Per la prima volta nella storia, la Corte Internazionale di Giustizia dell’Aja ha emesso un mandato d’arresto per i crimini di guerra e contro l’umanità nei confronti di un Primo Ministro, Benjamin Netanyahu, e contro il suo ex ministro della Difesa, Yoav Gallant, figure elette democraticamente in libere elezioni all’interno di un paese.
Rimmon Lavi
Da israeliano che partecipa alle elezioni politiche mi sento responsabile io stesso e indirettamente accusato assieme al Netanyahu e al Galant, anche se sono da sempre all’opposizione e partecipo attivamente alle manifestazioni contro il governo d’estrema destra. Il fatto che neppure dopo il pogrom terribile del Hamas del 7-10-2023 e il crollo totale del sistema difensivo e civile non siamo riusciti a far dimettere il governo Netanyahu e portare al potere una maggioranza alternativa, ci rende tutti noi israeliani complici di fronte alle accuse se, per lo meno all’interno d’Israele, il gioco democratico è ancora libero, pur minacciato da riforme autoritarie e totalitarie.
L’unica attenuante potrebbe essere l’ipocrisia del mondo intero che non ha espresso accuse simili contro governanti di grandi potenze occidentali, come gli USA e la Gran Bretagna per le loro guerre micidiali in Iraq, Afghanistan e l’ISIS, come a Falluja, Mossul e Raqqa, o contro dittatori come Assad per la repressione sanguinosa della rivolta civile in Siria – che hanno lasciato più morti, affamati, feriti, sfollati e profughi che non l’attuale guerra a Gaza e in Libano. Una guerra che in proporzioni assolutiste rispetto la popolazione coinvolta, sia in triste proporzione rispetto alle vittime israeliane e alla pioggia ininterrotta di missili sulla nostra popolazione civile in tutto il paese. Certo non è onorevole ricevere un’accusa al pari di Putin e ai defunti Milošević e Gheddafi. Ma questo non vuol dire che si tratti d’antisemitismo, come dice il Netanyahu, comparandosi al Dreyfus. Accusa adottata da tutti i partiti ebraici in Israele, anche dell’opposizione, dato che non possiamo ammettere di essere divenuti ormai l’ultimo esempio e simbolo attuale del colonialismo e dell’apartheid.
Del resto Israele ha sfruttato troppo a lungo l’indulgenza e l’impunità per ogni sua azione, in seguito all’Olocausto, essendo indentificata con le vittime del più orrendo crimine dell’umanità. Il vittimismo è diventato una nostra caratteristica, anche dopo aver creato uno dei migliori eserciti del mondo. Cosi abbiamo demonizzato i Palestinesi, gli Arabi, l’Iran e l’Islam intero come se tutti fossero terroristi, malgrado l’esempio durevole della pace con l’Egitto e la Giordania che persiste da decenni e i rapporti con gli Emirati, il Bahrein e indirettamente anche con l’Arabia Saudita. Questo vittimismo è una delle leve che il Netanyahu usa per mantenersi al potere, sostenuto da una base elettorale d’origine orientale e povera (al suo contrario) che s’identifica con lui, proprio quando si presenta come vittima dell’opposizione, della magistratura, delle vecchie elite, del mondo accademico e adesso anche della Corte Internazionale dell’Aia.
Così da un anno siamo bloccati sul pogrom spaventoso di 1200 assassinati, 250 ostaggi, stupri, incendi e distruzione di villaggi agricoli e di quartieri residenziali: Hamas non solo ci ha sorpreso, sbriciolando l’illusione della sicurezza che lo Stato Ebraico, sognato dal sionismo, avrebbe dovuto dare a quanti fuggiti dall’antisemitismo europeo, ma anche ci ha rinnovato lo status dell’ebreo perseguitato da gente assetata di sangue.
