L’ultima vacanza di Christian Vieri e famiglia lungo la costa tirrenica reggina, nonché la villeggiatura di Jovanotti un mese prima a Scilla e Gerace hanno riconfermato il concetto base di “turismo vip”, ossia la consacrazione di diversi luoghi da ferie estive a località in cui abbronzarsi e fare un tuffo a mare solamente perché prima c’è passata la celebrità di turno.
L’ultima vacanza di Christian Vieri e famiglia lungo la costa tirrenica reggina (e le relative sortite in lidi e locali tra Palmi e Reggio, ampiamente documentate via social), nonché la villeggiatura di Jovanotti un mese prima a Scilla e Gerace (o meglio, un viaggio di lavoro per le riprese dell’ultimo videoclip del cantante) hanno riconfermato il concetto base di “turismo vip”, ossia la consacrazione di diversi luoghi da ferie estive a località in cui abbronzarsi e fare un tuffo a mare solamente perché prima c’è passata la celebrità di turno. Ma questa non è una novità, anzi si può affermare che tutto ciò rientri tra gli ultimi scampoli del boom economico che fu, quell’era del turismo di massa strettamente legato a doppio filo ai fenomeni di costume e alle mode. Con una differenza: mentre nei primi anni ‘60, artisti, calciatori e gente del cinema si godevano placidamente il sole in spiaggia fingendo di non accorgersi dei paparazzi, oggi sono loro stessi ad affidarsi a Facebook o Instagram per certificare la loro presenza in siti che, anche se rinomati da tempo, improvvisamente diventano la rappresentazione fisica della nozione stessa di “vacanza”, poiché, se ci vanno il LUI o la LEI famosi, devono essere per forza posti esclusivi. Non è assolutamente un male, intendiamoci: nessuno sta facendo la morale, soprattutto quest’anno che la stagione, finalmente, è partita alla grande dopo due anni forzati di stop! Grazie alla pubblicità, volontaria o meno, dei vari vip, ammettiamolo, la stragrande maggioranza degli italiani ha potuto scoprire delle località splendide, un tempo precluse al grande turismo, non solo per rilassarsi in riva al mare, ma anche per perlustrare i territori limitrofi e farsi una cultura artistica e storica visitando città ed il loro patrimonio. Infine, postando online le immagini di pranzi ed apericene nei ristoranti e i locali più ‘in’ delle coste italiane, i vip rimettono in moto, a modo loro, anche la categoria della ristorazione ridotta all’osso da pandemia e lockdown.
Questo “lungo” preambolo serve ad introdurre il livello successivo della nozione fin qui discussa: il turismo da influencer. Tanto per ricordarlo, gli influencer sono l’evoluzione del vip in salsa millennial: non più personaggi celebri per meriti specifici, ma famosi… semplicemente perchè lo sono per qualche ragione, con i loro post e video che dettano le regole ai giovanissimi (ma non solo) in materia di moda, marketing, costume e, ultimamente, anche politica e persino cultura. Si badi bene, ho scritto “regole” e non “opinioni”, ma sarebbe meglio dire “diktat”: il merchandising, l’omologazione e il globalismo, che un tempo usavano la televisione e l’informazione standard per propagandare il loro verbo, hanno ormai infranto ogni barriera affidandosi a personaggi che dalla sera alla mattina diventano popolari con filmati di pochi minuti condivisi sui social e sull’onnipresente Tik Tok, in cui impongono il loro punto di vista spesso in modo superficiale e senza particolari abilità nell’esposizione (il loro unico talento è l’auto promozione, qualità in cui eccellono, bisogna dargliene atto).
Ovviamente, anche il turismo non poteva non rientrare in questa nuova variante, e qui la differenza con le celebrità citate poc’anzi si fa peculiare: non più un semplice “invito” ad andare in vacanza per godersi le bellezze dell’Italia e del mondo, ma un ordine perentorio a recarsi in questa o quella località perché … te lo dice l’influencer; anzi, essi suggeriscono che prima che le visitassero loro, armati di cellulare a catturare ogni mezzo secondo dei propri movimenti, questi siti semplicemente non esistevano. Infatti, non siamo neppure più davanti al concetto di “turismo mordi fuggi”, siamo andati oltre: gli influencer promuovono il “turismo dell’istante”, il tempo di un selfie davanti ad un monumento o una chiesa e via, passano ad altro facendo ripiombare l’attrazione nel nulla del fuori campo, senza neppure godersi per altri cinque minuti la bellezza del luogo fotografato (che comunque viene schiacciato sullo sfondo dal vanitoso primo piano dell’influencer); il tutto condito non da quattro righe di commento per spiegare la storia o il significato socio culturale del monumento, ma da vaniloqui intrisi di egocentrismo, presunzione, citazioni di marketing o consigli per gli acquisiti (è il consumismo, bellezza!). D’altronde, sulle conoscenze culturali di diversi influencer è meglio tacere, come dimostra la cronaca degli ultimissimi giorni.
La domanda spontanea è: abbiamo davvero bisogno di questo genere di turismo? Realmente i nostri giovanissimi non possono informarsi su dove andare in vacanza utilizzando i tradizionali mezzi di informazione (molto più dettagliati e precisi)? Le spiagge della nostra bella Calabria o, citando un nome a caso, gli Uffizi di Firenze esistevano in tutto il loro splendore ben prima che se ne occupassero gli influencer, che probabilmente spingono per visitarli solo per moda; non è che prima fosse noioso visitare un museo, poiché è stupendo gustarsi di propria iniziativa i quadri o i manufatti esposti, senza che qualcuno lo imponga in nome della figaggine o degli algoritmi.
In conclusione, sembrerebbe che ormai siano destinati a chiudere pro loco, assessorati ed associazioni dedicati al turismo, data anche la velocità con cui gli influencer riescono a far pubblicità a spiagge, musei e patrimoni culturali con i loro profili; ma siamo sicuri che non sarà così.
Quindi, auguro buone vacanze a tutti e, se volete compiere un tour da qualche parte, affidatevi a qualche operatore esperto; magari vi potrà sembrare noioso e/o presuntuoso, ma siamo certi che vi saprà dare molte più informazioni esaurienti di quelle svogliate (e scontatissime) degli influencer.
Filippo Mammì