La Riviera del 17 ottobre scorso ha titolato a tutta pagina “Convertitevi!”, dando conto della Giornata diocesana contro l’illegalità e per la conversione dei mafiosi che ogni anno si svolge presso il Santuario della Madonna dello Scoglio, a Placanica. Dev’essere chiaro, però, che non basta l’evento di un giorno, ma serve uno sforzo continuo di “conversione”, che deve toccare soprattutto le nuove generazioni.
La Riviera del 17 ottobre scorso ha titolato a tutta pagina “Convertitevi!”, dando conto della Giornata diocesana contro l’illegalità e per la conversione dei mafiosi che ogni anno si svolge presso il Santuario della Madonna dello Scoglio, a Placanica. L’imperativo “convertitevi” fu esclamato il 9 maggio 1993 nella Valle dei Templi di Agrigento da Giovanni Paolo II. Val la pena riportare la frase per intero: «Dio ha detto una volta: “Non uccidere”: non può uomo, qualsiasi umana agglomerazione, mafia, cambiare e calpestare questo diritto santissimo di Dio! Questo popolo […] non può vivere sempre sotto la pressione di una civiltà […] della morte. Qui ci vuole civiltà della vita! Nel nome di questo Cristo, crocifisso e risorto, di questo Cristo che è via verità e vita, lo dico ai responsabili: convertitevi! Una volta verrà il giudizio di Dio!». Papa Wojtyla pronunciò queste parole a braccio, urlandole davanti alla folla dei fedeli, aggrappato al suo bastone pastorale, sormontato dal famoso crocifisso ricurvo che lo scultore Scorzelli aveva realizzato su commissione di Paolo VI. Fu un avvertimento minaccioso che mai si era sentito prima e si trattò di un volta-pagina nell’atteggiamento della Chiesa rispetto della criminalità. Fino ad allora c’era stata spesso ignavia, a volte accondiscendenza, in certi casi perfino collusione. Da quel momento in poi nessuno – nel clero e tra i cattolici in generale – poté far finta di non sapere, di non capire.
Nel 2014, il 21 giugno, fu papa Francesco a ribadire in Calabria, durante la celebrazione eucaristica nella Piana di Sibari, che non c’è spazio per i mafiosi nella Chiesa. Quando all’adorazione di Dio si sostituisce l’adorazione del denaro, si apre la strada alla sopraffazione. Così disse Bergoglio, che definì i mafiosi «adoratori del male». Le sue parole furono nette e chiare: «La ’ndrangheta è questo: adorazione del male e disprezzo del bene comune. Questo male va combattuto, va allontanato! Bisogna dirgli di no! […] Coloro che nella loro vita seguono questa strada di male, come sono i mafiosi, non sono in comunione con Dio: sono scomunicati!».
Naturalmente ci sono voluti anni perché nella mentalità ecclesiale crescesse la coscienza che il crimine organizzato è un peccato grave. E non sono mancati equivoci e passi falsi, come il “pellegrinaggio” a Duisburg nel 2007 dall’allora vescovo di Locri, Bregantini, per pregare sul luogo del massacro compiuto in Germania il giorno di Ferragosto dalle cosche di San Luca. Quel viaggio fu interpretato (a torto, ma era prevedibile) come un pietoso cedimento a criminali pluriomicidi che conoscono solo la legge del sangue. Secondo molti osservatori, proprio il viaggio a Duisburg fu usato dai detrattori di Bregantini per chiedere il suo allontanamento dalla Calabria.
Oggi la strada da percorrere appare chiara. Lo scorso mese, il 15 settembre, anniversario dell’uccisione di don Pino Puglisi, i vescovi calabresi hanno diffuso un documento che dà le linee guida sul comportamento dei credenti rispetto alla mafia. «Con le scelte e le connivenze di tipo mafioso si contraddice formalmente la regola dell’amore», hanno scritto i presuli. «Far passare i mafiosi come “benefattori del popolo” a causa di una pretestuosa “generosità” deve far ricordare la denuncia di San Francesco di Paola al re di Napoli, Ferrante, che gli offriva delle monete d’oro per edificare un convento: “Sire – disse il Santo – non posso accettare questi soldi, che grondano sangue innocente”».
Sul tema della legalità l’attuale vescovo della Diocesi di Locri-Gerace, monsignore Francesco Oliva, ha dimostrato grande equilibrio e insieme forte determinazione. Non a caso ha più volte avuto pubbliche lodi dal procuratore della repubblica di Catanzaro, Nicola Gratteri, che pure non ha fatto sconti agli uomini di Chiesa quando si è trattato di denunciare comportamenti omertosi o compiacenti. Ed è significativo che Oliva abbia scelto di celebrare la Giornata per la conversione dei mafiosi in un santuario mariano espressione della tipica devozione popolare della nostra gente. Proprio questa devozione è stata stravolta e mistificata dalla ’ndrangheta, che ha preso a prestito immagini sacre e forme rituali della Chiesa, usandole in modo blasfemo secondo le proprie logiche. Sappiamo tutti il danno di immagine procurato da questi “riti” a Polsi, il luogo più caro spiritualmente alla gente del nostro territorio. Allo Scoglio, altro popolarissimo centro mariano, è come se si offrisse un gesto di riparazione, per ridare autenticità alla fede cristiana. Dev’essere chiaro, però, che non basta l’evento di un giorno. Serve uno sforzo continuo di “conversione”, che deve toccare soprattutto le nuove generazioni.
Enzo Romeo