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lunedì, Febbraio 3, 2025
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Dall’Alpi all’Etna, soccorso azzurro alla Calabria

Il Sud e la Calabria non cessano di stupire. Nell’immaginario italiano, e del Nord in particolare, sono a volte, spesso?, portati ad esempio di una società amichettista e tribale. Eredità dei tre secoli di dominio spagnolo? Cinquanta anni fa la Calabria ricevette una ventata di modernità, prodotto della creazione della prima università calabrese, qualcosa che non era venuto in mente agli Asburgo di Spagna, che pure, negli stessi due secoli del loro dominio, ne avevano create una ventina in America Latina.

Galileo Violini

Quella Università rappresentò un modello nuovo per l’Italia, per il suo carattere residenziale. E continua a rappresentare un fiore all’occhiello per la regione. Non può quindi non dolere che negli ultimi giorni la stampa regionale e nazionale ne abbiano parlato non per il prestigio nazionale e internazionale di cui godono molti suoi dipartimenti, ma per una polemicuccia in cui quegli stereotipi si sono intrecciati con la proiezione a livello locale dell’esprit de revanche culturale che caratterizza il governo nazionale. Il detonatore è stata la proposta 4.69 di emendamento al Decreto Milleproroghe, presentata da due senatori, non calabresi per la verità. Infatti la prima firmataria è una senatrice siciliana, e il secondo un senatore lombardo. L’emendamento è uno deigli oltre milletrecento presentati, ma ha avuto l’onore di essere tra quelli che un relatore, egli sì calabrese, ha indicato nella seduta del 28 gennaio della Commissione preposta come presentati dal suo partito, che è anche il partito del presidente della Regione Calabria e della ministra dell’ Università e della Ricerca.

La scelta della decina di emendamenti per quella lista deve essergli stata gravosa. Si consideri che la senatrice prima firmataria, più che in un partito di centro destra, sembrerebbe essere l’ultima giapponese del PC(B)US, un’autentica  stakanovista. Pur oberata di impegnativi incarichi, segreteria della presidenza del senato, partecipazione in cinque commissioni, si è impegnata nell’analisi delle manchevolezze del Decreto e ha prodotto 171 emendamenti. L’ammirazione che suscita in qualunque cittadino una tale dedizione non impedisce di ricordare che la quantità raramente giova alla qualità e, nel caso specifico, ha posto in evidenza la sua poca dimestichezza con il sistema universitario italiano. Uno dei temi ricorrenti degli emendamenti Ternullo-Paroli sono le correzioni temporali, una proroga  qui, un divieto di proroga là, (p.e., nell’emendamento 1.10, sulle facoltà assunzionali delle università). In alcuni casi, come per l’ANVUR (emendamento 1.69), i due senatori hanno offerto un argomento a sostegno di una proposta di proroga. Può non apparire convincente, ma non è peregrino e non insulta la logica.

Diverso è il caso dell’emendamento 4.69 di cui le male lingue, rappresentanza del Movimento Cinque Stelle nell’Assembla Regionale della Calabria o la quinta colonna del Fatto quotidiano, hanno insinuato che sia stato disegnato (male, come vedremo), su misura per il rettore dell’Università della Calabria, grazie ad un apparentemente innocuo incrocio di condizioni. Il fondamento teorico, subliminale perché non espresso sarebbe un preteso cordone ombelicale tra educazione superiore e programmi regionali. Alxuni commenti della proposta hanno interpretato quanto non espresso dai proponenti nel senso che la proroga risponderebbe all’esigenza di seguire l’esecuzione dei PNRR.  In realtà, senza giustificazione alcuna, l’emendamento propone tout court di prorogare fino al 31 dicembre 2027 i rettori delle regioni che, tra il 2022 e il 2024, sono state oggetto di un Piano di rientro sanitario, la cui università abbia una Facoltà di Medicina e chirurgia. 

Norma di ampia applicazione verrebbe da pensare. Perchè insinuare che sia su misura? 

La sfida di trovare un nesso tra la durata del mandato dei rettori e i problemi annosi della sanità non era di poco conto. Le università formano medici, e a giudicare da un recente Data Room, presentato in una delle principali catene nazionali TV non di regime, il problema della Sanità italiana non è formarli, piuttosto trattenerli nel nostro paese. Che c’azzecca quindi verrebbe da chiedere quando i problemi relativi al Piano di rientro sono amministrativi e di gestione. Forse più importante sarebbe stato porre come condizione per mantenere in carica un rettore, che la sua università formi amministratori o economisti (sarebbe stato ancor di più pennellato sull’Unical, peccato non ci abbiano pensato i due senatori!) o giuristi di diritto pubblico e amministrativo. L’impegno posto nel cercare un nesso, ancorché implausibile, spiega forse la prima sorprendente prova della scarsa conoscenza che i due senatori hanno del sistema universitario italiano. I rettori delle università entrano in carica il 1° novembre successivo alla loro elezione, salvo diverse disposizioni statutarie dell’ateneo e scadono il 31 ottobre sei anni dopo. Esotica quindi una proroga al 31 dicembre 2027, che comporterebbe dover allora fare qualcosa per rimettere ordine. Un tale vulnus alla situazione generale richiederebbe spiegazioni, ma certo prima occorre sapere che è un vulnus, anche se una spiegazione sospettiamo comprenderla.

