Secondo Aurelio Mesiti, per anni alla guida del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, il ponte sullo stretto, che l’Europa vuole fortemente e che avrà riflessi assai positivi anche per l’Italia, sarà non più una chimera ma finalmente una realtà
Ciclicamente torna ad aggirarsi fra noi il fantasma del Ponte. E altrettanto ciclicamente riprende il “Tormentone”: ponte sì ponte no? Chi, allora, meglio del calabrese Aurelio Misiti, per anni alla guida del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici (con parentesi politiche “di peso”, assessore nella Giunta Chiaravalloti e Deputato con Italia dei Valori per due legislature), un’”Autorità” riconosciuta in materia, può chiarirci meglio le idee?
Come Comitato italiano per la manutenzione e Arge, un architetto di Torino, un’archistar che ha prodotto cose ottime in tutto il mondo, abbiamo lavorato con Svimez nella consapevolezza che in questo momento il problema del ponte andava inserito in un contesto e in un sistema più generale. Perché? Perché c’è l’Europa e ci sono soprattutto la Germania e la Francia, che hanno la necessità di far sì che l’Europa possa avere uno sbocco fondamentale a Sud. Al nord non possono andare più, c’è la brexit e quindi a nord non c’è sfogo. Ad Est ci sta la Russia con l’accordo ormai più vicino possibile con la Cina e dunque non resta che il Sud. Ho parlato con i miei colleghi tedeschi e sono convinti che in questo momento l’unica strada da intraprendere per la Germania, per la Francia e per l’Italia (loro considerano molto meglio di noi l’Italia) sia quella di uno sviluppo verso il Mediterraneo…
Insomma, questo Ponte s’ha da fare…
Secondo me si, non si può più rinviare, sarebbe deleterio. Esso va inserito nell’ambito dell’alta velocità ferroviaria del continente e della Sicilia in quanto, ripeto, necessario all’Europa, che ha bisogno di collegarsi con l’isola nostra dirimpettaia quale frontespizio rispetto col continente africano. L’Africa crescerà più di tutti gli altri continenti e l’alleanza, voluta fortemente anche da Biden, tra Stati Uniti, Europa e Africa è l’unica che può reggere il confronto per l’accordo Cina-Russia. Questo è in fondo il vero problema in questo momento…
E se ti chiedessi dei tempi, tu che mi risponderesti? Faremmo in tempo io e te, pur incrociando le dita, alla nostra età, a vedere l’opera realizzata?
Quanto a me non lo so, tu sicuramente… Battute a parte, i tempi sono legati alla decisione politica. Io credo che Draghi ha tutto l’interesse anche personale di seguire le indicazioni provenienti dalla Germania, che giocano con i tempi: rispetto al progetto ideato 40 anni fa e già va solo, io penso, ritoccato ed aggiornato adeguandolo ai risultati della scienza e della tecnica di questi ultimi trent’anni, che sono giganteschi…
Magari non impiegando (sprecando?) altri 150 milioni di denaro pubblico sulle progettazioni…
Non è così… anzi, la riprogettazione del Ponte ci farà risparmiare due-tre miliardi. I ponti ora si realizzano in modo diverso rispetto a 30 anni fa. Allora vi era un l’ostacolo, lo scrissi per una rivista scientifica americana e fu letto da un milione di persone. Dissi all’epoca, e non poteva che essere così, che i pilastri dovevano stare fuori dal mare. Adesso però abbiamo la possibilità di fare i pilastri dentro lo stretto, nell’acqua. La tecnologia dell’offshore, dei petrolieri per intenderci, ha fatto passi avanti enormi e noi possiamo benissimo stringere i due pilastri, portarli all’interno dello stretto e lasciarli ad una distanza tra loro massimo due chilometri…
E dunque non a campata unica, se ho capito bene…
Esattamente. I tempi cambiano e ce dimostra l’ultimo ponte realizzato con le tecnologie più moderne, quello di Akashi in Giappone, due chilometri di campata. Questa tecnologia ci permette di fare un ponte simile. Nuove tecnologie e nuovi materiali, un ponte sospeso viene retto dai cavi, i cavi previsti allora erano molto pesanti, 44 mila chili con un diametro di 1,24 centimetri…il ponte giapponese, è addirittura sotto gli 80 centimetri, con un peso estremamente minore, perché l’acciaio è diventato più leggero, più resistente e meno costoso. C’è infine un terzo punto che gioca a favore. Prima non si faceva caso all’impatto ambientale oggi, invece, è la cosa più importante per la scienza. Il progetto precedente (approvato da tutti gli enti interessati, tranne che dal mio consiglio superiore dei LL.PP., si disse allora una balla…) si appoggiava come ferrovia e come autostrada nella zona riserva naturale di capo Peloro. Adesso non più (anche perchè nessuno ti darebbe il permesso di passare di là), il ponte, partendo dallo stesso punto, va invece verso la città di Messina. L’Italferri (società delle ferrovie), incaricata del progetto di fattibilità ha praticamente già progettato il nuovo ponte, la commissione messa in piedi (tenendo in considerazione anche i nostri suggerimenti, usciti due mesi prima…) ha consegnato la sua relazione al Parlamento. Ecco perché è tutto pronto e non c’è più tempo da perdere. Con un appalto a misura non c’è più bisogno di un grande cantiere a Reggio o Messina. Il lavoro preparatorio si fa in parallelo. I pilastri a Taranto e i tendini a Livorno. Poi si porta tutto a Messina per l’assemblaggio finale. E il Ponte sullo stretto, che l’Europa vuole fortemente e che avrà riflessi assai positivi anche per l’Italia, sarà non più una chimera ma finalmente una realtà!