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lunedì, Novembre 25, 2024
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Antonio Landolfi: un “Apostolo del Socialismo”

L’ultima fatica letteraria di Michele Drosi, “Antonio Landolfi, Socialista laico, liberale, libertario e garantista”, edita da Rubbettino, rappresenta un interessantissimo spunto di meditazione e ragionamento. Il saggio è ben strutturato, l’autore riesce anche a disegnare il tratto semplicemente umano del Landolfi, disponibile al dialogo anche con chi sosteneva la necessità della rivolta armata.

Per tutti coloro i quali sono convinti che la Prima Repubblica fosse naufragata sotto il diluvio di monetine dell’hotel Raphael, l’ultima fatica letteraria di Michele Drosi, “Antonio Landolfi, Socialista laico, liberale, libertario e garantista”, edita da Rubbettino, rappresenta un interessantissimo spunto di meditazione e ragionamento.
Il “Socialista con gli occhiali”, come è stato anche  definito Antonio Landolfi, nella descrizione e nel racconto di Michele Drosi, come al solito autorevole, documentato e portatore di una prosa intensa e scorrevole, mostra ai lettori come dovrebbe essere e come è forse stato, l’impegno nella cura della Polis.
Un professore Universitario, un intellettuale che ha viaggiato accanto a personaggi, considerati oggi come storici dai più, nella seconda metà del secolo scorso ed agli albori di quello in corso. Un Uomo che non ha mai ricevuto cariche politiche di governo, ma che è sempre stato nella “stanza dei bottoni” nel momento in cui esse venivano assegnate.
Il saggio, che si legge tutto di un fiato, come se fosse un thriller di Wilbur Smith, è ben strutturato: la precisa, esaustiva e chiarificatrice introduzione di Gianvito Mastroleo viene seguita dall’approfondimento, in capitoli, di tutti gli ambiti culturali nei quali il pensiero di Antonio Landolfi si è dipanato e sviluppato nel tempo. Tanti argomenti legati tra loro dalla sapienza di Michele Drosi, capace di unire parole e pensieri, sia del Landolfi che di altri, a proprie considerazioni caratterizzate anche dall’aver vissuto tanti anni a stretto contatto di un amico, uno studioso, un intellettuale illuminato quale era quello che è stato definito “Un apostolo del Socialismo”. Tematiche trattate con semplicità e precisione, capaci non solo di attrarre il lettore, ma anche di collegarsi strettamente ai tempi attuali: la necessità di migliorare e far progredire il Welfare in Italia ed in Europa, l’esigenza (anche alla luce della tangentopoli del’92) di riformare il sistema giudiziario, “l’irrisolta questione meridionale”, la partecipazione proprietaria nell’attività imprenditoriale, sono temi che oggi rimangono all’ordine del giorno ma che, forse, solo tra il 1960 ed il 2000, sono stati esaminati criticamente e su basi intellettuali al fine di coglierne l’essenza ed ipotizzare per esse un futuro.
Certamente, non può essere un caso il fatto che, avvicinandosi ad un testo accattivante e stimolante al tempo stesso, si riesca a cogliere come Antonio Landolfi a 14 anni fosse già impegnato politicamente e lottasse tra i banchi della propria scuola (Greta Thunberg dove sei?);  che lo stesso, in qualità di addetto stampa del Ministero della Salute, partecipasse all’organizzazione della campagna destinata alla promozione della diffusione del vaccino antipolio di Sabin (così come oggi si lavora al fine di convincere, con numeri, dati e testimonianze che contro il Covid 19 il vaccino sia la risposta più giusta); e ancora, che sempre Landolfi ritenesse molto importante l’approfondimento intellettuale sull’essenza delle Leggi emergenziali anti– terroristiche e la necessità di dare loro una precisa limitatezza temporale (tema di strettissima attualità in riferimento all’attuale emergenza sanitaria).
La prima parte dell’Opera si chiude con interessanti e completi riferimenti al Turati, al Rosselli ed al Buozzi, seguiti da un’intrigante analisi dei rapporti tra impresa e lavoratori con il conseguente riconoscimento della necessità di una costante e primaria partecipazione dei lavoratori al processo produttivo ed imprenditoriale. Parole dette e scritte nel secolo scorso ma che, forse, si sarebbero dovute proferire e sostenere anche oggi, magari davanti ai cancelli della Whirlpool a Napoli (cosa che purtroppo non sembra sia accaduta) da una sinistra che, a volte, appare molto/troppo di centro e poco progressista.
