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Gli effetti collaterali del ponte sullo Stretto

La storia della Calabria e della Sicilia verrebbe trasformata e in parte distrutta se il ponte sullo Stretto fosse edificato. Dall’epoca dei greci e dei romani, passando per le costruzioni militari edificate per la difesa durante la guerra e ai Borghi costruiti nel ‘900, tutto il patrimonio artistico e culturale verrebbe distrutto per edificare le fondamenta del ponte.

di Bruno Gemelli

Piale è una frazione del Comune di Villa San Giovanni. Il borgo è una vera terrazza sul mare, che guarda l’incantevole vista sullo Stretto e sulla Sicilia fino a Capo Peloro con il lago di Ganzirri. In epoca romana il luogo veniva chiamato “Pialis”. L’abitato si allunga verso sud su due costoni del torrente Campanella, sulle colline che sovrastano Cannitello, di fronte a Campo Calabro ed ai piani di Matiniti, confinando nella parte alta con l’autostrada. Nel 1810 Gioacchino Murat, Re di Napoli e cognato di Napoleone Bonaparte, per quattro mesi governò il Regno dalle alture di Piale. Lo stesso Murat nel 1991 avrebbe trovato la morte presso Piale, sulla strada provinciale che collega Villa San Giovanni con Campo Calabro, lo stesso posto dove il giudice Antonino Scopelliti subì l’agguato mortale il 9 agosto del 1991.

A Piale si trova la cosiddetta “Batteria Beleno”, una fortificazione militare dotata, a suo tempo, di un telegrafo di tipo “Chappe”, ovvero un sistema ottico con il quale mediante “stazioni” poste lungo una linea e opportunamente distanziate, il messaggio veniva trasmesso da una alla successiva, che lo decifrava e lo ritrasmetteva fino a giungere al termine di questa linea predeterminata. La particolarità di questo fortino come evidente anche in altre strutture superstiti appartenenti a questa tipologia rintracciabili sul territorio calabrese, è sicuramente la posizione strategica di vedetta rispetto alla costa, mantenendo occultata e non facilmente visibile la propria organizzazione strutturale interna, di modo da rendere ancor più marcato il proprio carattere difensivo. La torre telegrafica si trova  a 113 s.l.m., e faceva parte delle 24 “Fortificazioni Umbertine” (16 in territorio messinese e 8 in quello reggino) progettate per conto dello Stato Maggiore del Regio Esercito Italiano, volute dal Re Umberto I  per proteggere lo Stretto da eventuali incursioni nemiche.

Il “Forte Beleno” fu edificato presumibilmente nel 1888, per far posto al quale vennero abbattuti la “Torre del Piraino” (eretta nel 1550 per l’avvistamento e la difesa costiera) e l’annesso fortino murattiano. Vi si accedeva tramite ponti levatoi sovrastanti il fossato perimetrale e possedeva al suo interno otto postazioni per obici. Fu distrutto durante la seconda guerra mondiale. Oggi si torna a parlare di Piale e di Forte Beleno perché, se si dovesse costruire il Ponte sullo Stretto, tale manufatto di archeologia militare sarebbe spazzato via. Da qui la discussione in corso, con relativa preoccupazione per il dopo. A Piale esiste anche una RSA che rischia la chiusura se dovessero fare il Ponte. Più in generale le fortificazioni di Reggio Calabria sono un insieme di strutture architettoniche – rocche, castelli, torri e bastioni – di epoca diversa che costituiscono quello che fu sistema di difesa della città e del suo territorio storico che, in tempi diversi ebbe necessità a causa della propria configurazione geografica, di dotarsi di particolari strategie di tutela del proprio territorio. Una parte della storia cittadina, la più antica della regione, è scritta quindi nel suo sistema di fortificazioni. Tra le principali fortificazioni che sorgevano all’interno della Città il Castello Aragonese di Reggio Calabria, la Cittadella (o Castelnuovo) a mare nei pressi della foce del Calopinace, la Batteria San Francesco e la Batteria San Filippo.

Intorno alla città sorgevano quindi le cosiddette “quattro motte” principali tra quelle che vennero edificate sulle colline sopra la città quali Motta Rossa, Motta Anòmeri, Motta San Cirillo e Motta Sant’Aniceto, ed altri avamposti quali il Forte Catona (nel quartiere Catona, citato da Dante Alighieri nella Divina Commedia), la Torre Castiglia (tra i quartieri di Pellaro e Boccale II), la Torre San Gregorio (nel quartiere di San Gregorio).

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