Siderno è terra di menti vivide che negli anni si sono impegnati nella cultura, nella politica, nella buona amministrazione, nel commercio e nell’impresa. Credo sia dovere della classe dirigente da un lato salvaguardare il buon nome di Siderno, non facendolo coincidere tout court con la ‘ndrangheta e dall’altro mettere in campo una strategia tesa a creare le condizioni per liberare Siderno e la Calabria della mala setta.
Nei giorni scorsi è morto Enzo D’Agostino, un intellettuale a tutto tondo a cui la Locride e la Calabria intera deve essere grata per il suo instancabile impegno. Siderno è terra di menti vivide che negli anni si sono impegnati nella cultura, nella politica, nella buona amministrazione, nel commercio e nell’impresa. Una città viva in cui già 60 anni fa veniva pubblicato “Il Gazzettino del Jonio”, diretto dell’anarchico Titta Foti e dove il circolo “Turati” rappresentava un centro culturale di notevole spessore .
Paese di avanguardia, nonostante la presenza invasiva e dolorosa dell’onorata società. Oggi ‘ndrangheta.
Credo sia dovere della classe dirigente da un lato salvaguardare il buon nome di Siderno, non facendolo coincidere tout court con la ‘ndrangheta e dall’altro mettere in campo una strategia tesa a creare le condizioni per liberare Siderno e la Calabria della mala setta.
In questo contesto bisogna inquadrare gli episodi particolarmente spiacevoli, che si sono verificati nei giorni scorsi. Ovviamente, non ho idea alcuna di chi possano essere i responsabili, ma non c’è dubbio alcuno che gli autori meritano il brevetto su come suscitare il massimo clamore con il minimo di energia. Un incendio di alcuni mezzi del Comune in Brianza o in Toscana verrebbe interpretato come gesto esecrabile di preoccupante teppismo di cui, oltre alle forze dell’ordine, dovrebbero occuparsi i servizi sociali. A Siderno o nella Locride, e non a caso, diventa sempre e comunque intimidazione mafiosa.
Può darsi! Ma fino a questo momento, manca l’intimidito o gli intimiditi, mancano le ragioni del gesto, manca la simbologia tipica dell’agire mafioso.
Da quanto ne so, e ne so veramente poco, quando la ‘ndrangheta entra in campo vuole che si sappia da dove proviene il pericolo, ed intende mettere paura a coloro a cui è diretto il loro lugubre messaggio. In questo caso, ci troviamo dinanzi ad una sequenza di fatti anomali difficilmente attribuibili all’organizzazione criminale “più potente di Europa” ed ancora meno decifrabili e riconducibili all’attività amministrativa o politica. Vigilare (e chiamare alla vigilanza) sarebbe stato opportuno e normale anche qualora si fosse trattato di bullismo o criminalità comune ma gridare “al lupo” quando questo è in montagna diventa pericoloso. Anche perché “il lupo” esiste davvero ed è sempre più aggressivo anche se, credo, che abbia altro da fare che andare in giro ad incendiare macchine con la diavolina.
Non ho la presunzione di conoscere la realtà di Siderno meglio di coloro che vi abitano, stimo e tanto la sindaca Mariateresa Fragomeni, ma ho avuto la sensazione che la manifestazione di sabato 20 sia stata piuttosto una prova di debolezza che di forza. Qualora i difensori dello Stato democratico e della legalità repubblicana fossero veramente così pochi, così come si intravedeva in quella manifestazione, ci sarebbe davvero da essere preoccupati. Per fortuna non è così!
Probabilmente la gente non ha partecipato, perché ha rifiutato di aderire a quella che è sembrata una posizione preconfezionata e ad un algoritmo consumato.
Temo fortemente che in occasioni come queste non bisogna farsi prendere la mano.
Nei giorni scorsi abbiamo assistito ai consueti riti dell’antimafia parolaia, culminati nel sit in dei sindaci. Riti che hanno fornito un’unica chiave di lettura dei fatti successi a Siderno, ed hanno dato la stura ad esponenti del governo, dei partiti politici nazionali e della Regione Calabria di sparare parole di fuoco contro la ‘ndrangheta e di solidarietà agli anonimi “intimiditi”. Potrebbe anche andar bene! A patto, però, che contemporaneamente gli stessi esponenti (nazionali e regionali) siano capaci di presentare un piano integrato (e non di soli lavori pubblici) in grado di portare la Locride fuor delle secche e di bonificare il terreno su cui la ‘ndrangheta attecchisce e cresce. Siano in grado di utilizzare il PNRR (che non può restare un oggetto misterioso per pochi iniziati) unitamente ai fondi europei, ed a quelli ordinari pensando ad un piano partecipato per reimpostare l’economia e la qualità della vita nei paesi della Locride .
Fino ad ora non è a andata così, perché la consueta sfilata antimafia non è andata oltre le scontate e consumate parole di sdegno contro la ‘ndrangheta pronunciate col petto in fuori, ma che spesso sono l’anticamera della diffamazione calcolata della Calabria. Aderire in maniera acritica alle posizioni di costoro significa essere complici con quanti, in questi anni, ci hanno inondato di parole inutili mentre, utilizzando la mafia, hanno dato ai calabresi solo una una serie leggi liberticide, nocive ed umilianti per il nostro popolo, ma non hanno intaccato di un solo nano millimetro la forza della criminalità organizzata.