Quanto all’intervallo temporale, verrebbe da osservare che nei tre anni in questione i rettori prorogandi erano in carica. Se non hanno potuto far nulla allora, né per altro era loro compito,  perchè immaginare che lo possano fare da qui al 2027? Ma restiamo in tema. La legge che proibisce una seconda elezione di un rettore, anche se non consecutiva, è tassativa, non ambigua come potrebbe essere il caso del divieto di terzo mandato dei presidenti di regione.  Per quale motivo una circostanza congiunturale che non attiene alle loro funzioni quale quella invocata dovrebbe essere presa in considerazione? Certo, il problema della sanità in alcune regioni è noto. Però, non solo le molte università in esse esistenti non sono state finora in grado di incidere su questo aspetto, ma non è certo un problema legato alla formazione dei medici, che è il solo di competenza delle università. Quando anche fosse diversamente, non per questo l’autonomia regionale lo porrebbe nelle competenze delle regioni, richiedendosi  piuttosto politiche nazionali che regionali, e anche la controversa legge sulle autonomie pone limiti per quanto riguarda eventuali, così che possibili, differenze regionali nelle politiche di educazione superiore. Considerazioni ovvie, ma per motivi imperscrutabili, o forse no, i due senatori il nesso e la cura del problema li hanno comunque trovati nella proroga di due anni e due mesi della durata della carica dei rettori di università statali che abbiano una Facoltà di Medicina e Chirurgia (sic!) e si trovino in regioni con Piano di Rientro sanitario. 

Non entro nel merito di un eventuale amicchetismo (interessato) da parte della regione Calabria insinuato da alcune polemiche di questi giorni. In realtà il pressapochismo dei proponenti le svuota di contenuto.  Se anche l’emendamento fosse approvato, non sarebbe applicabile. L’inesperienza in educazione superiore dei due senatori (sorprendente soprattutto in un politico di lungo corso come il senatore Paroli), ha fatto trascurare loro il fatto che da quattordici anni le Facoltà sono state soppresse e sono state rimpiazzate da Dipartimenti, con la possibilità di Scuole, che in sede interpretativa potrebbero essere assimilate a Facoltà (è il caso di Catania) e con poche eccezioni, ma non nelle regioni in questione. Quindi nella sua formulazione letterale l’emendamento è inapplicabile. Tuttavia non è da escludere che una benevola interpretazione possa estenderne l’applicazione a Dipartimenti. Potrebbe essere il caso dell’Università Magna Graecia, la cui soppressa Facoltà di Medicina ha dato origine a uno dei suoi tre dipartimenti, Medicina Sperimentale e Clinica. Ma il suo rettore non è in scadenza. Molta, troppa, buona volontà sarebbe necessaria invece per applicarlo all’Università della Calabria. Il primo problema è formale, essa ha solamente un corso di laurea, a numero chiuso (e non particolarmente elevato), il che rende arduo un suo upgrade di equivalenza alle Facoltà ante2010. Un secondo è sostanziale, come può un piccolo corso avere rilevanza per il Piano di rientro sanitario calabrese? Speranza tanto assurda da rendere la proposta arrogante.

Last but not least. Pare che ci sia solo un’altra Università cui l’emendamento sarebbe applicabile. In essa l’elezione è stata convocata. All’Unical lo sarà, ma solo se la legge non cambia. Coraggio senatori, se davvero il vostro partito ci tiene tanto a prorogare il rettore, modificate l’emendamento. Dite che la nuova legge penalizza glii attuali rettori rispetto ai prossimi, che potrebbero forse godere di un periodo di otto anni e proponete per tutti i rettori in carica una proroga di due anni e per piacere, non cercate un escamotage per escludere quelli scomodi come Montanari. L’Unical, non coinvolta istituzionalmente, vi sarà grata, per il danno d’immagine evitato. La minoranza all’Assemblea regionale e la logica no, ma si sa Il popolo vi ha votato. Se ne faranno una ragione. E poi Paris vaut bien une messe. Che ne pensa signora ministra? Ella è professoressa universitaria di Diritto Pubblico. Le pare normale? o lascerà rinverdire lo scandalo di quando un poliitico disse: Abbiamo una Banca? 

Qualcuno potrà attribuirle almeno il pensiero: Abbiamo una Università.

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