Ripercorriamo, insieme, gli avvenimenti e i personaggi più importanti che hanno segnato la data dell’8 Ottobre.
Accadde che:
1967 (57 anni fa): ai piedi delle Ande boliviane, il capitano Gary Prado, che guidava la compagnia B del reggimento Manchego, arresta Che Guevara. Dopo una feroce battaglia con l’esercito boliviano venne catturato dopo essere stato ferito. Fu tenuto prigioniero fino alla mattina dopo, ucciso da diversi colpi di pistola dal soldato Mario Teràn, scelto a caso fra la truppa per fare da giustiziere. La sua ultima notte nella baracca di Higueras fu terribile: il corpo sanguinante da molte ferite, non un sedativo, non un’iniezione che potesse calmargli il dolore, ma solo una coperta e sotto la coperta la nuda terra. Dopo l’esecuzione, il Che fu fotografato ancora con gli occhi aperti: una foto che fece il giro del mondo e che entrò nella leggenda. La figura di Che Guevara, anche a causa della sua tragica morte, è diventata una parte importante dell’immaginario di rivolta e rivoluzione in Sud America e in tutto il mondo.
2001 (23 anni fa): un Cessna Citation CJ2 privato entra, erroneamente, nella pista di decollo principale dell’aeroporto di Milano Linate provocando il disastro aereo, con il più alto numero di vittime mai accaduto in Italia. Il bilancio finale fu di 118 vittime. L’impatto, infatti, uccise tutti gli occupanti di entrambi i mezzi più quattro addetti allo smistamento bagagli, mentre si salvò solo un quinto addetto, seppur rimasto gravemente ustionato su gran parte del corpo. Il McDonnell Douglas MD-87 della Scandinavian Airlines era in fase di decollo, quando si ritrovò sulla pista il Cessna Citation CJ2 privato. Non riuscendo a schivarlo lo investì. Lo scontro danneggiò anche l’MD-87 che non riuscì a completare il decollo e si schiantò contro un edificio adibito allo smistamento dei bagagli. L’incidente fu causato da mancanze strutturali dell’aeroporto di Linate, come segnaletica vecchia e non a norma, radar di terra non operativo e sensori di rilevamento di incursione di pista disattivati. A questo si aggiunsero una serie di errori umani da parte dei piloti del Cessna e dei controllori del traffico aereo, nonché condizioni di scarsa visibilità. Anche i soccorsi arrivarono in ritardo proprio a causa della nebbia, impiegando 8 minuti a raggiungere l’MD87 e 26 minuti a rinvenire i resti del Cessna, contro i 2 minuti previsti dagli standard internazionali riguardanti gli incidenti aerei. Il ritardo dei soccorsi non ha, comunque, inciso sul numero delle vittime. Le relazioni tecniche non riportano possibilità di salvezza anche in caso di un intervento immediato. In seguito del disastro iniziò un lungo processo e l’intero aeroporto di Linate fu fatto, successivamente, oggetto di una vasta opera di ristrutturazione e adeguamento.
Scomparso oggi:
1925 (99 anni fa): muore, ad Alta Savoia (Francia), Vincenzo Peruggia decoratore. Nato, a Dumenza (Varese), l’8 ottobre 1881, è diventato famoso per aver trafugato la Gioconda, di Leonardo Da Vinci, dal Museo del Louvre. Nel 1907, emigrò in cerca di lavoro a Parigi. Assunto dalla ditta del signor Gobier, venne mandato con altri operai al Museo del Louvre con il compito di pulire quadri e ricoprirli con cristalli e, qui, compì il suo furto, che avvenne verso le sette del mattino di lunedì, 21 agosto 1911, giorno di chiusura del Louvre. Peruggia entrò nel museo attraversò la porta Jean Goujon usata di frequente dagli operai e si diresse al Salon Carré, senza che alcuna persona si accorgesse della sua presenza. Dopo aver staccato il quadro dalla parete si diresse verso la scaletta della sala dei Sept Mètres liberandosi della cornice e del vetro. Giunto in un cortile interno, poco frequentato, si servì della giacca che indossava per avvolgere il quadro. Uscito dal museo senza essere fermato, salì sul primo autobus, ma si accorse di aver sbagliato direzione e così scese e si fece riportare a casa da una vettura, precisamente in rue de l’Hopital Saint-Louis, dove nascose la Gioconda. Dovendo tornare al lavoro per giustificare il ritardo disse di essersi ubriacato il giorno precedente e di soffrirne ancora le conseguenze. Poiché la stanza nella quale viveva era molto umida, temendo che l’opera potesse danneggiarsi, Peruggia la affidò al compatriota Vincenzo Lancellotti, che abitava nello stesso stabile. Trascorso un mese, dopo aver realizzato una cassa in legno nella quale custodire il dipinto, lo riprese e lo tenne con sé. Nell’autunno del 1913, il collezionista d’arte fiorentino Alfredo Geri decise di organizzare una mostra nella sua galleria chiedendo ai privati, tramite un annuncio sui giornali, di prestargli alcune opere. Egli ricevette da Parigi una lettera nella quale veniva proposta la vendita della Gioconda a patto che il capolavoro tornasse in Italia e fosse lì custodito. La lettera inviata da Vincenzo Peruggia era firmata dal fittizio Monsieur Léonard V. Consigliatosi con Giovanni Poggi, direttore della Regia Galleria di Firenze, Geri fissò un incontro con Monsieur Léonard l’11 dicembre 1913 in un albergo di Firenze. Si presentò con il direttore della galleria che dopo aver visto il quadro lo prese in custodia per esaminarlo. Peruggia fu arrestato il giorno seguente dai carabinieri, i quali lo prelevarono direttamente dalla sua stanza d’albergo. Egli affermò sempre di aver compiuto il furto per patriottismo, in quanto la visione su un opuscolo del Louvre di quadri italiani portati in Francia da Napoleone Bonaparte provocò in lui un senso di vendetta.