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venerdì, Novembre 22, 2024
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Catanzaro: una svolta globale necessaria

Catanzaro, oggi, appare come capoluogo del nulla. Marcello Furriolo, nelle oltre 200 pagine di testo, raccoglie tutto lo sdegno, ma anche tutto l’amore per uno spreco che è davanti agli occhi di tutti da tempo. E Furriolo, che di questa città è stato sindaco, sa bene di cosa si sta parlando. Il problema non è solo politico o istituzionale. Magari fosse solo quello… 

Catanzaro, oggi, appare come capoluogo di una regione che non c’è e capoluogo dunque del nulla.

C’è voluto il coraggio di Marcello Furriolo, nelle oltre 200 pagine di testo, per raccogliere tutto lo sdegno, ma anche tutto l’amore per uno spreco che è davanti agli occhi di tutti da tempo. E Furriolo, che di questa città è stato sindaco, sa bene di cosa si sta parlando.

Il problema non è, infatti, solo politico o istituzionale. Magari fosse solo quello!

C’è anche ovviamente quello, ma non solo. E allora? Allora è un problema di una classe dirigente nel suo complesso che ha finito con il plasmare in basso domanda e offerta in tutti i settori, in tutti gli ambiti della vita civile, sociale e culturale. E magari chiedersi a chi fa comodo, ha fatto comodo e farà comodo tutto ciò.

Un piccolo mondo antico l’ho chiamato io, che da 44 anni vivo in questa città alternandomi con Cosenza, il mare (Jonio) e la Sila (Grande). Un piccolo mondo antico dietro cui, però, si nascondeva e continua a nascondersi un connubio a volte malato tra professioni, affari, politica, impresa e anche criminalità. Fare finta che non ci sia questo significa rimandare tutto alle inchieste della magistratura e mettere la testa sotto la sabbia per fare finta di non vedere.

Catanzaro non è più – ammesso che lo sia mai stata nel passato – la sonnacchiosa città di provincia, lenta, languida, indolente, paciosa. Sotto questa coltre e queste ragnatele si nasconde altro e politica e società hanno il dovere di guardare in faccia la realtà e di reagire, ovviamente se possono e vogliono.

È evidente che le prossime elezioni amministrative possono segnare una svolta e un risveglio, necessari quanto ineludibili, a patto che non si inneschi un nuovo pericoloso meccanismo di trasversalismi, opacità, giochi di potere, affari che hanno portato la città allo stato attuale. Anni e anni di collateralismi, vischiosità, relazioni pericolose hanno, infatti, danneggiato l’immagine del capoluogo di regione come centro anche culturale di buon livello (riconosciuto non solo in tutta la Calabria ma anche al di fuori dei confini regionali), abbassando il livello a quello di strapaese, facendo salve alcune lodevoli eccezioni.

Tutto ciò ha accentuato un’altra caratteristica del substrato sociale che è quella della lamentazione continua e senza costrutto e dell’autorazzismo, che ha prodotto solo un crollo della considerazione dei cittadini stessi verso la loro città, con la conseguenza (inimmaginabile altrove) che i peggiori nemici di Catanzaro sono i catanzaresi stessi!

Vi immaginate se una cosa del genere sia possibile, tanto per fare un esempio, a Reggio o a Cosenza?

Occorrerebbe uno scatto di orgoglio accompagnato a quella consapevolezza di cui prima si è detto, con una forte valenza e progettualità politica, culturale, istituzionale.

Altrimenti il rischio che Catanzaro diventi una piccola cittadina (anche insignificante?) di un Mezzogiorno in irreversibile crollo demografico è altissimo. Necessita uno sforzo corale attorno a leader riconosciuti. I leader non si misurano solo dai voti che riescono a rastrellare sul piano personale. I voti, ai leader, li danno tutti coloro i quali siano davvero intenzionati ad avviare seri percorsi di cambiamento!

Gli esempi negativi di come le cose non vanno affatto bene nel capoluogo sarebbero tanti e Furriolo ne ricorda molti, con la sua prosa elegante e forbita.

Capita sempre più spesso in questa nostra bella Calabria che le cose buone e positive ci passino sotto i nostri occhi e noi non sappiamo vederle se non, addirittura, le scambiamo per altro, le mettiamo cioè in un angolino e le facciamo passare per cose non buone. Misteri di casa nostra.

Capita così che un grande giornale come il Corriere della Sera in uno dei suoi dorsi più specialistici e di nicchia – il Corriere Innovazione – abbia dedicato una pagina intera ad un mirabile episodio di cooperazione tra due nostre Università, che noi invece per mesi abbiamo dileggiato in un’assurda lotta campanilistica tra città, atenei, quasi un derby calcistico in salsa accademica. Assurdo, veramente assurdo!