Questo è stato il vero successo di Hamas, che non ha pietà della popolazione palestinese: esasperare la nostra vendetta da vittime ultimative non replicabili sulle spalle dei 2 milioni di abitanti della striscia di Gaza, per lo più profughi già dal 1948, per cui la grande maggioranza in Israele non riesce ad avere la minima empatia umana. Tra l’altro questo è dovuto anche al fatto che le media locali non fanno vedere nulla delle distruzioni e delle condizioni inumane prodotte dalla vendetta e dalla caccia ai terroristi. Infatti proprio così la partecipazione mondiale al dolore delle vittime del pogrom si è trasformata in brevissimo tempo in identificazione con le vittime dei bombardamenti a tappeto, inclusi i terroristi del Hamas, nelle dimostrazioni ProPal sotto lo slogan “Dal fiume al mare, la Palestina sarà Libera”. Slogan che rinnega la realtà di 10 milioni d’israeliani in TerraSanta e il loro diritto alla vita e alla sicurezza. Del resto solo adesso, e non nel pogrom, si deve riconoscere nei combattenti rimasti tra le rovine di Gaza contro le forze armate israeliane, valori della Resistenza, misti però al fanatismo e alla negazione totale del prossimo, l’ebreo.
Detto tutto ciò, cosa si può dire dei crimini di guerra stessi, supposti o reali, di cui sono accusati il Netanyahu e il Ministro della Difesa, da lui licenziato poco fa perché con i Generali voleva terminare la guerra con accordo per liberare gli ostaggi? In Israele si crede che l’esercito sia il più morale al mondo, dato che ordina ai civili di evaquare le case, i quartieri, le scuole rifugio, gli ospedali o le zone abitate, prima di bombardarle o entrarci coi carri armati e i soldati per snodare i terroristi lì appostati o nascosti nelle gallerie scavate nei sotterranei. Per colpire i dirigenti del Hamas e del Hezbollah sono stati colpiti molti civili tra cui questi si nascondevano. Nelle zone cosidette “sicure” per i civili sfollati l’esercito permette ad alcune organizzazioni internazionali di introdurre cibo, acqua, benzina e medicinali, che spesso però cadono in mano al Hamas, dato che Israele non ha permesso la formazione di amministrazione civile alternativa. Nel Nord della Striscia l’esercito continua a sfollare i civili verso il sud, impedendo rifornimenti umanitari, per fare pressione per liberare i 101 ostaggi ancora in mano ai terroristi e per perseguire, con meno rischi ai soldati e meno vittime civili, i resti del Hamas che oppongono guerriglia effettiva, anche se sono rimasti isolati. E la destra messianica si prepara già a fondare colonie ebraiche nelle zone evacuate!
Un esperto israeliano di storia militare ha calcolato che il rapporto dei morti tra soldati israeliani e civili palestinesi è a Gaza 1/68, molto più alto che 1/56 registrato dagli americani nella loro più sanguinosa battaglia dopo il Vietnam, nel 2004 a Falluja nell’Iraq. Ciò vorrebbe indicare che Israele si permette di mettere in pericolo la popolazione civile a Gaza, considerata tutta coinvolta nel fanatismo islamico sanguinoso, di quanto sarebbe “legittimo” secondo il diritto internazionale. In un paese veramente democratico e non etnocentrico come Israele, si dovrebbe esaminare le accuse attraverso meccanismi civili indipententi dal governo, come una commissione d’inchiesta autonoma e la magistratura, per poi portarne i risultati a giudizio del Parlamento e poi dell’elettorato. Ma qui non siamo neppure riusciti a far nominare una commissione d’inchiesta per l’attacco a sorpresa e il disastro del 7.10.23. Quindi non possiamo neppure sostenere che le accuse di crimini di guerra sarebbero esaminate e giudicate all’interno del paese.
La grande maggioranza degli israeliani rifiuta a priori le accuse come dovute ad antisemitismo e manovre della politica internazionale, mentre noi, pochi, siamo disperati perchè responsabili, pur all’opposizione, della sciagurata deriva militarista e amorale dello Stato degli ebrei, nato dalle ceneri dell’Olocausto: proprio noi ci troviamo all’ombra di accuse di compiere azioni di genocidio, di trasferire e affamare popolazione inerme, di aver causato decine di migliaia di vittime, anzitutto anziani, donne e bambini! Proprio noi che avremmo dovuto santificare il precetto “Mai più” non solo riguardo agli ebrei, ma per tutta l’umanità.