che porti allo sradicamento di una forma di sottocultura maschilista che spesso si tende a sminuire e trascurare, ma che ancora, purtroppo, si annida in molti settori della società e anche della nostra stessa vita.
Pasquale Aiello