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venerdì, Gennaio 10, 2025
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Donald Trump e le conquiste imperialiste: Groenlandia, Panama e Canada!

L’atteggiamento minaccioso di Trump è sempre stata una costante nella politica estera del futuro Presidente Americano. Durante una conferenza stampa a Palm Beach, in Florida, Donald Trump ha ribadito il suo interesse per il Canale di Panama e la Groenlandia: due territori che non fanno parte degli Stati Uniti, ma di cui Trump ha detto in più occasioni, più o meno esplicitamente, di voler prendere il controllo, alludendo a obiettivi di politica estera piuttosto aggressivi e minacciosi.

Che gli Stati Uniti abbiano sempre avuto desideri ed espansioni imperialiste non è una novità, nel ‘700 però. Nel 2025 le cose dovrebbero essere diverse. Eppure le sparate di Donald Trump sulla sua volontà di annessione del Canada, della Groenlandia e del Canale di Panama stanno iniziando ad avere preoccupanti controlli. Nel corso di una lunga conferenza stampa, Trump ha ribadito la sua volontà di annettere questi territorio agli Stati Uniti, anche con l’uso della forza, pubblicando anche sul suo social una mappa del Nord America, in cui si vedono gli Stati Uniti e il Canada coperti dalla bandiera americana come fossero un’unica Nazione.

La ripresa del Canale di Panama è il nuovo punto fisso per Trump essenzialmente per riprenderlo dalla Cina: “Noi lo abbiamo dato a Panama, ma ora è dei cinesi” ha ribadito Trump. Il futuro Presidente ha lamentato anche il fatto che alle navi americane vengono fatte pagare “cifre esorbitanti” per attraversare il canale, in riferimento al pedaggio a cui tutte le imbarcazioni sono soggette. In risposta, il presidente panamense José Raul Mulino non si è fatto intimorire e ha respinto al mittente la provocazione, negando oltretutto una riduzione dei pedaggi e l’influenza cinese sul suo governo.

Nella lista di Trump però c’è anche il Canada. Per il presidente eletto degli Stati Uniti, con il Canada si possono usare strumenti altrettanto convincenti: quelli della «forza economica». «Basta rimuovere queste linee tracciate artificialmente per capire che sarebbe molto meglio per la sicurezza nazionale», ha spiegato il tycoon parlando della possibile unione tra i due Paesi.

Perchè la Groenlandia?

La Groenlandia è l’isola già grande del mondo e si trova all’estremo nord dell’Oceano Atlantico e confina con il Canada (e non con il continente americano).  L’isola è uno stato indipendente, con una sua autonomia, un proprio Parlamento, un proprio Governo anche se è formalmente territorio del Regno di Danimarca, paese dell’Unione Europea (e non del continente americano). Il sottosuolo della Groenlandia abbonda di minerali fondamentali per la transizione ecologica, resi più accessibili dal surriscaldamento climatico. Inoltre bisogna tenere presente la posta in gioco strategica nel polo nord di fronte alle ambizioni cinesi, il controllo dell’Oceano Artico contro la Russia e lo sfruttamento di risorse ittiche, energetiche e minerarie. Gli Stati Uniti, tra l’altro, mantengono una base militare in Groenlandia fin dai tempi della guerra fredda. Non è neanche la prima volta che gli Americani fanno una richiesta di acquisto dell’isola, già nel 1867 e nel 1945 avevano avanzato questa iniziativa, offrendo alla Danimarca circa 100 milioni di dollari. Può sembrare un’idea strana eppure gli Stati Uniti sono nati proprio cosi. 

L’Alaska ad esempio fa parte degli Stati Uniti perché questi l’acquistarono dall’Impero Russo degli Zar nel 1867 per 7 milioni di dollari, la Louisiana è stata acquistata dalla Francia di Napoleone nel 1803 per 11 milioni di dollari, la Florida è stata comprata dalla Spagna, l’Oregon dal Regno Unito, le Isole Vergini proprio dalla Danimarca, nel 1917. Insomma è una pratica ormai nota quella degli Stati Uniti. 

