Cinque anni non sono bastati per impedire nuovi inciampi nella grammatica costituzionale e diplomatica. L’Italia assiste basita, all’ennesima esibizione, un piccolo capolavoro di sgarbo istituzionale.
Galileo Violini
Solo cinque anni fa si presentava come il Salvatore dell’Italia. Chiese pieni poteri, con l’entusiasmo di chi si sente predestinato. Ma il premier dell’epoca lo liquidò con giudizi al vetriolo: “irrispettoso delle regole, privo di cultura costituzionale” e animato da una pulsione “autoritaria” che, a quanto pare, non bastò a convincere i parlamentari a, come finemente disse, “alzare il culo” e precipitarsi a consegnargli le chiavi del Paese.
Cinque anni non sono bastati per impedire nuovi inciampi nella grammatica costituzionale e diplomatica. L’Italia assiste, basita, all’ennesima esibizione, un piccolo capolavoro di sgarbo istituzionale. Dio mio! Che gli Stati Uniti ci considerino un loro alleato minore, beh, novità non è. Ma quando l’Ambasciatrice Luce, negli anni ’50, avanzò proposte che persino la CIA trovava eccessive (tipo mettere fuori legge il partito comunista, come in Grecia), nessuno dei quattro premier dell’epoca, Pella, Fanfani, Scelba, Segni, si azzardò a perorare la causa e suggerire al presidente Gronchi di riceverla per discuterne. Erano altri tempi? Forse. Di certo, le pressioni USA non sono mai sparite.
Oggi, però, a distinguersi è il se-credente vicepresidente (o presidente in pectore?) degli Stati Uniti. Già tempo fa si era permesso un’uscita sui nostri giudici, ricevendo risposte ferme sia dal presidente Mattarella che, obtorto collo, dalla presidente Meloni. Ora, con un’uscita degna di un influencer in cerca di engagement, ha espresso sul suo social il desiderio di essere ricevuto da Mattarella. Non per questioni di Stato, ci mancherebbe, ma per discutere un affarino da 1,5 miliardi di dollari.
Legittimo che il suo rappresentante abbia sostenuto l’idea, anche se pare originale che la abbia derubricata a espressione di una libera opinione. Sorprendente, invece, o forse no, è il fatto che a fargli eco sia stato il nostro vicepremier Salvini. E qui nasce il dubbio: ha forse intravisto una nuova prospettiva di carriera? Primo governatore del 51esimo (o 52esimo, o chissà quale) stato dell’Unione? In fondo, si tratterebbe di realizzare il vecchio sogno di Salvatore Giuliano e degli indipendentisti siciliani. Certo, non proprio l’indipendenza della Padania, ma in politica il realismo è tutto. E poi, storicamente parlando, non sarebbe neppure la prima volta: a metà ’800, un presidente della Repubblica Dominicana cercò di riportare il Paese sotto la Spagna.
L’entusiasmo del nostro vicepremier, che a tempo perso, absit iniuria verbis, fa anche il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, per un colloquio Musk-Mattarella è una sgrammaticatura costituzionale da manuale. Doppia, tripla, quadrupla se vogliamo: irrispettosa nei confronti del Capo dello Stato, invasiva rispetto ai poteri della presidente del Consiglio e dei ministri competenti (Tajani e Urso). Ma, diciamocelo, ci siamo abituati.
A questa, si aggiunge l’altra perla recente: l’ineffabile giudizio sulle facoltà mentali di Macron. La Francia ha reagito con la consueta eleganza diplomatica, senza far pesare troppo la contraddizione tra la sensibilità italiana per le dichiarazioni di una portavoce del ministero degli Esteri e la libertà espressiva di un nostro vicepremier. Sperare in un ripasso della grammatica diplomatica e costituzionale è troppo? Eppure, il vicepremier ha un esperto consigliere diplomatico. Peccato che, a leggere il sito del ministero, tra le sue funzioni non rientrino né il ripasso dei fondamentali né il dare consigli non richiesti. Essendo però un conterraneo, chissà, magari questa nota giungerà alla sua attenzione.
E lasciatemi cullare un’illusione: che trovi un modo, non per consigliare o spiegare, sarebbe irriguardoso, ma almeno per illustrare, con la dovuta delicatezza, l’importanza di rispettare certe regole. O almeno di non calpestarle con troppo entusiasmo.