La mancata convalida del trattenimento dei 12 migranti nel centro di accoglienza in Albania è diventato un’enorme caso politico che ha visto lo schierarsi del Governo da un lato e la Magistratura dall’altro.
Cosa è successo?
L’antefatto lo conosciamo tutti: mercoledì scorso i primi 16 migranti partono dall’Italia con una nave militare per andare diretta in Albania nel nuovo centro per migranti costruito e voluto dal governo italiano per risolvere il problema migranti e sicurezza dei confini in Italia. Giovedì i primi 4 migranti vengono riportati indietro perché in realtà erano minorenni e vulnerabili e impossibilitati ed essere ospitati nel centro. Qualche giorno dopo anche gli altri 12 migranti vengono rimandati in Italia perché secondo i giudici della sezione immigrazione del Tribunale di Roma mancano, ai sensi della legge, gli estremi della convalida. Da qui scoppia il caso politico.
Il Caso Politico
Il caso scoppia proprio a causa di questa mancata convalida che per la maggioranza del governo è un attacco alla politica di destra. “I giudici sono corrotti e comunisti”, “i giudici non rispettano il volere degli italiani e sfidano e scavalcano il governo”. La stessa Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha commentato il fatto sostenendo che i giudici siano mossi da pregiudizi nei confronti del centro destra e che questa sia stata più scelta politica che una condizione di giustizia. Il Presidente del Senato, Ignazio La Russa ha detto che occorre più rispetto da parte dei magistrati. Il Ministro della Giustizia, Carlo Nordio, ha addirittura parlato di sentenza abnorme, mentre il Ministro Matteo Salvini si è posto un quesito chiedendosi se i giudici pagheranno qualora uno di questi 12 migranti un giorno dovesse commettere uno stupro o un qualsiasi altro delitto.
Governo vs. Magistratura
Il margine di discrezionalità che i giudici potevano avere in questa storia non esiste, e il Governo Meloni e le forze del Centro destra omettono una parte fondamentale, sostenendo che i giudici – potendo scegliere di convalidare il diritto di asilo dei 12 migranti a restare in Albania – abbiano deciso di non farlo per loro volontà personale. La decisione dei giudici non poteva essere discrezionale, ma automatica e di fatto obbligatoria, dettata da una sentenza della Corte di Giustizia Europea che risiede al di sopra delle leggi nazionali. Il rispetto delle leggi segue una gerarchia, che camminano come una pedina del domino.
La gerarchia delle fonti
La prima pedina di questo domino è rappresentata dal decreto Cutro – in cui se un immigrato arriva da un paese presente nell’elenco dei paesi sicuri del Ministero degli Esteri Italiano, allora la richiesta può essere affrontata in una procedura accelerata di 28 giorni -. Seconda pedina più in alto: il protocollo Italia – Albania. Il protocollo prevede che possono essere trasferiti e trattenuti solo migranti provenienti da paesi sicuri che sono presenti nell’elenco del Ministero degli Esteri. Terza pedina, più in alto di tutte è rappresentata dalla posizione dell’Italia che, come qualunque paese parte dell’Unione Europea, è obbligata al rispetto del diritto comunitario. E questo perché in Italia così come in tutti paesi UE, le fonti normative non sono tutte uguali ma, seguono una gerarchia. Questo significa che quando una regione, ad esempio, fa una legge, questa deve rispettare delle regole e dei parametri stabili dalla legge nazionale che a sua volta deve rispettare i limiti e i principi stabiliti dalla Costituzione, che a sua volta deve rispettare la legge Europea.
Sulla base di questo ragionamento il governo italiano ieri ha deciso di intervenire inserendo l’elenco dei paesi sicuri all’interno di un decreto legge. Il decreto legge ha un valore superiore rispetto il decreto ministeriale, è più forte dell’altra, per cui i giudici dovranno rispettare il decreto. Ma tutti, il governo stesso, dovrebbero sapere che anche i decreti legge sono fonti normative di rango inferiore a quale comunitarie. Pertanto, nonostante il governo abbia varato il decreto legge, quel decreto non modifica la gerarchia delle fonti normative, e quindi i giudici, di fronte la medesima sentenza della Corte di Giustizia Europea, dovranno ancora una volta dare la priorità a quella sentenza. La storia si ripete e siamo di fronte un nuovo vicolo cieco, bisogna solo sperare che i centri in Albania non resteranno abbandonati buttando così milioni di euro italiani.