Ma questi acquisti risalgono praticamente tutti all’Ottocento, e minacciare uno stato sovrano e indipendente come la Danimarca, oggi, con la volontà di annettere un suo territorio non è forse l’iniziativa migliore di politica estera per iniziare il suo nuovo mandato.

Il Colonialismo e la discriminazione sistemica contro gli Inuit

Quello di cui non si discute abbastanza però è il dominio coloniale che la popolazione della Groenlandia subisce dalle pratiche coloniali e imperialiste da parte della Danimarca. Il territorio di 56.000 di abitanti è popolato per la maggiore dalla popolazione degli Inuit, quelli che comunemente vengono definiti “eschimesi”, un popolo dell’Artico che è presente in Alaska e in Canada, oltre che in Groenlandia.

Gli Inuit Groenlandesi hanno maggiore difficoltà salariale, difficoltà nel trovare lavoro, subiscono rappresentazioni offensive nei media e nel turismo. I tassi di Inuit senzatetto in città sono anche di 6 volte superiori alla media. I tassi di disoccupazione sono di circa tre volte superiori alla media. Non viene assicurato agli Inuit il supporto linguistico, nessuno si occupa del cambiamento climatico che sciogli i ghiacciai di cui praticamente questa popolazione vive, le politiche per l’adattamento e il contrasto sono insufficienti.

In Groenlandia si fa riferimento anche a uno dei tassi di suicidio più alti al mondo, circa 83 persone ogni 100.000 abitanti, con una netta sproporzione tra i giovani Inuit.

Migrazione forzata, sterilizzazione e dislocamento della popolazione 

Sono emersi negli ultimi anni anche diversi casi di migrazione forzata, sterilizzazione e dislocamento della popolazione Inuit groenlandese. Si registrano numerosissimi casi di bambini Inuit che vengon tolti ai genitori e affidati a famiglie danesi, contribuendo di fatto alla cancellazione della lingua, della tradizione e della cultura indigena in Groenlandia.  L’accusa è di “sterilizzazione forzata”, vale a dire l’aver impiantato strumenti di contraccezione su migliaia di donne indigene Inuit della Groenlandia, senza aver mai chiesto loro, e tantomeno ottenuto, un’espressa autorizzazione è emersa negli ultimi anni. Le testimonianze sono centinaia e tutte straordinariamente concordanti. Sul banco degli imputati è il Regno di Danimarca accusato di aver compiuto pratiche illegali tra il 1966 e il 1975 su circa 4.500 donne, anche bambine, dai 12 anni in su. Nel 2022 infatti questo gruppo di donne ha deciso di portare avanti il processo contro la Danimarca per una “evidente violazione dei loro diritti umani”. 

Le 4.500 donne, anche bambine, dai 12 anni in su hanno subito pratiche che per la sterilizzazione con conseguenze spesso drammatiche: aborti spontanei, emorragie interne, infezioni, mentre molte delle “pazienti” hanno dovuto in seguito rimuovere l’utero o hanno perso la capacità di avere figli. E ora, a oltre cinquant’anni di distanza, quel gruppo di donne ha deciso di non fermarsi alla “denuncia storica”, per così definirla, ma di procedere a una richiesta collettiva di risarcimento danni chiedendo un indennizzo di circa 43 milioni di corone danesi (pari a 5,7 milioni di euro). Naja Lyberth, portavoce di questo gruppo di donne ha detto: «finché vivremo, vogliamo riconquistare il rispetto di noi stesse e del nostro utero. Non è possibile che un governo decida se dobbiamo avere figli o no»

A seguito di questo caso, esploso nel 2022, è stato anche sotto inchiesta la questione della sottrazione dei bambini appena nati, 1 bambino su 100, che vengono sottratti alla patria potestà delle famiglie Inuit per essere date alle famiglie Danesi. Quasi fossimo in una puntata della serie tv The Handmaid’s Tale. Le dichiarazioni di Trump hanno dell’assurdo, e l’Unione Europea prende tempo nonostante la Danimarca abbia detto che non succederà mai che la Groenlandia finisca nella mani degli Stati Uniti, eppure quando si parla di imperialismo e colonialismo in Europa dimostriamo di essere bravi tanto quanto gli Stati Uniti.

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