“Il fatto non sussiste”: con questa motivazione la Corte d’Appello di Reggio Calabria ha assolto il noto avvocato e imprenditore reggino Alfonso Santo Martorano, insieme alla moglie Antonina Maesano e la figlia Carmen Miriam, accusati di truffa e di associazione a delinquere.
La riforma della sentenza di primo grado da parte della Prima Sezione penale della Corte d’Appello porta in luce la verità sempre opposta dagli accusati, ovvero la totale legalità e trasparenza dell’attività finanziaria, rivolta soprattutto ad aiutare e soddisfare le fasce più deboli e più esposte della popolazione. Senza illeciti e nel rispetto totale delle norme di legge: l’accusa di truffa e di associazione a delinquere non avevano alcun fondamento e nessun profilo di illiceità e questo è stato riconosciuto dalla Corte d’Appello alla luce della corposa documentazione prodotta dagli imputati che ha dimostrato l’assoluta legalità dell’attività di un gruppo finanziario apprezzato e stimato in tutt’Italia. Una sentenza che ridà onore e decoro a un professionista, costretto dal 2018 a subire la gogna mediatico-giudiziaria di accuse totalmente infondate nei suoi confronti e della sua famiglia, subendo, malgrado l’inconsistenza delle accuse, la distruzione di un’avviata azienda finanziaria di specchiata onestà e la confisca di tutti i beni suoi e della sua famiglia. La sentenza conferma – con una decisione di sicura impronta garantista e indiscussa autorevolezza (Presidente dottore Alfredo Sicuro, consiglieri dottore Giuseppe Perri e dottoressa Cristina Foti) – l’assoluta infondatezza degli addebiti penali ascritti con la più ampia formula della giustizia penale: “il fatto non sussiste”, con “revoca delle statuizioni civili e revoca della confisca penale ed immediata restituzione dei beni in sequestro agli aventi diritto”.
L’imprenditore reggino, avvocato Santo Alfonso Martorano, operatore economico e fondatore del Gruppo Finanziario M3 , difeso dall’avvocato professore Mario Antinucci del Foro di Roma e dell’avvocato. Mario Mazza del Foro di Locri, è stato assolto unitamente alla moglie Antonina Maesano e alla figlia Carmen Miriam Martorano, difese dall’avvocato Professore Roberto Zanotti e dell’avvocato. Sabrina Tirabassi entrambi del Foro di Roma. L’imputato e la sua famiglia sono stati costretti a convivere per anni con le lunghe catene di un illegale sequestro totalitario su tutti i beni dell’intero patrimonio del Gruppo Martorano, disposto dal Tribunale di primo grado in modo apodittico, del tutto indiscriminato e in assenza di prova di quel profitto illecito rimasto allo stato di indagini poliziesche ampiamente confutate nei motivi d’appello e nelle contro-deduzioni dei consulenti tecnici Dottore Filippo Quattrone e Dottore Gianluca Nappo del collegio difensivo. L’avvocato Santo Alfonso Martorano e la sua famiglia hanno sempre proclamato a gran voce la totale estraneità ai fatti contestati alle persone fisiche e alle Aziende del Gruppo Martorano, senza mai perdere la fiducia nella cultura della legalità e nel rispetto delle decisioni della Magistratura, ma soprattutto senza mai perdere la dignità delle persone oneste, nella fondamentale coerenza a quei principi di legalità economica che hanno da sempre costituito la spina dorsale e le fondamenta del Gruppo Finanziario M3.
La Corte d’appello ha accolto in toto i motivi d’impugnazione della Difesa, che nel rispetto dei principi di oralità ed immediatezza del giudizio penale ha saputo confutare l’”indice delle cose impossibili” cristallizzate nei capi d’imputazione dell’”associazione per delinquere” e del “riciclaggio”, fornendo al contrario la prova del fatto che tutte le Aziende del Gruppo Martorano avessero sempre tenuto una condotta irreprensibile al punto da risultare creditrici della Banca Monte dei Paschi di Siena, quest’ultima fino all’ultimo protagonista di una vera e propria invettiva inquisitoria. Anche se occorreranno 90 giorni per conoscere le motivazioni della decisione della Corte, alla lettura del dispositivo della sentenza di riforma della condanna di primo grado è stata commovente la felicità degli imputati che hanno seguito ogni momento del giudizio di primo e di secondo grado, senza mai perdere per un istante la determinazione a difendersi provando nel giudizio la non colpevolezza, in un territorio – corre l’obbligo di ricordare – dove il perseguimento della legalità e della giustizia accomuna tutte le persone per bene che hanno fiducia nelle decisioni della Magistratura.