La disfatta in Afghanistan, la tragedia che le immagini da Kabul ci mostra in tutta la sua drammaticità, perché l’impegno di tutta la coalizione internazionale, con il coinvolgimento di tutti i paesi Nato,a guida americano, è durato un ventennio. Venti lunghi anni non sono bastati e serviti a nulla e le responsabilità sono di tutti i paesi coinvolti. L’inizio delle errate scelte militari è certamente da ricondurre alla decisione, nel marzo 2003, di attaccare l’Iraq di Saddam.
La disfatta in Afghanistan, la tragedia che le immagini da Kabul ci mostra in tutta la sua drammaticità, è ancora più grave, perché l’impegno di tutta la coalizione internazionale, con il coinvolgimento di tutti i paesi Nato, a guida americano, è durato un ventennio. Venti lunghi anni non sono bastati e serviti a nulla e le responsabilità sono di tutti i paesi coinvolti. L’inizio delle errate scelte militari è certamente da ricondurre alla decisione, nel marzo 2003, di attaccare l’Iraq di Saddam. Questo portò a dimenticare l’Afghanistan, che non era ancora maturo e forte per contrastare la ripresa talebana. Questo consenti ai talebani di riorganizzarsi, senza che fosse stato sferrato loro il colpo decisivo. Mentre l’attenzione di tutti si spostava sull’Iraq. Una sconfitta annunciata, ma associare il repentino ritiro da Kabul al Vietnam è un paragone sbagliato.
Gli americani lasciarono Saigon due anni dopo il ritiro dal Paese, negoziato con un trattato di pace, mentre i talebani sono arrivati a Kabul con i marines ancora in campo. Nemmeno i Russi nel 1989 fecero una figura simile, perché il loro ritiro dall’Afghanistan fu ordinato e non una fuga. La gestione dell’intervento internazionale in Afghanistan era iniziata nel 2001 con i migliori auspici: sul terreno le forze che avevano sconfitto i talebani, dopo la martellante e decisiva campagna aerea occidentale, erano essenzialmente le forze dell’Alleanza del Nord, quindi forze afghane. Ma l’America di Bush, come detto, perse subito l’interesse e abbandonò l’Afghanistan a se’ stesso per una nuova guerra, in Iraq. E si perse l’occasione che avrebbe potuto cambiare il destino dell’Afghanistan, un Paese da far crescere economicamente e socialmente in primis, per offrirgli un destino diverso e salvaguardare anche i nostri interessi strategici. Le scelte furono totalmente diverse e quando si capì l’errore e si tornò a focalizzarsi sull’Afghanistan, fu fatto in una logica puramente militare, senza dare autonomia al governo locale che di fatto fu poco più di un protettorato americano.
Non si è capito il Paese, nella sua estrema complessità e si sono applicate soluzioni semplici, che prendevano a modello l’Occidente e come tali non potevano funzionare. Invece, di aiutare il Paese economicamente, educando, creando sviluppo e convincendo gli afghani che l’Occidente e la modernità erano un’ opzione possibile (applicata anche in altri Paesi islamici) per uscire da una povertà secolare e un sottosviluppo profondo, si sono scelte le armi, e anche qui, in maniera non adeguata. Il risultato è che l’Occidente è diventato il soggetto che bombardava e uccideva gli afghani. L’occupante, e gli occupanti hanno, prima o poi, il destino segnato in Afghanistan. Si è replicato lo scenario del fallimento iraniano di fronte all’Isis vittorioso a Mosul nel 2014. Non si è posto un freno alla corruzione, non si è fermata la crescente diserzione nell’esercito, diventato sempre più debole. E su questo occorre ricordare come le forze armate in campo dipendessero dai contractor occidentali, per armamento e manutenzione, senza effettivo controllo. E tanto più forte fu lo spreco di ingenti finanziamenti e l’utilizzo senza controllo, tanto più forte si alimentò la corruzione.
Sotto il profilo del costume, non si comprese come l’emancipazione delle donne, fosse un processo da gestire con attenzione, senza che apparisse come imposto dall’occupante. Lo stesso popolo afghano mal sopportò la liberalizzazione, nei bar e ristoranti, dell’alcol e i prezzi delle locazioni aumentarono a dismisura, per i dollari degli stranieri, con estromissione della classe media afghana. Insomma, nulla che consentisse ed agevolasse il cambiamento, mentre il movimento talebano si riorganizzava ed oggi, a nemico fuggitivo, occupa con violenza che conoscevamo, ma non abbiamo impedito. E per vent’anni si è combattuta una guerra inutile, persa da 350mila uomini con il supporto dell’aviazione, che si sono arresi dopo dieci giorni di combattimento con 75mila studenti coranici senza nemmeno l’elmetto. La conclusione è la conferma che dovunque gli Usa sono intervenuti, i Paesi sono diventati caotici, poveri dei disastri hobbesiani: Libano, Iraq, Siria, Afghanistan, Somalia, Haiti, Panama!! Le democrazie non si esportano, ma si aiutano a crescere e consolidarsi.