L’incontro a Siderno, indetto dal Comune e organizzato dalla Consigliera Brancati è stata una ottima iniziativa. È fondamentale la riconversione industriale, in particolare l’utilizzo dell’energia solare al posto dei gas per l’elettricità è un passaggio non più procrastinabile.
Francesco Martino
Coinvolgere i cittadini in tutte le questioni che li riguardano, dovrebbe essere la norma, quando si tratta di far scelte importanti. Il cambiamento climatico in atto, tutti i giorni dimostra a quali situazioni drammatiche potremmo trovarci tra qualche anno e implica la necessità di azioni immediate e di scelte coraggiose. Mi sembra opportuno fare alcune considerazioni, visto che a causa dell’orario non è stato possibile intervenire.
“Nel mercato attuale dell’energia non vedo come il nucleare di nuova costruzione, di qualsiasi tipo o dimensione, possa competere con le fonti rinnovabili non sovvenzionate, il cui costo energetico livellato in molti Paesi è sceso prima a 30, poi a 20 e ora a 10 dollari per megawattora”.
È un po’ questo il nocciolo della questione sull’opportunità e convenienza di ricorrere al nucleare, scrive ultimamente, Amory Lovins, professore aggiunto di ingegneria civile e ambientale all’Università di Stanford e che già negli anni 70, 50 anni fa scriveva sulla rivoluzione energetica del solare. In Europa si rischia di tornare indietro, dopo le recenti elezioni che hanno visto l’avanzare delle liste di centro destra che negano il cambiamento climatico e vorrebbero ancora utilizzare i fossili, anche perché le nostre aziende fornitrici, tipo ENI, sono ancora fortemente legate all petrolio e le stesse aziende tipo FIAT rimangono ancora legate al vecchio modello energivoro, basato sui combustibili Penso che siamo già in ritardo, in quanto ormai da tanti anni l’esigenza di una trasformazione energetica era ovvia. Nel secolo scorso, quando si parlava di fotovoltaico, si pensava a un’energia diffusa su tutto il territorio, diciamo “democratica”, non centralizzata e soggetta a qualche imprenditore. Si pensava a tanti pannelli solari termici o fotovoltaici su ogni tetto. L’idea della centralizzazione non era prevista.
È successo come l’informatica, che si pensava dovesse essere un luogo aperto, in cui tutti potessero intervenire e non si concentrasse nelle mani di un imprenditore che fosse Zuckerberg e Facebook, o Musk e X, un occidentale o un orientale. Ha vinto il capitalismo e si tende a concentrare in poche mani qualsiasi iniziativa. Questa mia prima considerazione vuole racchiudere, in modo sintetico, la riflessione che mi è venuta dopo l’incontro dell’altra sera, anche perché parlando con alcuni, ho notato le mie stesse valutazioni. Le CER, comunità energetiche rinnovabili, sono una delle possibili scelte, in quanto escluderebbero molti cittadini che si trovano i luoghi con case distanti tra di loro e quindi non convenienti oppure non molto interessanti per chi vuole investire. Non significa che non bisogna condividere l’energia, anzi in alcune situazioni, la CER potrebbe essere quella più opportuna. Concentrare in un unico luogo migliaia di pannelli solari, mi sembra voler arricchire chi si può permettere di investire nel settore. La centrale di Bergamo, portata a esempio al convegno a Siderno, è formata da 6300 pannelli fotovoltaici, in un luogo adatto, vicino all’autostrada e quindi non utilizzabile per l’agricoltura.
Il terreno di proprietà di una persona è stato concesso a due imprenditori che hanno impiantato la centrale fotovoltaica; di sicuro sia l’uno che gli altri avranno un profitto. Potrebbero essere fabbriche abbandonate, o per abitazioni dove non è possibile poggiare i pannelli sui tetti, i luoghi degli impianti, ma dovrebbero anche essere incentivate piccole CER tra abitazioni vicine o adiacenti, in condomini con grandi tettoie. Perché escludere il cittadino singolo, che magari si trova in posti soleggiati in aperta campagna e in condizioni molto favorevoli sia per l’esposizione che per le ore di irraggiamento? Non vorrei che succedesse, come in Sicilia, dove avevano già provato aziende che volevano costruire impianti cosiddetti agrivoltaici e avevano comprato grandissime estensioni di terreno su quali produrre energia elettrica, che dà profitti maggiori degli investimenti di produzione agricola, poi bloccate. Dobbiamo conservare i terreni destinati all’agricoltura, altrimenti qualcuno ci guadagna con l’elettricità, che fornisce dietro pagamento delle bollette elettriche e poi ci si deve rivolgere all’esterno per la produzione alimentare. Rischiamo di trovarci nella stessa situazione degli impianti eolici, che aziende estere propongono nelle regioni del Sud, invadendo territori che erano ambienti incontaminati?
Ci vuole un mix con altre sorgenti per coprire le ore di mancanza di sole e speriamo senza padroni del sole.
Ci vuole una programmazione che tenga conto di tutti gli aspetti e benvenuto fotovoltaico!