fbpx
martedì, Novembre 5, 2024
spot_imgspot_img
HomeApprofondimentiIl Ricordo di Totò Delfino: la storia mai raccontata tra ironia e...

Il Ricordo di Totò Delfino: la storia mai raccontata tra ironia e superstizione

Il ricordo di Totò Delfino in occasione dei 90 anni. La storia della sua persona raccontata come figura paterna, oltre che famoso giornalista, descritta attraverso le parole della figlia di Totò, Annamaria Delfino. “Una storia mai raccontata tra ironia e superstizione.”

Annamaria Delfino

Stranamente, forse era il destino, io non ti ho mai pensato vecchio, non ti ho mai immaginato, forse perché era già scritto che non avresti compiuto su questa terra ne’ gli ottant’anni e ne i novanta che oggi invece festeggi in cielo. I figli non pensano i padri vecchi, ne rifiutano l’idea, per questo te ne sei andato via troppo giovane per non farti vedere come spesso dicevi scherzando ridotto come “u pappua“. Resta di te, ora che il ricordo della sofferenza è piu docile e meno crudele , la grande intelligenza, l’ironia lo scherzo anche nei peggiori momenti, la tua superstizione colorata e unica. Ed è cosi che voglio ricordarti in occasione dei tuoi 90 anni, non per quello che eri per la tua immensa cultura o per quello che hai scritto e lasciato, ma per quel Toto’ privato che ci è stato donato come papa’, che la morte ci ha tolto come corpo ma non come anima, chiassosa e calda sempre presente. La morte tu l’hai sempre trattata con rispetto, perché in fondo l’hai sempre temuta. Se la tua intelligenza era tanta, lo era anche la tua superstizione, mischiata alla tua fede fervida e forte, uno strano connubio tra il “tuo” Sant’Antonio e tutte le scaramanzie e stranezze che la tua mente sempre in tumulto produceva. 

Sulla scrivania e nello studio a pari merito la statuetta del tuo Santo, la Madonna di Polsi, accanto al riccio di peluche portafortuna, al corno e la macchina da scrivere e ciò che ti serviva nel tuo lavoro sempre nella stessa posizione, quella propizia allo scorrere favorevole della giornata. In casa nostra non abbiamo mai potuto nominare il posto eterno che ora è la tua casa, cappella fatta senza dirlo mai a te esplicitamente, per questo il povero malcapitato mastro Rosario che venne a casa per dire che era terminata, al suo “……vedete preside che li sopra è tutto finito“, ricevette un grandissimo e coloratissimo biglietto di andata e ritorno per quel paese. Per poi inveire tu con nonna Anna, che era tua suocera e che tu adoravi, che aveva organizzato tutto a tua insaputa. Eri cosi e così tanto superstizioso che quando il tuo amico, per altro prete Don Pino, cercava di parlarti di influssi del maligno che anche la Bibbia lo dice che non é la iettatura ma il male che ci allontana dalla razionalità, tu rispondevi che era la stessa cosa e lui esausto alla fine cedeva ridendo, tra la tua esultanza nel dire “vedi Pino credi anche tu che sei prete“. 

E quando sempre Don Pino ti telefonò per dirti che tornando a San Luca dopo essere stato con te tutto il giorno, era uscito di strada inspiegabilmente e tu citasti tutti i soggetti portatori dell’influsso maligno che avevate incontrato e vi avevano visto, che lo avevi detto che sarebbe successo qualcosa e che lui, prete, doveva farsi persuaso che era cosi e che neanche lui ne era indenne. La tua superstizione a volte ci faceva ridere, ti prendevamo in giro ti incavolavi per la nostra incredulità chiamandoci ignoranti sfoderando e la frase ad effetto che tiravi dal cilindro era: “puru u Signuri cridia“. Tra i tanti episodi della tua folle ed ironica superstizione, vi è uno nel quale fosti vittima della tua proverbiale golosità. Come avviene nel variopinto popolo meridionale tra riti e usi alla Camilleri, in questo caso delle visite post funerale, sul tavolo del soggiorno avevamo un pacchetto di dolci, che dovevamo portare per una visita di lutto, tu ignaro della destinazione, rotta la confezione ne degustavi felice il contenuto, andando avanti e in dietro dallo studio mentre lavoravi. Nell’apprendere che la tua merenda era invece l’omaggio alla famiglia di un defunto, cominciasti a dire che speravi di non stare male, che la colpa era nostra che dovevamo dirtelo di non toccarli e noi, che ti tenevamo in ostaggio nelle debolezze, ti chiedevamo di continuo come ti sentissi, se stavi male, se avevi qualche fastidio, che il morto si sentiva sicuramente offeso per quel tuo oltraggio. Ci stavi allo scherzo e ci assecondavi, ma in fondo in fondo ci credevi eccome. Eri ironico, mai volgare, mai fuori tema anche nelle tue stranezze che facevano parte di te. Cercavi di motivare la tua superstizione, con episodi inspiegabili alla ragione e alla razionalità, ci terrorizzavi con quella storia del “ fojettu” che avevate in casa a Platì. 

Una specie di folletto dispettoso che nascondeva le cose, che si faceva intravedere ma mai chiaramente, che nascondeva il cappello di nonno e mangiava la pignolata a Natale. E poi, quando ti vendicavi di noi arrivava il momento di farci scontare tutte le pene che ti infliggevamo, ci raccontavi che ad una certa ora non dovevamo guardare dal balcone di nonna, perché all’imbrunire a Platì, uscivano dal cancello i defunti per quella che tu chiamavi “a processioni di morti “, arrivavano alla curva per poi rientrare. Nonna ti diceva che non era vero di non spaventarci e tu la smentivi dicendo che avevi riconosciuto lo zio Rosario che era zoppo e camminava dietro tutti. Eri il nostro amico, il nostro giullare, pronto sempre a sdrammatizzare, se ti chiedevamo di dirci, questo prima della malattia, se ti fosse successo qualcosa dove volevi essere seppellito, rispondevi che volevi il tuo cimitero di Platì ma che a pensarci bene era troppo umido e avresti patito con i fastidi all’orecchio. Adesso che sono passati gli anni mi fa male di meno pensare a tutta quella sofferenza che tutti insieme abbiamo affrontato, cercando di farti credere che era un malessere transitorio e saresti guarito, tu ci ha preso in giro anche in quell’ultimo tratto di vita, lo avevi confidato come sempre al tuo amico prete che eri lacerato per il dopo, per quello che sarebbe stato del nostro dolore. Per questo il mio augurio per i tuoi 90 anni è questo, il mio ricordo a quell’uomo di cultura che tutti hanno conosciuto ma che nessuno in fondo sapeva essere cosi scherzoso e superstizioso, quel lato privato e umano quelle debolezze, al pari di tanti uomini del tuo livello intellettuale. A proposito, oggi sono venuta a trovarti e nel fare manovra nel piazzale del cimitero, ho visto qualcuno non proprio a tuo dire di infllusso benefico e sai che ti dico? Ho cambiato strada in fondo in fondo sono sempre figlia tua, meglio fare attenzione e come dicevi tu non ho fatto peccato perché, “puru u Signuri cridia”.

- Spazio disponibile -
- Spazio disponibile -
- Spazio disponibile -
ARTICOLI CORRELATI

Le PIU' LETTE