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domenica, Febbraio 23, 2025
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Domenico Mittica: i passi di una vita

Domenico Mittica è un giovane adulto proveniente dal vivaio socialista classico, quello di Pertini e Mancini che hanno lasciato traccia di sé non solo nella storia del socialismo italiano ma anche nel campo della crescita civile e morale del nostro Paese.  Bruno Chinè 

Nato e cresciuto a Locri negli anni sessanta da genitori originari di Gerace e Platì, compie la sua formazione scolastica nella città Magno-Greca. Qui fa le sue amicizie e la sua formazione civile e sociale e le esperienze di vita di bambino le quali hanno inciso sulla sua futura formazione di uomo e cittadino. Il padre era di salute precaria a causa di una malformazione che aveva al cuore e che non era possibile curare in Calabria. Da qui la necessità dei viaggi verso Roma per recuperare il recuperabile. Siamo nel periodo del boom economico e il padre bracciante agricolo parte per il Nord, come tanti altri calabresi. Questo però non ha le forze per svolgere un lavoro manuale. L’esperienza sulla malattia del padre prima e quella della madre dopo, affetta dal morbo di Alzheimer scavano in profondità il suo animo e acuiscono  l’impegno politico e sociale per tenere in vita e migliorare l’ospedale cittadino.

La malattia della madre, una donna semplice e pia, gli fa toccare con mano le ingiustizie della vita: ammalata grave non viene riconosciuta tale da nessuna commissione medica cui è sottoposta, quindi non ha goduto nemmeno di un riconoscimento, il quale nei casi drammatici non risolve il problema ma fa capire che non sei abbandonato. Mittica in quanto ammiratore di Pertini e del suo insegnamento, negli anni novanta non accetta i cambiamenti imposti da quel cataclisma che ha portato alla distruzione della prima repubblica ed alla scomparsa dei partiti storici. In questo clima è il senatore Franco Crinò che lo convince che i tempi sono cambiati e bisogna continuare a lavorare per gli antichi ideali, pur in avverse situazioni, per salvare il salvabile. Nel libro non mancano i ricordi d’infanzia, il tempo passato a casa dei nonni di Platì e molti riferimenti alla vita del paese pedemontano degli anni sessanta e all’alluvione del 51 col suo carico di morti e di lutti.

Belli i ricordi del nonno di Gerace: gli ultimi rigurgiti dell’antica arte della ceramica: “u pignatu” che allora serviva per cuocere i legumi accanto al fuoco, i primi scambi commerciali tra Gerace e Cittanova a dorso d’asino. In verità si trattava d’un baratto di manufatti poveri. I braccianti agricoli, sfruttati dai pochi signorotti e proprietari terrieri, nei periodi di crisi, si recavano nel Marchesato o a Ferruzzano per la mietitura. Il libro contiene belle pagine sulla villa romana di Casignana portata alla luce e introdotta nel circuito culturale che meritava dalla famiglia Crinò. Dinanzi alle bellezze della Villa Mittica resta quasi ipnotizzato e si pone delle domande da storico. Si pensi ai patrizi romani che l’hanno costruita, a tutto il personale che teneva in vita, ai collegamenti con il resto del mondo, all’economia che la caratterizzava ancor prima che si formasse in Europa il sistema feudale. Nelle pagine del libro non manca la descrizione di Locri negli anni sessanta, dei divertimenti dei ragazzi che in assenza di strutture ricreative sapevano costruirsi gli strumenti per giocare con gioia.

I passi di cui parla Mittica sono tutti interessanti ed il libro si legge come un bel racconto. Nell’appendice figurano alcuni articoli d’attualità che confermano l’impegno sociale e civile dell’autore.                            

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