Un uomo di 43 anni, tetraplegico da dieci anni, ha ottenuto l’ok dall’Azienda Sanitaria delle Marche per accedere alla procedura per il suicidio medicalmente assistito.
Una battaglia molto combattuta, quella affrontata da un uomo che da 10 anni è tetraplegico. Dopo il diniego dell’Azienda Sanitaria Unica Regionale Marche (ASUR), una prima e una seconda decisione definitiva del Tribunale di Ancona, due diffide legali all’Asur Marche, finalmente ha ottenuto il parere del Comitato etico, che a seguito di verifica delle sue condizioni, tramite una gruppo di medici specialisti nominati dall’Asur, ha confermato che possiede i requisiti per l’accesso legale al suicidio assistito. Il comitato etico ha esaminato la relazione dei medici, che nelle scorse settimane hanno attestato la presenza delle quattro condizioni stabilite dalla Corte Costituzionale nella sentenza Capato-Dj Fabo, ovvero l’uomo è tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale; è affetto da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che reputa intollerabili; è pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli; e che non e’ sua intenzione avvalersi di altri trattamenti sanitari per il dolore e la sedazione profonda.
La Regione Marche
“Sarà il tribunale di Ancona a decidere se il paziente tetraplegico di 43 anni potrà avere diritto al suicidio medicalmente assistito”. Il Comitato etico, si legge in una nota, che dal canto suo “ha sollevato dubbi sulle modalità e sulla metodica del farmaco che il soggetto avrebbe chiesto (il tiopentone sodico nella quantità di 20 grammi, senza specificare come dovesse essere somministrato)”.
Il Vaticano
Secondo la Pontificia Accademia per la Vita: “La materia delle decisioni di fine-vita costituisce un terreno delicato e controverso. La strada più convincente ci sembra quella di un accompagnamento che assuma l’insieme delle molteplici esigenze personali in queste circostanze così difficili. È la logica delle cure palliative, che anche contemplano la possibilità di sospendere tutti i trattamenti che vengano considerati sproporzionati dal paziente, nella relazione che si stabilisce con l’equipe curante”.
Il commento dell’uomo
“Mi sento più leggero, mi sono svuotato di tutta la tensione accumulata in questi anni”. Sono stanco e voglio essere libero di scegliere il mio fine di vita. Nessuno può dirmi che non sto troppo male per continuare a vivere in queste condizioni e condannarmi a una vita di torture. Si mettano da parte ideologie, ipocrisia, indifferenza, ognuno si prenda le proprie responsabilità perché si sta giocando sul dolore dei malati”.
Fonte: Tgcom24