Pubblichiamo questa lettera che Demetrio Naccari Carlizzi aveva inviato ad Ilario Ammendolia, sabato 24 settembre, il giorno prima delle elezioni a urne ancora aperte.
La domanda che Ilario Ammendolia aveva posto pubblicamente prima delle elezioni sul perché votare per il Pd è sembrata, più che una provocazione politica, una richiesta appassionata e tormentata di recupero di senso compiuto in un panorama dove la politica è ormai alla deriva. Quasi una provocazione letteraria rivolta al partito e alla tradizione politica che aveva illuminato l’impegno pubblico della propria vita: alla ricerca delle ragioni perdute!
Le risposte non erano mancate, autorevoli per i ruoli esercitati, da parte di candidati che avevano ritenuto di motivare la scelta sulla base soprattutto delle ragioni più vicine alla visione di Ilario Ammendolia, assurto a riferimento simbolico di una tradizione storica che si fondava sui valori di giustizia e progresso sociale.
Anche se benevolmente sollecitato ad intervenire ho ritenuto di inviare alcune considerazioni da pubblicare solo dopo la consultazione elettorale per alcuni motivi che appaiono chiari dalla lettura di questi miei appunti.
Le elezioni, infatti, ci consegneranno un quadro problematico per il futuro della democrazia e dei partiti politici almeno come siamo abituati a conoscerli.
Gli errori politici degli ultimi anni purtroppo, specie in Italia, si uniscono in una miscela indigesta con una legge elettorale forse incostituzionale e certamente antidemocratica. Basti pensare che dopo la follia della riduzione del numero di parlamentari (per demerito dei 5 stelle e del Pd che li ha assecondati), approvata a legge elettorale invariata, la Calabria avrà non solo un numero di parlamentari esiguo, ma soprattutto lo schieramento che sarà soccombente e quello terzo classificato eleggeranno soltanto i capilista alla Camera e al Senato.
La conseguenza è che i parlamentari di opposizione eletti in Calabria sono sostanzialmente scelti e nominati dai segretari di partito dei relativi schieramenti senza che gli elettori possano esprimere una scelta, nemmeno tra i pochi indicati nei listini plurinominali di partito.
Non che gli altri capilista di maggioranza siano scelti da percorsi democratici o da consultazioni popolari (primarie, congressi, commissari etc. si sono rivelati spesso delle autentiche farse), ma almeno in quel caso dal maggioritario dei collegi potrebbe scaturire qualcosa statisticamente più vicino ai desideri dei cittadini che dovrebbero, invece, sempre avere un ruolo di arbitro.
La legge elettorale è stata studiata per impedire al cittadino di comprendere che cosa e chi stia votando. Infatti, non solo manca la possibilità di esprimere una preferenza o un voto disgiunto tra candidato al collegio e lista plurinominale, ma il voto dato al candidato del collegio si ribalta sulle liste di partito secondo una ripartizione che seguirà il risultato finale. Vista la complessità del sistema di voto la scheda non offre che indizi e confusione.
Il risultato finale è che il cittadino ha veramente poco su cui contare per fare valere la propria voce.
La Calabria, quindi, avrà uno sparuto numero di parlamentari, indeboliti sul piano della rappresentanza da una legittimazione personale che gli proviene dal favore del vertice del partito e non dal consenso popolare.
Potremmo descrivere tutto ciò come un sistema misto a democrazia incerta, dove i parlamentari della quota proporzionale sono sostanzialmente nominati dai segretari di partito e quelli della quota maggioritaria sono votati dai cittadini che spesso senza accorgersene voteranno indirettamente anche i partiti.
In tutto questo, le ragioni collegate al rischio divisivo del Federalismo differenziato (la Lega addirittura pretendeva dagli alleati una dichiarazione preventiva) e alla tutela dei diritti sociali e civili su tutto il territorio nazionale soccomberanno alle grida di pancia dei partiti populisti che agitano slogan e strumentalizzano il grave disagio sociale ed economico.
In particolare, ciò avverrà anche in conseguenza del fatto che il PD ha avuto una proposta afona e confusa. Scelte inspiegabili, modalità superate, alleanze illogiche.
Nessuno sottovaluta le difficoltà che per rimanere al tema del Federalismo e dell’Autonomia differenziata possiamo riassumere con le diverse opinioni esistenti persino all’interno del Pd, sensibilità differenziate!
Quello che, però, mi ha colpito di questa campagna è proprio l’assenza, con rare e lodevoli eccezioni (di cui non faccio nota per essere io chiaramente di parte), della campagna elettorale da parte degli organismi regionali e locali e della proposta di quello che un tempo si chiamava azione politica.
I candidati da eleggere avevano già incassato con l’indicazione da parte delle segreterie e hanno giocato a tenere bassa l’attenzione. Persino i comici hanno ironizzato sulla tendenza del PD in un certo senso a non parlare di elezioni!
Eppure, i partiti dovrebbero avere organismi capaci di parlare delle questioni che interessano gli elettori ed integrare il messaggio nazionale.
Non dimentichiamo come in passato sulla questione Devolution e Federalismo Fiscale in Calabria, grazie alla peculiare attenzione e dedizione che sul tema furono promosse dal presidente Agazio Loiero, si ottennero elettoralmente risultati ragguardevoli (superiori alla media nazionale) e la legge 42/2009 fu emendata e ridefinita dentro ambiti costituzionali.
Gli stessi ambiti, purtroppo, travalicati dalle maggioranze successive tramite interpretazioni ai limiti della eversione costituzionale, propugnati dai partiti del centrodestra e purtroppo consentiti anche da esponenti nordisti del PD (fabbisogno standard etc., Del Rio e Renzi etc.).
È singolare notare come la questione dei diritti civili sia scomparsa inspiegabilmente (se non in una logica di marginalità culturale e accettazione supina della criminalizzazione della regione) in tutte le sue declinazioni dal bagaglio democratico della sinistra, specie nel Mezzogiorno.
Tranne le giuste battaglie sui generi, spesso però solo declamate, il Pd non ha compreso come mantenere una posizione ferma ed intransigente verso la violenza criminale rispettando nel contempo i diritti civili dei calabresi onesti ed anzi, per timore di un potere giudiziario divenuto arbitro assoluto, ha abdicato ad ogni difesa sociale, economica e perfino antropologica del calabrese.
La mia modesta opinione, quindi, non poteva prima delle elezioni e azzardo anche dopo verso un cambiamento radicale di strategia politica e di modello di partecipazione e costruzione delle politiche, auspicando un ritorno dell’iniziativa politica sui territori e sulle questioni vere che incidono sui diritti civili e sui diritti sociali delle persone.
Spero che i pochi eletti del Pd calabrese decidano di decidere di rappresentare una proposta calabrese e collettiva e gli rivolgo l’invito a spendersi veramente in tal senso per corrispondere ai bisogni degli elettori e liberare gli organismi di partito, perché altrimenti le prossime elezioni non vedranno più una rappresentanza del Partito Democratico.
Demetrio Naccari Carlizzi