fbpx
giovedì, Marzo 6, 2025
spot_imgspot_img
HomeApprofondimentiLa pigrizia salvifica

La pigrizia salvifica

Dopo la performance di Brunori SAS a Sanremo, c’è stata una (ri)scoperta generale del cantautore (sarebbe il caso di dire “Era ora!”). Così, tra i vari highlights, è emersa un’intervista condivisami da mio cugino, di un Brunori che sostiene la sua scelta di non trasferirsi al Nord, ma resistere nella sua terra. Ecco, non posso non identificarmi in lui e riflettere sulle sue parole e su quella pigrizia che lui giustamente ritiene inconsapevolmente salvifica.

Francesca Monteleone

Io, come molti altri miei compagni, finito il liceo ho continuato i miei studi fuori dalla Calabria. Non sono mancati anche diversi viaggi (di piacere) per l’Europa. Comprendo di essere stata molto fortunata ad aver avuto queste occasioni che mi hanno permesso di crescere e ringrazio i sacrifici dei miei genitori. Ma nello scoprire nuovi posti, non ho mai abbandonato la mia Locri, la mia Calabria. Perché? Perché, riprendendo le parole di Brunori, se sei nata e cresciuta in un paese, la frenesia del mondo la vivi a distanza, con distacco, e questo distacco è salvifico. Ecco vorrei riflettere sul potere salvifico di un atavico difetto calabrese, partendo proprio dalle affermazioni di Brunori, perché penso che prima di qualsiasi attività, riforma, iniziativa, sia necessario ed urgente un cambio di narrativa.

Chi è stato a Milano negli ultimi 5 anni non può non aver notato una profonda trasformazione della città stessa, in ogni suo aspetto. Spesso oltre alle mille opportunità, questo ha portato anche alle mille rinunce. Ecco, alla soglia dei 30 anni, quando l’impeto e l’irrequietezza di una giovane studentessa è passata e ha fatto posto a nuove dinamiche di un mondo lavorativo in fermento, questo mi porta a riflettere, ad interrogarmi, in che tipo di ambiente vorrei vivere. Non posso mettere in dubbio l’enorme vantaggio di sentirsi al centro del mondo, la sensazione di essere lì dove tutto accade, dove le opportunità sono infinite, ma spesso l’infinita possibilità di scelta non fa altro che alimentare nessuna scelta e produce un sentimento di spossatezza generale e affaticamento. Il continuo bombardamento di eventi consumistici e feed sui social alla fine ci lascia vuoti. E allora, a che prezzo vivere a Milano? Viviamo veramente una vita diversa, una vita migliore? E cosa vuol dire oggi migliore? Una riflessione sullo stile di vita oggi è fondamentale a causa della possibilità di portare le opportunità fuori da Milano, fuori dai luoghi capitalistici e consumistici per eccellenza, perché Internet, l’alta velocità, i voli low cost hanno reso il mondo veramente più accessibile, permettendoci forse veramente per la prima volta di catturare il meglio dei due mondi, di quello frenetico e di quello più leggero (attenzione che come diceva Calvino, leggerezza non è superficialità!). Oggi forse noi abbiamo veramente la fortuna di poterci costruire questa vita migliore in base alle nostre esigenze, dove migliore non è solo sinonimo di più soldi e più opportunità, ma di una qualità della vita migliore. Ogni volta che torno in Calabria riesco a trovare la quiete e la pace per riflettere sulle cose del mondo, come diceva Brunori, con distacco, con mente lucida, perché è bello immergersi nel mondo, ma non lasciarsi sopraffare.

Ecco io concordo con Brunori quando afferma che la nostra pigrizia, quella per cui come dice lui “ndi sicca”, alla fine ci ha salvato, e, come poi lui continua, inconsapevolmente ci ha permesso di resistere come baluardo fuori dalle logiche becere del mercato e del consumismo, ci ha permesso di avere ancora tranquillità quando intorno tutto corre, di trovare quei momenti necessari al riposo e alla vita, e forse migliore vuol dire proprio questo, trovare il silenzio nel frastuono, la qualità nella semplicità.

Certo non sono cieca, non voglio nascondere la polvere sotto al tappetto e dire che qui funziona tutto benissimo e che sia il posto perfetto, ma iniziare un tipo di narrativa diversa, spingere a riscoprire i nostri valori, non quelli stereotipati, non emulare modelli di sviluppo che non ci appartengono o che oggi possiamo riconoscere nei loro fallimenti (ad esempio l’overtourism o un tipo di crescita che sia solo economica e non sociale), e partire da quelli che sono i nostri punti di forza per costruire una narrativa di sviluppo che sia veramente sostenibile. Oggi si parla così tanto di sostenibilità da non esserci accorti che il nostro è un territorio veramente sostenibile, la nostra pigrizia, la nostra diffidenza ci porta a fare tutto da sé, ci porta a consumare meno, a sprecare meno, a riscoprire una vita un po’ più autentica. Forse questa pigrizia atavica che portiamo dentro, l’inerzia, l’indolenza e l’attaccamento alla tradizione potrebbero essere trasformati in cura verso il nostro territorio, per migliorarci e migliorarlo secondo i nostri tempi e i nostri modi. Io ho solo trent’anni, ho visto poco del mondo, ma quello che ho visto l’ho osservato con spirito critico, che mi ha portato ad affermare che non abbiamo niente da invidiare a nessuno, ma dobbiamo solo riscoprirci un po’ più fieri (di essere calabresi) e un po’ più umili (nel nostro essere diffidenti), accettando critiche non fini a se stesse, ma costruttive. Dopo la mia Odissea, spero di poter tornare a casa mia, e penso che nel 2025 in un mondo apolide, astorico e senza memoria, il sentimento di essere legati alla propria terra, di difendere le proprie origini con amore sia un sentimento prezioso e che siamo fortunati a sapere ancora cosa vuol dire veramente affermare di essere a casa. Non possiamo essere cittadini del mondo, prendere parte agli eventi del nostro momento storico se prima non sappiamo chi siamo, da dove veniamo.

Ha ragione Brunori, serve andare a Milano, andare a Roma, aggiornarsi e confrontarsi con il mondo. Oggi farlo non costa nulla, basta uno smartphone. Quello che però penso sia necessario è portare sempre un pò del viaggio fatto nella propria terra, senza dimenticare tutto quanto appena messo il piede a terra fuori dall’aereo, per trarre il meglio dagli altri e portarlo con sé. Tutti quelli che come me, sono stati fortunati a scoprire il mondo, penso che abbiano allo stesso tempo una grande responsabilità, quella di non dimenticare, non dimenticare chi sono, da dove vengono, di non dimenticarsi di prendersi cura di chi ci ha curato per anni. A distanza dai ritmi frenetici, riflettiamo criticamente su ciò che vediamo, sulla vita che facciamo, per costruirci i nostri riferimenti, non seguire il sentito dire o le aspettative, ma partiamo onestamente da ciò che siamo, per costruire insieme una narrativa diversa sulla nostra terra, che non imiti nessuno, ma che sia faro e guida per costruire uno sviluppo su misura, partendo anche dalla nostra pigrizia.

- Spazio disponibile -
- Spazio disponibile -
- Spazio disponibile -
ARTICOLI CORRELATI

Le PIU' LETTE