Bruno Gemelli commenta e ragiona sulla scelta di Elly Schlein di mettere gli occhi di Berlinguer sulla copertina delle tessere di partito
Gli occhi sono definiti “lo specchio dell’anima”. Anche quelli di Enrico Berlinguer? Certamente. Intanto quegli occhi sono stati messi da Elly Schlein, leader del Pd come copertina della tessera 2024 del suo stesso partito.
Questo fatto ha aperto una discussione nel mondo politico italiano. Sia nel centrosinistra, dove è stato detto tutto e il suo contrario, e sia nel centrodestra che ha ironizzato a piene mani. Da quest’ultimo versante l’episodio è stato catalogato come gaffe, sghignazzando a più non posso.
Dal versante dirimpettaio la cosa è stata presa più seriamente, abituata spaccare il capello in otto. È successo, in definitiva, qualcosa di incredibile: per una volta Carlo Calenda e Matteo Renzi si sono trovati d’accordo come per dire, “l’avevamo detto…”.
Ricapitoliamo il “fattaccio”. Il Pd, nato nel 2007 dalla fusione (qualcuno dice a freddo) della Margherita (post DC) e della Quercia (post Pci), s’è fatta la cover del tesseramento di quest’anno con gli occhi di Berlinguer; la quasi totalità dei settori post-comunisti considerano il loro ex segretario un santo laico. Al punto che in una recente convention meloniana Enrico Berlinguer ha ricevuto una standing ovation dopo che gli era stata tirata la volata dalla figlia, Bianca Berlinguer, e da Ignazio La Russa che, a sua volta, ha ricordato l’assonanza con l’onestà di Giorgio Almirante.
Oggi, qual è la critica più sostanziosa, tale da procurare un danno al Pd?
Gli ex democristiani si sono lamentati perché non sono stati messi gli occhi di De Gasperi o di Moro. Tuttavia, non c’è stato, da parte di questo settore, un fuggi fuggi generale; forse è stata offerta a gente come Giuseppe Fioroni l’occasione per staccarsi definitivamente dai dem. Più complicata è la “sofferenza” della sinistra sinistra. C’è chi considera il Pd alla stregua di un partito reazionario e chi aspettava un’occasione propizia per buttarsi la zappa sui piedi. Un classico in quel versante. La Schlein ha così motivato la scelta: «Il 9 dicembre sono andata a visitare la mostra di Berlinguer a Roma, per cui ringrazio Ugo Sposetti e tutti gli organizzatori. Lì c’è venuta l’idea di fare omaggio a un uomo straordinario il cui impegno e memoria ci ispirano dopo tanti anni. Una responsabilità molto grande». Per Achille Occhetto sulla scelta della segretaria Elly Schlein: «È un monito che lei manda al suo stesso partito. Credo sia importante che l’abbia voluto fare anche se non basta». Pierluigi Castagnetti, ultimo segretario del Partito popolare italiano e fondatore del Pd, s’è sfogato in un’intervista al Giornale: «Sono sicuro che il prossimo anno ci sarà un’altra foto sulla tessera, altrimenti Pd è progetto morto».
“Il Fatto Quotidiano” di Marco Travaglio ha liquidato la faccenda come se fosse un boomerang.
Più articolato il commento di Franco Monaco sul “Domani”: «Le mie personali riserve sono altre, meno rivendicative e, per certi versi, più sostanziali. La prima: Berlinguer è figura carismatica e affascinante, egli fu un leader coraggioso che spinse sino all’estremo limite i tratti peculiari e l’autonomia nazionale del Pci. Ma dentro la tradizione comunista nel quadro della guerra fredda. Pena minimizzare la portata della svolta operata da Occhetto. Il Pd non poteva nascere prima della caduta del muro. La seconda: è facile supporre che, in questa congiuntura, l’evocazione di Berlinguer sia da mettere in relazione con la cosiddetta “questione morale”. Anche qui attenzione alla subalternità e all’occasionalismo. Ma soprattutto la questione al tempo posta da Berlinguer era un po’ diversa: nella famosa intervista a Scalfari il cuore del problema era l’occupazione della società e delle istituzioni da parte dei partiti. Oggi – esagero per farmi intendere – semmai il problema sta nella scomparsa più che nell’invadenza di partiti degni di questo nome, della loro riduzione a comitati elettorali a supporto di leader, mezzi leader, ras territoriali. Non è la stessa cosa. Terza riserva: sia chiaro, sono straconvinto che, a fronte della politica “leggera” di oggi tutta affidata alla comunicazione e al marketing, sia doveroso reagire scavando alle radici delle culture politiche di lunga durata che hanno forgiato la nostra democrazia e ai suoi protagonisti. Ma questo lo si fa con gli strumenti e nei luoghi a ciò deputati. Vistosamente assenti. Non appunto ricorrendo alla scorciatoia di semplici immagini evocative. Quarto: un partito ambizioso dovrebbe declinare la propria identità al futuro, non al passato. Sotto questo profilo la segretaria Pd, per ragioni generazionali e culturali, ha carte da giocare […]».
Altri ancora ricordano come, in questa operazione, si mettono a confronto Walter Weltroni ed Enrico Berlinguer come se non avessero militato nello stesso partito. Insomma, la Schlein avrebbe potuto mettere sulla copertina della tessera gli occhi di Giacomo Matteotti visto che quest’anno ricorre il centenario della sua morte per mano fascista.
Ciò non è stato ancora detto.