È ciò che è emerso dai dati raccolti dal satellite IceSat-2 della Nasa, dopo 3 giorni è sparita una massa d’acqua del volume compreso fra 600 e 750 milioni di metri cubi a causa di un deflusso.
I dati, pubblicati sulla rivista Geophysical Research Letters dall’Università australiana della Tasmania, con il gruppo di Roland Warner, in collaborazione con l’Università della California a San Diego e della Columbia University di New York, mostrano come nella piattaforma antartica Amery si sia formata una sorta di novità, che nel tempo si è allargata fino a diventare un bacino collegato all’oceano.
Secondo gli esperti, il peso dell’acqua accumulata nel lago profondo dell’Antartide abbia aperto una fessura nella piattaforma di ghiaccio sotto il lago, un processo noto come idrofrattura, facendo defluire l’acqua nell’oceano sottostante, e portando a un sollevamento fino a 36 metri della regione occupata dal lago drenato.
«Le piattaforme di ghiaccio sono importanti perché rappresentano un tappo al deflusso del ghiaccio delle calotte – Spiega il glaciologo Massimo Frezzotti, docente di Geografia fisica e Geomorfologia all’Università di Roma Tre, intervento all’ANSA sulla vicenda – Una loro riduzione o collasso invece induce un aumento del deflusso del ghiaccio della calotta continentale e questo fenomeno contribuisce all’innalzamento del livello del mare. Lo studio testimonia come il monitoraggio con sistemi satellitari permetta di studiare le aree più remote e inaccessibili del pianeta. La ricerca dimostra come le misurazioni geodetiche ad alta risoluzione dai satelliti possano perfezionare le nostre conoscenze sulle piattaforme di ghiaccio galleggiante. Migliorando – conclude – l’accuratezza delle nostre proiezioni sul contributo delle calotte di ghiaccio all’innalzamento del livello dei mari, a causa dei cambiamenti climatici indotti dall’uomo».