I Thangram sono un gruppo musicale Metal che hanno appena pubblicato il loro primo brano “A day in the life of Ivan D”. Un singolo che racconta un argomento delicato quale il sistema dei campi di lavoro forzato nell’ex URSS, post rivoluzionaria. Tra i protagonisti, di questa entusiasmante esperienza, il bassista, di Careri, Antonio Cicciarello.
I Thangram, è un gruppo Metal composto da: Antonio Cicciarello, basso, di Careri, John Knight, voce, Inghilterra e Stefano Saroglia, chitarra, di Torino. Con grande emozione presentano “A day in the life of Ivan D“, il loro primo brano, ma anche l’ultima opera a cui ha messo mano il musicista leggendario Sean Reinert. Il singolo è liberamente ispirato al saggio “Arcipelago Gulag”, di Aleksandr Solženicyn, che racconta del sistema dei campi di lavoro forzato nell’ex URSS post rivoluzionaria. Uno dei protagonisti di questo gruppo, Antonio Cicciarello, racconta il primo passo di quella che sicuramente sarà una lunga produzione musicale.
Come nasce questo gruppo?
Il gruppo nasce nel 2017 dalla collaborazione tra Stefano Saroglia (chitarra), Antonio Cicciarello (basso) e John Knight (voce). Al nucleo originario si sono aggiunti via via altri artisti del mondo heavy metal come, ad esempio, il batterista Sean Reinert (Cynic e Death), mancato improvvisamente due anni fa e il chitarrista Santiago Dobles, che ha partecipato con un assolo all’uscita del singolo “A Day in The Life of Ivan D”. Il nome del progetto deriva dalle parole “Thrash”, il genere musicale a cui facciamo riferimento e “Tangram” l’antico gioco cinese di sette tavolette.
Come vi sentite a presentare il vostro primo brano?
Siamo orgogliosi di aver portato a termine il primo passo di quella che speriamo sarà una lunga produzione musicale. Le idee e le fonti di ispirazione non sono mai venute meno, ma bisogna fare i conti con le difficoltà e gli imprevisti di viaggio che non mancano mai, oltre alle incombenze della vita quotidiana: nessuno di noi fa musica di professione.
Quanto è stato difficile continuare dopo la morte di Sean?
La morte di Sean, nel gennaio del 2020, ci ha colti di sorpresa e lasciati sgomenti. Prima ancora che per le sue doti musicali fuori dal comune, ricordiamo Sean per le sue qualità umane e la sua bontà d’animo. Dopo la tragedia abbiamo interrotto ogni attività e ci siamo interrogati sull’opportunità di proseguire senza di lui. Anche se non è stata una decisione facile, abbiamo scelto di completare il materiale a disposizione per onorare la memoria di Sean. Un grande ringraziamento va alla sorella di Sean, Patti, per l’enorme supporto dimostrato nei nostri confronti. Alla fine della canzone, se si fa attenzione, si può udire il suono delle bacchette che vengono posate sul rullante per l’ultima volta: abbiamo deciso di lasciare nel mix questo elemento per noi così carico di significato.
Quale messaggio principale vuole lanciare il vostro brano?
Il singolo “A day in the life of Ivan D” è liberamente ispirato al saggio “Arcipelago Gulag” di Aleksandr Solženicyn sul sistema dei campi di lavoro forzato nell’ex URSS post rivoluzionaria. Lui stesso vi trascorse parte della sua vita dopo la condanna a otto anni di prigionia per aver criticato Stalin in una lettera privata ad un amico. Negli anni di gulag, non potendo scrivere, Aleksandr compose centinaia di versi imparandoli a memoria e recitandoli con l’aiuto di un rosario fatto da alcuni prigionieri lituani con cento piccoli grani di pane ammollato e strizzato. Il nostro brano vuole denunciare la repressione e la crudeltà che hanno subìto tutte le vittime delle ideologie del secolo scorso.
Com’è nata la collaborazione con il Museo del Gulag di Mosca?
Il GULAG History Museum si è reso da subito disponibile a condividere filmati, fotografie e testimonianze originali provenienti dai campi di concentramento. Abbiamo utilizzato parte del materiale per realizzare il video che accompagna l’uscita del nostro singolo. Siamo soddisfatti del risultato finale, perché riesce a trasmettere il senso di oppressione fisica e mentale caratteristico della struttura repressiva del Gulag.
In che modo avete affinato la vostra tecnica?
Abbiamo militato in vari progetti e band precedenti prima di approdare a Thangram. Ad esempio, il nostro cantante John, famoso per il suo stile alla Geoff Tate, è anche leader della band heavy metal inglese Synaptik. Il bassista Antonio fa parte di una scuola di musica molto rinomata sul territorio. All’interno del progetto trovano spazio le più svariate influenze musicali anche di ispirazione extra – metal.
Avete un motto?
Durante il periodo più duro della pandemia ci scambiavamo messaggi che si concludevano immancabilmente con l’augurio/esortazione “Stay metal, stay safe” (Rimani “metal”, rimani al sicuro). Riassume la nostra filosofia di vita: il metal è un modo di essere, un rifugio che aiuta a superare le situazioni più difficili e che ci accompagna ormai da tantissimi anni.
Quali sono i vostri prossimi progetti?
Attualmente siamo al lavoro per completare le canzoni per l’album d’esordio. Siamo presenti su Bandcamp, su Youtube, Facebook e Instagram. Vi invitiamo a seguirci (ci trovate come Thangram) per conoscere gli aggiornamenti del nostro lavoro.