Le Testimonianze che caratterizzano la seconda parte del testo, portano nomi e firme importanti, così come i numerosi riferimenti (presenti in tutto il libro) ad incontri e convegni, dove la sola lettura dei relatori partecipanti emoziona e crea invidia in coloro che, per ragioni anagrafiche, non hanno avuto modo di essere presenti. Da Claudio Signorile ad Emanuele Macaluso, da Giacomo Mancini a Gianni Pittella, da Ugo Intini a Fabrizio Cicchitto, Michele Drosi è riuscito nella non facile opera di riportare tantissimi giudizi, politici e di pura amicizia riferiti ad un Antonio Landolfi la cui figura, così tratteggiata, sicuramente riconcilia, oggi, con una politica troppo spesso vituperata e mal considerata dai cosiddetti “semplici cittadini”.
L’autore riesce anche a disegnare il tratto semplicemente umano del Landolfi, disponibile al dialogo anche con chi sosteneva la necessità della rivolta armata; la sua intellettuale onestà nel portare avanti le proprie idee politiche sino al punto di mettere in difficoltà addirittura un “Governo Fanfani”; la profonda sensibilità d’animo nell’intervento effettuato a tutela del padre di Gianni Pittella che, per aver da medico, curato un presunto terrorista, aveva rischiato di subire conseguenze penali. Non si può tacere, poi, la delicata ma profonda esegesi, sempre emergente dal libro stampato dalla casa Editrice Rubbettino, dei rapporti tra le correnti e le anime del partito socialista: il vivace ed arguto confronto di idee politiche era intriso di reciproco rispetto umano ed anche gli scontri e le battaglie, alcune delle quali sanguinose per la “carriera” del Landolfi all’interno del partito, venivano vissute in maniera altera e, comunque, costruttiva. De Martino, Nenni, Craxi… partecipano marginalmente, ma sostanzialmente, al racconto del pensiero e della vita di Antonio Landolfi: camei incantevoli incastonati in una narrazione di una vita magari non da Oscar ma certamente affascinante e ricca di insegnamenti.
Il lettore, coinvolto nel racconto come se si trattasse di uno spettacolo pirotecnico, non può fare a meno di apprezzare il “gran finale”: un’appendice fotografica che rende anche visivamente quanto raccontato nelle pagine precedenti. Da sottolineare la presenza, in alcuni scatti, di un giovanissimo Michele Drosi, quasi a conferma della veridicità di quanto narrato in seguito alla vissuta partecipazione della storia politica di questo paese. In conclusione, ancora una volta siamo di fronte ad un testo importante per gli stimoli che propone, per la grande attenzione sia alla forma che alla sostanza, per la capacità di tracciare la storia di una persona che è, al tempo stesso, quella di un paese, l’Italia, sempre ricco di contraddizioni ed eccellenze. Un libro articolato, studiato ma pure ricco di sentimenti e passioni che caratterizzavano i partiti di un tempo, connotati dal culto delle idee e non delle singole persone. Un modo di ricordare, di pensare, di ipotizzare un futuro capace di cogliere determinati insegnamenti, farli propri e permettere, nuovamente, alla politica di pensare non solo alla prossima settimana ma anche e soprattutto allo sviluppo dei prossimi decenni. La sensazione che si prova, chiudendo il libro alla fine della lettura, è quella di una serena riconciliazione con la politica in quanto palestra di idee e di pensieri destinati a migliorare la vita della Polis. Rivisto a distanza di anni, sia pur con le incompletezze e la fallibilità riconoscibili in ogni opera umana, lo sforzo di tanti, tra i quali Antonio Landolfi, di dare un’anima alle idee e di guardare lontano senza, però, staccare i piedi da terra, edulcora, sconfessa e zittisce il tintinnare di tante monetine che, chiudendo la fase storica denominata “Prima Repubblica”, ne aprì un’altra che forse non si è mai (ancora?) realizzata.

Giorgio De Filippis

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