Nel dibattimento contro Lucano la parola tocca alla difesa: «Ha provato ad accogliere tutti». La sentenza a Settembre.
È prevista per il prossimo 27 settembre la conclusione del processo contro Domenico Lucano, accusato di favoreggiamento all’immigrazione clandestina, truffa e abuso d’ufficio nella gestione dei progetti di accoglienza agli immigrati.
Dopo un anno di accuse, è il momento della difesa per l’ex sindaco che ascolta, dal banco degli imputati, la cronistoria della sua travagliata carriera di Simbolo della società dell’accoglienza. Il processo riprende con un nuovo avvocato, Giuliano Pisapia, ex sindaco di Milano ed attualmente europarlamentare, schierato a favore di “Mimì Capatosta” accanto ad Andrea Daqua, il legale che segue il caso sin dall’inizio.
«L’accoglienza era il suo obiettivo», ecco chi ha parlato in difesa di Lucano
«Lucano ha agito legittimamente e in maniera conforme alle linee guida ministeriali»: così Elisabetta Madaffari, già dirigente amministrativa della provincia di Reggio Calabria. La funzionaria, ora in pensione, ha ripercorso i punti fondamentali della legislazione nazionale sulle modalità di accoglienza dell’immigrazione. Chiamata a fornire la propria versione sulla mancata riscossione dei diritti di segreteria per il rilascio della carta d’identità ai migranti, ha spiegato che «per effetto della legge Bassanini, c’era la possibilità per gli enti che versavano in pre-dissesto di sospendere la riscossione dei diritti». Alla pubblica accusa, che ritiene Lucano consapevole delle irregolarità amministrative, risponde seraficamente che «le somme venivano erogate prima che le spese si sostenessero e Lucano non aveva idea e non sapeva come sarebbero stati spesi quei soldi».
È poi il turno di Tonino Perna, sociologo, docente universitario e attuale vice sindaco di Reggio Calabria, che racconta di quando, da Presidente del Comitato della Banca popolare Etica di Padova, riuscì a far avere un prestito di 100 milioni di lire all’associazione “Città Futura” per avviare i progetti di accoglienza. Lucano – asserisce il teste – aveva cominciato a cullare l’idea, che avrebbe fatto di Riace un modello di solidarietà nel 1998, anno in cui Perna, in qualità di presidente di una Ong, aveva iniziato un’esperienza accoglienza a Badolato. «Lucano mi disse che voleva fare la stessa cosa a Riace, lì all’inizio si trattava di 40 migranti al massimo», dichiara. Sottolinea poi che sin dall’inizio si era guardato con favore al progetto “Città Futura” e che la Prefettura «si rivolgeva spesso a Lucano quando c’era migranti da ospitare». «Avrebbe potuto rifiutarsi, – ha spiegato Perna – ma Lucano era un sindaco che aveva scelto la solidarietà come obiettivo e provava ad accoglierli tutti». Non si trattiene poi dal dispensare un piccolo giudizio di valore relativamente all’attività per cui Lucano è stato prima incoraggiato e sovvenzionato e poi, tutt’a un tratto, incriminato: «Lo Sprar – asserisce – serve a fare rinascere un paese; non è solo assistenza ma se si mettono in gioco meccanismi economici.»
È stato sentito anche Isidoro Napoli, dottore che a Riace ha aperto “Jimuel”, una postazione medica di supporto sanitario gratuito ai migranti – i cui servizi sono, in tempo di pandemia, estesi a tutti i cittadini. Il medico è evidentemente in disaccordo con l’impianto accusatorio, a detta di cui Lucano avrebbe utilizzato l’accoglienza per fini personali. «Ho insistito più volte affinché Lucano usufruisse delle prestazioni dell’ambulatorio dopo il suo sciopero della fame – ha dichiarato – ma si è sempre opposto alle cure».
Termina Francesco Pasquino, consulente della difesa, che precisa la modestia dello stile di vita di Lucano: l’imputato «vive in una casa di modesta qualità, senza infissi, a taglio termico, senza riscaldamenti». La deposizione ha sottolineato per l’ennesima volta il disinteresse di “Mimì Capatosta” per i giochi di potere e i ritorni economici di un’attività che nasce per la solidarietà e tale – almeno a Riace – è rimasta.
Il grande assente, Bregantini
Grande assente l’ex vescovo della diocesi di Locri-Gerace Giancarlo Maria Bregantini, anche lui chiamato a deporre in favore dell’imputato. Il presule, attualmente arcivescovo di Campobasso, non avrebbe giustificato la sua assenza in udienza, facendo scattare così il provvedimento della corte locrese guidata da Fulvio Accurso, il quale ha disposto per lui un’ammenda da 400 euro. Sarà ascoltato nel corso delle prossime udienze (cinque, da maggio a settembre) insieme al missionario padre Alex Zanotelli.
Città Futura, la vita di Mimì dopo il 2018
Questo è solo l’inizio del secondo tempo di un processo seguito con attenzione e senso di empatia, come si fa con un film. L’operazione “Xenia” comincia con l’arresto di Mimmo Lucano il 2 ottobre del 2018, quando, davanti allo sguardo attonito dell’Italia intera, l’eroe dell’accoglienza viene rinchiuso ai domiciliari, poi esiliato dalla propria città, costretto ad andarsene nonostante il suo ruolo e il suo contributo umano e sociale, con un bagaglio di angosce tra cui primeggiava la preoccupazione per suo padre in fin di vita. Esiguo, nonostante tutto, lo spazio concesso dai media, che hanno scelto di raccontare poco – o di non raccontare affatto – la sua vicenda, mentre le città d’Italia e d’Europa facevano a gara per dargli una casa, dimostrando di aver fatto tesoro del suo esempio.
Quando il processo comincia, non attira tutte le telecamere che merita; tra le poche personalità che se ne occupano c’è Giovanna Procacci, sociologa e docente universitaria milanese, che viaggia a proprie spese fino in Calabria, segue ogni vicenda giudiziaria, la pubblica sui social e invita a una riflessione più profonda: «Ho netta l’impressione che al centro di questo processo non ci sono i fatti, ma le idee» sostiene. Insomma, la sua opinione è che questo sia un processo politico, sociale, umano; ed è un’opinione valida. Un’opinione che diventa quasi un fatto quel 13 maggio 2019, quando Mimmo Lucano, invitato all’Università “Sapienza” a parlare di accoglienza, viene ricevuto nel trionfo più scintillante e nella più infamante gogna, in una guerrilla di striscioni di Forza Nuova e di cori di “Bella ciao”.
Trionfo e gogna, in effetti, gli estremi tra cui si dipana l’intricata storia di un uomo buono in un mondo in cui di buono è rimasto poco.
Di nuovo al banco degli imputati, Mimmo Lucano assiste ora al secondo tempo del suo processo; e forse non si chiede più come andrà a finire, forse è solo fiero di quello che ha fatto – tutti ormai sappiamo a quale prezzo. In effetti il suo sguardo, all’uscita dal tribunale, sembra non desiderare nient’altro che una me.