Andrea Marcenaro (qualcuno dirà: Chi era costui?-) è un giornalista che scrive su il Foglio e collabora al settimanale Panorama.
Per gli ingegni pizzuti di questo triste Paese che ha sempre e comunque il bisogno di dividersi in guelfi e ghibellini, in coppiani e bartaliani e in qualunque altra dicotomia che dia sfogo alla perversa tendenza di capovolgere il concetto latino “e pluribus unum” egli è, per questa sua appartenenza, “uno di Destra” nonostante moglie, figli, cognati, nuore e generi siano tutti dichiaratamente di Sinistra.
Non provo nemmeno ad immaginare il tenore di vita nel quale si trova immerso e quanta solitudine interiore egli debba sopportare da mane a sera.
Al contrario della maggior parte di suoi colleghi rampanti, che scrivono libri che non passeranno alla storia a causa dell’inanità dei contenuti, lui si limita a fare il suo lavoro di osservatore obiettivo della quotidianità, riportarla, senza modificarla pro domo sua, e commentarla secondo coscienza. Altro non fa, in pratica e per linee essenziali, che il lavoro del giornalista. E abbiamo quadrato il cerchio.
Ieri, 22 luglio 2022, sul Foglio è comparso un suo articolo, nel quale l’ultrasettantenne giornalista si arrischia a prevedere che, a far data dai prossimi giorni in cui partirà la bagarre della campagna elettorale in preparazione al voto del prossimo 25 settembre, Giorgia Meloni sarà oggetto di ogni serie di insulti, cattiverie, fake news e quant’altro.
Il suo ragionamento, in fondo, non è nemmeno del tutto nuovo e altri prima di lui hanno più o meno paventato una uguale possibilità (se non ricordo male, lo stesso Pietrangelo Buttafuoco che, ora si ora no, non manca di darle contro).
Intanto, una parte dei media ha cominciato col metterla nel mirino per i toni adoperati nel suo intervento all’adunata di Vox in Spagna: è sguaiata, urla, non ha contegno, aizza le folle, è una peracottara.
Lei ha ammesso di essersi lasciata trasportare lamentando, tuttavia, il fatto che i suoi denigratori si sono appigliati all’aspetto formale del suo discorso tralasciando l’aspetto sostanziale.
È sempre il solito vecchio stratagemma consigliato da Schopenhauer nell’Arte di Avere Ragione.
Ci sono, poi, quelli che, in trincea da una vita contro il body shaming, hanno, nondimeno, da ridire sul suo aspetto fisico (ha gli occhi sporgenti, i fianchi larghi e il culo grosso e basso) e che le consigliano di starsene a casa a crescere la figlioletta che, ma tu guarda!, ha voluto chiamare Ginevra.
Sarebbe macelleria messicana se non fosse il peggiore esempio di esercizio di malafede.
Senza indugiare, poi, nel campo dei suoi oppositori, nel campo del Centrodestra non va molto meglio.
È sempre esistita tra i partiti che lo compongono la regola del “chi prende un solo voto in più degli altri fa il leader” e, invece, ex abrupto, questa regola non è più condizionante.
A Salvini e, soprattutto, a Berlusconi (al quale viene l’orticaria se deve fare il secondo) non sta bene che, tenuti per veritieri i sondaggi che danno Fratelli d’Italia al primo posto nelle intenzioni di voto degli Italiani, una donnetta insignificante e culona (ricordate la Merkel?) faccia il capo della coalizione.
E non è una questione di femminismo, no, è proprio un’ incapacità a stare un passo indietro nel cono d’ombra di qualcun altro.
Non mi sorprenderebbe, perciò, che, per togliere a Giorgia Meloni la possibilità di capitanare il Centrodestra (sempre nel caso che vinca le elezioni) Matteo e Silvio decidessero di unirsi in un solo partito guidato da chiunque dei due per ottenere quel voto in più. Hai visto mai?
Si dirà: tu sei di Destra. Si, sono di Destra, ma di una Destra defunta e della quale sono orfano.
Una Destra europeista, atlantista, ecologista, che non abbia paura di accogliere gli infimi del mondo, che non si nasconda dietro frasi come “prima gli Italiani”, che non abbia paura di chi professa altre religioni e/o scappa dalle guerre.
Che dire “aiutiamoli a casa loro” è un modo per lavarsi le mani, che si ricordi che siamo stati, noi Italiani, migranti prima di altri e abbiamo assaggiato, prima di altri, il fiele dell’ostilità e dell’indifferenza.
Di queste istanze la Meloni ne condivide solo un paio, forse, per questo, non posso dire che sia il mio vessillo di riferimento, nondimeno, non sopporto che chi dovrebbe governare la mia Terra ricorra a mezzucci da bassifondi per delegittimare l’avversario.
Perciò, che nessuno tocchi Meloni!
Sergio M. Salomone