Carlo Carlino intellettuale calabrese, morto il 30 ottobre 2004, era un personaggio di una cultura vasta e profonda, ha dispiegato il suo talento come scrittore, critico d’arte, expertise e saggista. Ha diretto tre case editrici. Insomma, un intellettuale mitteleuropeo. Anni fa scoprì in una casa patrizia di Vibo Valentia, un’opera del Baciccio, “Pasce oves meas”, che diede lustro alla Calabria.Bruno Gemelli
Alla presentazione del mio ultimo lavoro, “I Dimenticati”, un amico mi ha fatto notare che, tra i 50 profili presenti nel saggio, mancava la figura di Carlo Carlino, intellettuale calabrese morto il 30 ottobre 2004 all’età di 51 anni. In realtà ne mancano tanti altri, ma, nell’introduzione del libro, ho cercato di spiegare la ratio della casualità. Quelli presenti in questo arengo ci sono perché hanno attirato la curiosità del cronista che ha dato loro conto in un determinato momento. Naturalmente gli assenti sono un numero infinito. Ma la discrezionalità è il lievito di questi libelli.
Tuttavia, l’osservazione dell’amico presente era ed è pertinente. Carlo Carlino doveva, e deve, essere ricordato. La Calabria matrigna ha un debito di riconoscenza verso questo personaggio soprattutto perché gli ha negato una cattedra universitaria. A Lui, per la critica della letteratura straniera, e a Pasquino Crupi, per la critica della letteratura calabrese. Due vuoti che prima o poi dovranno essere colmati. Crupi è stato più fortunato perché l’area grecanica che gli ha dato i natali lo ricorda periodicamente e, poi, è stato pro-rettore dell’Università per stranieri di Reggio Calabria. Carlo Carlino, nativo di Cinquefrondi, è stato adottato da Catanzaro dove ha abitato a lungo con la moglie Clara e i figli Ludovico e Anisia. Personaggio di una cultura vasta e profonda, ha dispiegato il suo talento come scrittore, critico d’arte, expertise e saggista. Ha diretto tre case editrici. Insomma, un intellettuale mitteleuropeo con un carattere forte e dolce al tempo stesso; attaccato alla sua terra, sprigionava i tratti distintivi della sua personalità di uomo di cultura marcatamente meridionale ma con ramificazioni ideologiche ed interessi a larghissimo spettro. Un antesignano illuminato su cui la Calabria è stata avara, ricordando sempre e solo quei pochi contemporanei che meritano di essere citati.
Fu Carlo Carlino, anni fa, a scoprire in una casa patrizia di Vibo Valentia, un’opera del Baciccio, “Pasce oves meas”, che gli storici dell’arte cercavano da due secoli. Il grande dipinto (misura 257 x 217 centimetri), realizzato dall’allievo prediletto del Bernini, Giovan Battista Gaulli detto appunto Baciccio, fu acquistato dallo Stato su proposta della sua scopritrice, Rossella Vodret, che è stata soprintendente per il patrimonio storico artistico della Calabria. Il luogo in cui dimora definitivamente questo capolavoro del tardo Barocco è il bellissimo Palazzo Arnone, nel centro storico di Cosenza, che ospita la Galleria Nazionale. Palazzo Arnone, nella sua lunga storia ospitò i presidi di Calabria Citeriore e il Grande Archivio di Giustizia, fu prima sede del Tribunale e della Regia Udienza e col tempo assunse, sino al 1982, la funzione di carcere cittadino, chiamato Colle Triglio. Non c’è dubbio che il ritrovamento del quadro “Pasce oves meas” rappresentò per la Calabria l’evento artistico più importante di quattro lustri fa. Tanto più che l’esplorazione nella collezione privata dei marchesi di Francia di Vibo Valentia richiamava il mistero del percorso fatto dal prezioso dipinto nel tempo. A svelarne tappe e cadenze è stato, come detto, Carlo Carlino, forse il maggiore critico d’arte calabrese.
Egli, saggista, francesista e operatore culturale a tutto tondo ha curato e scritto numerosi libri d’arte e di viaggi, collaborando anche con diverse testate e riviste nazionali e con la Rai. Dopo essere stato direttore editoriale di “Rubbettino editore” e di “Abramo editore”, ha ricoperto lo stesso ruolo presso la “Iiriti editore” di Reggio Calabria. Ha curato, per l’editore Sellerio di Palermo il volume “Massime e pensieri di Napoleone”, di Honoré de Balzac, e il “Grande dizionario di cucina” di Alexandre Dumas.