La fiamma nel simbolo di Fratelli d’Italia? È in continuità col Movimento sociale italiano, il partito fondato dopo la Seconda guerra mondiale dai reduci fascisti della Repubblica sociale. Lo ha spiegato chiaramente Giorgia Meloni, durante la sua intervista. Simbolo di fascismo o in continuità con la storia passata?
Bruno Gemelli
«Se vogliamo andare avanti, e noi certamente vogliamo guardare avanti cioè al futuro, allora arriverà anche il momento di spegnere la Fiamma […] Arriverà il momento in cui la toglieremo dal simbolo. Magari non sarà presto ma arriverà. Ma per scelta nostra, e non certo perché qualcuno ce lo impone […] Già adesso si può ben dire che la Fiamma appartiene a una storia passata, quella della mia giovinezza, che certamente non rinnego. Oggi tanti giovani di venti o trent’anni non ne conoscono il significato». Così ha detto Luca Ciriani in una intervista al quotidiano “Il Foglio”.
Ciriani non è l’ultimo arrivato. È il Ministro per i rapporti con il Parlamento del governo Meloni dal 22 ottobre 2022. Senatore della Repubblica dal 2018 è stato eletto anche alle ultime elezioni del 25 settembre nella sua regione d’origine, il Friuli Venezia Giulia. Nel corso della XVIII Legislatura è stato capogruppo di Fratelli d’Italia al Senato, ruolo in cui è stato riconfermato anche ad inizio di questa Legislatura e che ha lasciato in seguito alla nomina a Ministro della Repubblica. Apriti cielo! C’è stato un coro di proteste: “La fiamma non si tocca”. Ha risposto immediatamente Fabio Rampelli – tanto per citarne uno – deputato FdI nonché storico capo della sezione di Colle Oppio dove Giorgia Meloni s’è formata politicamente. D’altra parte la stessa Giorgia Meloni, intervistata tempo fa dal “Corriere della sera”, aveva detto sull’argomento: «La fiamma nel simbolo di FdI nulla ha a che fare con il fascismo, ma è il riconoscimento del percorso fatto da una destra democratica nella nostra storia repubblicana. Ne andiamo fieri».
La premier, che è nata nel 1977, sembra rivendicare pari dignità. Sembra voler dire: “Siamo tutti uguali”.
A questo punto bisogna ricordare un po’ di storia. Il primo congresso del Movimento sociale italiano (Msi) fu celebrato a Napoli dal 27 al 29 giugno 1948. Il segretario nazionale Giorgio Almirante (che fu segretario di redazione della rivista “La difesa della razza”, diretta da Telesio Interlandi) tenne la relazione introduttiva. Quell’assise passò alla storia anche perché fu coniata la frase: “Non rinnegare, non restaurare”, che è stata il carburante della destra italiana in tutti questi decenni. Qualche storico sostiene che quella frase fu coniata niente meno che da Alberto Moravia e non – secondo la vulgata del tempo – da Augusto De Marsanich, che avrebbe fatto la sintesi dialettica tra le due anime del Movimento: la sinistra sociale (cui lo stesso Almirante apparteneva) e la destra politica. Cosa accadrà adesso? Probabilmente si aprirà un serrato dibattito tra i nostalgici, che in parte sono già andati via, e i non nostalgici che sembra siano di passaggio. Alla fine si dovrebbe trovare il saldo tra le perdite e i guadagni.
Dunque, verrebbe da dire: «i nodi vengono sempre al pettine».