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venerdì, Novembre 22, 2024
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Calabria: dipendenti pagati 4 euro, arresti e sequestro per 27 milioni

Un imprenditore titolare di cinque supermercati a Montepaone, Soverato e Chiaravalle Centrale, insieme ad altre due persone, è stato arrestato dai finanzieri del Comando provinciale di Catanzaro che hanno anche sequestrato 6 attività commerciali con un patrimonio aziendale per un valore di oltre 27 milioni di euro.

L’accusa è di pagare i propri dipendenti 4 euro all’ora a fronte di una prestazione di oltre 50 ore alla settimana. Egli, infatti, sottraeva una parte della paga, limitava il godimento delle ferie ed in caso di infortunio sul lavoro lo faceva passare come infortunio domestico.

I finanzieri hanno anche arrestato e posto ai domiciliari un consulente del lavoro e una responsabile amministrativa dell’azienda mentre per due responsabili dei punti vendita è stata disposta la misura dell’obbligo di dimora nel comune di residenza. I cinque sono indagati per associazione per delinquere finalizzata allo sfruttamento del lavoro, alle estorsioni e ai reati di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico. Le società di capitali che gestivano le attività commerciali sono state affidate ad amministratori giudiziari nominati con lo stesso provvedimento.

I provvedimenti cautelari scaturiscono dall’attività svolta dal Gruppo investigazione criminalità organizzata del Nucleo di Polizia economico-finanziaria di Catanzaro che si è articolata in attività di intercettazione e di perquisizioni. Dalle indagini sarebbe emerso che i cinque indagati, sotto le direttive del titolare delle imprese, ed approfittando della condizione di necessità e vulnerabilità derivante da precarietà economica, avevano imposto condizioni di lavoro degradanti e pericolose sul luogo di lavoro ad oltre 60 dipendenti, violando sistematicamente la normativa sull’orario di lavoro e corrispondendo una retribuzione palesemente inadeguata o comunque insufficiente rispetto alla quantità e qualità del lavoro svolto (4,00 euro all’ora, a fronte di una prestazione di attività lavorativa di oltre 50 ore a settimana) o sottraendo parte della retribuzione (con restituzione in contanti). Inoltre ai dipendenti sarebbe stato limitato il godimento dei giorni di riposo settimanale e delle ferie annuali, garantiti dalla legge, con sole due settimane di ferie all’anno, costretti ad operare in ambienti che non rispettavano le norme di sicurezza.
I cinque, secondo l’accusa, inoltre, non avrebbero dichiarando gli infortuni sul lavoro come tali, ma indicandoli come incidente domestico, impedendo così di ottenere le necessarie tutele previdenziali e risarcitorie previste dalla legge.
Secondo gli investigatori, il consulente del lavoro e la responsabile amministrativa avevano il compito, rispettivamente, di redigere contratti di lavoro apparentemente part-time e false buste paga non riportanti le reali ore lavorate e di occuparsi della gestione contabile delle attività, collaborando nella redazione dei contratti di lavoro; i responsabili dei punti vendita erano delegati al controllo dei dipendenti, cui chiedevano l’effettuazione di turni massacranti negando la possibilità di usufruire di parte delle ferie cui avevano diritto. Inoltre, in occasione della verificazione di infortuni sul lavoro, accompagnavano i lavoratori in ospedale per costringerli a rendere dichiarazioni false in merito alla dinamica dell’incidente.

 

 

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