Di che parliamo? L’11 ottobre 2021 l’Università della Calabria e l’Università degli Studi Magna Graecia di Catanzaro hanno inaugurato il primo corso in Italia in Medicina e Tecnologie digitali interateneo. L’offerta formativa punta sull’ innovazione per rispondere alle sfide professionali del futuro con uno sguardo internazionale. Si tratta, infatti, di una laurea magistrale a ciclo unico con 66 posti disponibili di cui 6 riservati a cittadini stranieri non comunitari residenti all’estero.

Nel suo intervento alla giornata inaugurale dei corsi la ministra dell’Università e della Ricerca, Maria Cristina Messa, ha parlato di una ‘’iniziativa importante e vincente che seguiremo nel tempo per capire se c’è la possibilità di allargarla ad altre realtà’’.

Sì, avete capito e letto bene. Per una volta facciamo da apripista nazionale in una cosa bella e positiva. Non solo si studieranno le competenze mediche ma come padroneggiare le nuove tecnologie e applicarle nel mondo sanitario, con l’apprendimento di metodi e tecniche proprie dell’intelligenza artificiale e della bio-informatica. Si andrà avanti nello studio della telemedicina, della medicina di precisione, della medicina personalizzata, della chirurgia robotica. Questo corso assicurerà un doppio titolo: la laurea magistrale in Medicina e chirurgia e la laurea triennale in Ingegneria informatica.

Ecco, quindi, i medici-ingegneri nella regione della mala sanità, della mala medicina, della sanità commissariata da 13 anni etc etc.  Un quadro che dovrebbe, dunque, attirare attenzione positiva, suscitare quantomeno interesse, sollevare dibattiti per come aiutare questo sforzo che due università di casa nostra hanno messo in piedi.

E invece? Accade che si sollevino – da Catanzaro – settori del municipalismo più becero che tanto danno, come dovrebbe essere noto, ha portato alla Calabria per aprire una canea sullo ‘’scippo ai danni del capoluogo’’, su una nuova facoltà di Medicina che mette in secondo piano quella già esistente, un doppione, un’offesa alla dignità del capoluogo, etc etc. Un’incredibile sollevazione di gruppi, associazioni, sigle che hanno puntato al solito refrain della città defraudata, chiamando a raccolta – come fecero 50 anni fa in altre parti della nostra bella Calabria – gli spiriti più bollenti. Per fortuna nostra i tempi sono cambiati, i luoghi sono diversi, il contesto – come direbbero i marxisti – è mutato e nulla è successo. Ma un’occasione sì che è stata persa. Anzi due: quella di tacere in primo luogo e di non sbraitare solo per farsi notare e, magari, ricordarsi di come si difendono per davvero la storia e la dignità di un territorio. E la seconda occasione è stata quella di non saltare addosso a questa meravigliosa situazione creatasi (per la cronaca: se l’Università di Catanzaro non aderiva l’Unical si rivolgeva altrove e il corso interateneo si faceva fuori dalla Calabria) per rendere tutti edotti di quanto di positivo anche noi si poteva e si può fare.

Altro esempio quello del Duomo, chiuso da cinque anni. Ve lo immaginate se poteva succedere da un’altra parte nel silenzio più o meno tombale di classe politica, culturale, sociale, economica, ma anche ecclesiastica?

L’Arcivescovo metropolita di Catanzaro-Squillace, Monsignor Claudio Maniago, un toscano che ha lavorato nella vicina Puglia, non si era nemmeno presentato domenica 9 gennaio alle autorità cittadine, nel giorno del suo insediamento nella Diocesi del capoluogo calabrese, e commentava con parole di amarezza lo stato dell’arte sulla riapertura del Duomo cittadino che, a seguito del crollo di parte del soffitto, è chiuso al pubblico e quindi al culto dal mese di gennaio del 2017!

Cinque incredibili anni: ma il dato forse più clamoroso di questa vicenda è che, dopo una serie di indagini tecniche della struttura e il suo interno, non si hanno più notizie di cosa stia accadendo e nel frattempo la piazza e addirittura la parte d’ingresso del Duomo stesso sono un parcheggio di auto private affastellate l’una sull’altra. Quanto tempo dovrà passare prima di poter vedere riaperta al culto la Chiesa Cattedrale di Catanzaro? L’unica certezza è che le celebrazioni per i 900 anni dalla costruzione della prima Cattedrale di epoca normanna della città di Catanzaro non potranno tenersi nel sacro immobile.

Eppure, come Furriolo ha ricordato e come mi diceva spesso una mia grande amica che ora purtroppo non c’è più e che si chiamava Anna Maria Longo, da Catanzaro si arriva piangendo e si va via piangendo. Un motivo c’è ed è molto, molto importante e profondo: sono la gentilezza e l’ospitalità, sono il senso di una civiltà dei rapporti antica non perduta del tutto. Sono i catanzaresi in una parola. Magari ‘’musci’ come si dice in giro, magari piagnoni ma popolo vero su cui lavorare. Qualcuno per favore lo faccia! Anche la lettura di questo libro può aiutare.

 

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